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Puntare dritto sui rimpatri ed evitare politiche in grado di attrarre i migranti verso l’Europa. Sono questi i due dati politici più interessanti emersi dalla lettera inviata dai capi di governo di Danimarca, Lituania, Grecia, Lettonia, Slovacchia, Malta, Estonia e Austria ai vertici Ue. Il tutto in vista del Consiglio europeo del prossimo 9 febbraio.

Con questa iniziativa, si è di fatto creato un fronte eterogeneo inedito tra governi spesso distanti tra loro. Segno di come l’emergenza immigrazione non venga avvertita come tale soltanto in Italia o nei Paesi più esposti ai transiti irregolari. L’obiettivo sembra essere quello di premere sull’acceleratore in Europa per giungere a un ridimensionamento della pressione portata dai flussi migratori.



Un fronte inedito per una comune preoccupazione

Quando si parla di Paesi che chiedono maggiori interventi sul fronte migratorio, spesso si fa riferimento a governi che condividono obiettivi e confini. È il caso ad esempio del cosiddetto Fronte di Visegrád, con il quale Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca da anni portano avanti iniziative comuni sull’immigrazione e non solo. In alcune occasioni si è formato anche un fronte sud, con Italia, Grecia, Malta e Spagna più volte sedute attorno uno stesso tavolo per chiedere (spesso senza ottenere risposta) all’Europa una maggiore attenzione per i flussi nel Mediterraneo.

In questo caso, invece, la lettera è stata firmata da governi che non condividono né confini e né precise posizioni politiche. L’Austria, ad esempio, ha sempre tenuto una posizione contraria al ricollocamento dei migranti mentre, al contrario, la Grecia ne ha spesso auspicato l’attuazione. Vienna inoltre ha storicamente puntato il dito contro i movimenti secondari, ossia gli spostamenti dei migranti dai Paesi di primo approdo ad altri Paesi europei. Una posizione accompagnata da accuse, a volte implicite e a volte esplicite, contro i governi del sud Europa considerati incapaci di trattenere i migranti che sbarcano. Non è un caso che nei momenti di maggiore emergenza migratoria, Vienna non c’ha pensato due volte nel blindare la frontiera del Brennero.

Tra i firmatari c’è poi un governo del blocco Visegrád come la Slovacchia, i cui governi hanno spesso sbarrato la strada alle politiche di redistribuzione auspicate dai Paesi affacciati sul Mediterraneo. Da rimarcare anche la presenza di Malta, spesso trasversalmente accusata di far poco per impedire gli sbarchi.

Ma adesso il clima in Europa sull’immigrazione è cambiato. Il Consiglio europeo si appresta a varare un documento finale con cui si chiedono maggiori misure per aumentare i rimpatri e iniziative anche sulle Ong. Il numero uno del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, non ha fatto mistero di auspicare maggiori controlli alle frontiere e ha più volte solidarizzato con l’Italia.

In un clima del genere, quindi, c’è spazio per iniziative trasversali dove l’unico comune denominatore è dato dalla volontà di veder ridimensionati i numeri degli approdi irregolari in Europa. In tal senso, il dito è stato puntato da tutti i governi firmatari contro l’attuale sistema di asilo. Un elemento visto come catalizzatore di nuovi ingressi e di nuovi sbarchi, soprattutto per il tasso molto basso di rimpatri.

Se i migranti sanno, è il ragionamento fatto dai Paesi in questione, che comunque vada la probabilità di rimanere in Europa anche da irregolari è molto alta, allora i flussi migratori sono destinati sempre ad aumentare. Da qui l’ammissione del fallimento dell’attuale sistema e la richiesta, contenuta anche nella bozza del documento finale del consiglio europeo, di prendere tutte le iniziative per aumentare i rimpatri.

I mancati riferimenti al trattato di Dublino

Il nuovo fronte trasversale sembra voler fare sul serio. Lo si intuisce anche da alcuni dettagli emersi nella lettera diffusa in queste ore. Così come fatto notare da Politico.eu, non è stato inserito alcun riferimento al trattato di Dublino. Al trattato cioè che è alla base del sistema del diritto d’asilo in Europa e che prevede, tra le altre cose, il dovere di accoglienza per i Paesi di primo approdo e il divieto dei movimenti secondari dei migranti.

Potrebbe sembrare a prima vista un paradosso: in una lettera dove si attacca il sistema d’asilo europeo, non una sola parola viene dedicata al documento firmato nella capitale irlandese all’inizio degli anni ’90. Ma un paradosso forse non lo è. Appare chiaro infatti il tentativo dei Paesi firmatari della lettera di giungere a un compromesso.

Dublino, visto come garanzia dall’Austria e dalla Danimarca (governi che ne hanno sempre chiesto una rigorosa applicazione) e come documento da rinnovare per i Paesi della sponda mediterranea, ha sempre diviso. Anche perché ci sono Paesi, come ad esempio la Danimarca. Non citarlo, ha voluto significare giungere a una raccolta più ampia di firme.

Non solo, ma il mancato riferimento al trattato spinge a concentrarsi su quello che, come detto, è l’unico vero obiettivo del nuovo fronte trasversale: eliminare i fattori di attrazione per i migranti. Non importa quindi, è il senso della lettera, capire chi e come si farà carico dei migranti. La priorità è data dal far aumentare i rimpatri e ridimensionare il numero di ingressi.


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