Il 4 Luglio 2019, le forze militari e civili Sudanesi hanno finalmente annunciato il raggiungimento di un accordo dopo settimane di impasse politica e guerra civile. Il nuovo accordo porterebbe ad una soluzione congiunta che permetterà la costituzione di un governo di transizione che guiderà il paese durante un periodo di transizione lungo tre anni.

Nelle ultime settimane, la situazione in Sudan era rapidamente precipitata in una spirale di violenza. Dopo oltre un anno di sit-in e proteste pacifiche, lo scorso Aprile i manifestanti Sudanesi appoggiati dall’esercito avevano deposto il dittatore Omar al-Bashir, rimasto al potere per oltre 30 anni. Tuttavia, a Maggio l’iniziale accordo negoziale tra le parti civili e la giunta militare è stato stracciato da quest’ultima, interessata a prendere il potere con la forza sull’intera nazione.

La popolazione civile ha risposto con uno sciopero generale che ha raggiunto un’adesione di quasi il 100% in alcune aree del paese, al quale è però seguita un’ondata di violenza e repressione da parte della giunta, capeggiata dal feroce Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemeti”. Quest’ultimo, al comando delle Rapid Support Forces (Rsf), un’unita di brutali forze speciali erede dei temuti Janjaweed, si è reso responsabile di stupri, pestaggi, e prelevamenti forzati che hanno visto il loro apice il 3 Giugno, durante il Massacro di Karthoum.

Dopo oltre un mese di ostilità, più di un centinaio di morti e l’interruzione dei servizi internet, finalmente le due parti sono riuscite a sedersi ad un tavolo negoziale e a raggiungere un accordo.

Le condizioni dell’accordo

Il nuovo accordo è stato raggiunto fra il Consiglio Militare di Transizione (Tmc), un consiglio di sette generali guidati dal Generale Abdel Fattah Abdelrahman Burhan e la Sudanese Professionals Association (Spa), l’associazione di professionisti che rappresenta le parti civili del movimento di liberazione del Sudan. La soluzione prevede la formazione di un nuovo consiglio che includerà cinque rappresentanti del movimento di protesta, cinque rappresentanti militari, ed un undicesimo seggio che verrà assegnato ad un civile scelto da ambo le parti. I leader della protesta hanno dovuto però concedere su un aspetto molto importante: il paese verrà infatti guidato da un generale per i primi 21 mesi di governo, al quale succederà poi una figura civile per i successivi 18 mesi.

Il potere verrà in ogni caso condiviso fino al momento delle elezioni, che si terranno al termine di un periodo di interim di circa tre anni. Si tratta pertanto di una revisione dell’accordo originale raggiunto il 15 Maggio, che già prevedeva una fase di transizione così lunga. Il movimento di protesta ha infatti sempre temuto che un periodo più breve non avrebbe permesso l’eradicazione delle tante figure di potere fedeli al vecchio regime. L’intero apparato amministrativo e governativo sarebbe infatti ancora gestito da numerose personalità politiche la cui trasparenza è stata messa in discussione, e che potrebbero inficiare la validità di eventuali elezioni democratiche. La difficile intesa è stata raggiunta grazie all’intervento diplomatico dell’Etiopia e dell’Unione Africana, che hanno riportato i rappresentanti dei militari e del movimento di protesta al tavolo di negoziazione.

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