Il pericolo numero uno per l’Occidente? È la Cina. Lo ha dichiarato Steve Bannon, l’ex chief strategist del Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump durante il dibattito, moderato da Lucia Annunziata, con l’ex Ministro del governo Renzi Carlo Calenda.

Teatro del match, riporta l’Agi, la sede romana di Comin&partners, società di comunicazione che occupa lo stesso stabile di Piazza Santi Apostoli che per anni ospitò i vertici del centrosinistra: un dibattito che ha messo al centro il “nobile esperimento” del governo “giallo-verde”, l’Unione Europea e, soprattutto, le aspirazioni dei “sovranisti” e il ruolo internazionale dell’Italia – a pochi giorni dalla firma del memorandum d’intesa con il presidente cinese Xi Jinping.

Steve Bannon avverte: “Attenti alla Cina”

Come riporta La Stampa, il bersaglio numero uno di Bannon è la Cina di Xi Jinping, poi il “Partito di Davos” e l’Ue “che minaccia gli Stati-nazione”. Per l’ex stratega di Trump, Xi è un “dittatore totalitario” che porta avanti una “strategia predatoria” nei confronti del resto del mondo, a cominciare da Usa e Europa.

Per l’ex banchiere di Goldman Sachs “Huawei è il cavallo di Troia della Cina nella fortezza europea, il braccio dell’Armata di liberazione popolare cinese” mentre “il 5g non è la progressione lineare del 4G, il 5G è il 4G alla decima potenza. È la base della computazione dei ‘quanti’ e di qualsivoglia sviluppo tecnologico futuro”. Secondo Bannon, infatti la Via della Seta fa parte degli strumenti che consegnano a Pechino “il dominio del mondo”. Per questo, avverte, “fa bene Salvini a mostrarsi prudente sul memorandum con la Cina”.

L’ordine mondiale secondo Steve Bannon

La visione geopolitica di Steve Bannon, personaggio chiave della campagna elettorale   di Trump e co-fondatore di Breitbart News , si basa su un’interpretazione de Lo scontro delle civiltà redatto nel 1996 dallo studioso americano Samuel P. Huntington nel quale gli Stati nazionali rimangono “gli attori principali nel contesto mondiale”, ma “i conflitti più importanti” hanno luogo “tra nazioni e gruppi di diverse civiltà”.

Il politologo sosteneva che, lungi dal dissolversi in un ordine mondiale liberale globale, le linee di frattura culturale sarebbero diventate una caratteristica distintiva del mondo post-Guerra Fredda. Oltre a quella, molto criticata fra gli studiosi, fra l’Occidente e l’Islam, Huntington, osservò anche quella fra l’Occidente a guida americana e la Cina.

Lo scontro delle civiltà secondo Steve Bannon

A differenza di una politica improntata sul realismo, nella quale, come rileva Paul R.Pillar, non si dividono i Paesi in “buoni e cattivi” a seconda delle caratteristiche culturali o storiche, il modo migliore, secondo Bannon, di tutelare la civiltà “giudaico-cristiana” è quello di sposare la visione israeliana del Medio Oriente e fronteggiare Paesi come la Turchia, l’Iran e l’emergere della Cina.

In un’intervista rilasciata nel 2017 a Gq, Steve Bannon disse che questi tre Paesi formano una nuova asse nemico della civiltà occidentale: “Quello che vediamo oggi è che la Cina, la Persia e la Turchia – tre antiche civiltà – si uniscono per formare un nuovo asse: si confrontano con l’Occidente cristiano e anche con una parte importante dell’Islam legata all’Occidente”.

Per lo studioso Stephen Walt, “il problema con questo modo di pensare, come ho scritto quando è apparso The Clash of Civilizations, è che si basa su un fraintendimento fondamentale della politica mondiale”. Le civiltà, infatti, “non sono entità politiche. Nel bene e nel male, gli stati guidano ancora gran parte della politica mondiale”. Quando Bannon parla dunque di Cina fa sicuramente appello agli interessi nazionali di Washington, secondo la sua visione dell’ordine mondiale: non è detto che siano anche gli interessi dell’Italia, nel caso dei rapporti con Pechino.