La Russia dovrà infine scendere a un compromesso con gli Stati Uniti per la stabilità del Medio Oriente. La netta vittoria sul campo ottenuta dall’asse Mosca-Damasco-Teheran ai danni dell’estremismo sunnita dovrà comunque fare i conti con la presenza americana nella regione. In quest’ottica il petrolio diventa merce di scambio diplomatica, in qualche modo garante di un equilibrio che risulta ancora fragile.

La Russia compra l’oro nero del Kurdistan

Riportava la Reuters la settimana scorsa che la compagnia petrolifera statale russa, Rosneft, stava recitando un ruolo da protagonista nel Kurdistan iracheno. Nonostante l’esito esplosivo del Referendum sull’indipendenza, l’azienda di Stato russa non ha perso tempo per raggiungere un accordo con le autorità regionali curde circa il futuro controllo dell’oleodotto che attraversa la Regione. Rosneft dovrebbe infatti, in breve tempo, arrivare al controllo del 60% del traffico gestito dall’oleodotto, mentre il restante 40% rimarrebbe sotto la gestione del Kar Group, l’azienda petrolifera curda.

L’accordo è in realtà il risultato di un lungo avvicinamento tra la Russia e le autorità curde. Nelle sale governative di Mosca non si è mai infatti nascosto un sentimento di simpatia verso le aspirazioni indipendentiste curde. D’altra parte la Rosneft lavora da più di un anno nella Regione del Kuridstan iracheno. Prima ancora dell’accordo sul controllo dell’oleodotto, il colosso russo ha avuto modo di firmare contratti nella regione per un totale di 1,2 miliardi di dollari, oltre a 400 milioni di dollari investiti per l’esplorazione di cinque nuove piattaforme potenzialmente ricche di oro nero. La Russia adesso invoca un accordo tra Baghdad e il Kurdistan così da tutelare i propri investimenti nella regione.

Gli americani conquistano il più grande pozzo di petrolio siriano

Pare però che il successo petrolifero russo sia arrivato in concomitanza con un equivalente risultato raggiunto dalla parte americana. Il Washington Post dava notizia come il comando militare USA in Siria abbia aiutato l’alleato curdo alla riconquista della piattaforma petrolifera di al-Omar, situata nella provincia di Deir Ezzor. Si tratta invero della più ricca fonte di petrolio di tutto il territorio siriano, con una capacità di produzione di circa 7.500 barili al giorno. Un bel colpo messo a segno dalla coalizione a guida americana che per mezzo dei suoi alleati curdi siriani ha messo così le mani su una delle principali risorse economiche dei jihadisti di Daesh.

Risulta tuttavia particolare la coincidenza temporale tra la conquista del pozzo siriano di al-Omar e l’accordo raggiunto tra Rosneft e l’amministrazione curdo-irachena. Così come sembra particolare l’ormai assestamento dell’aviazione russa e dell’esercito siriano proprio nella regione di Deir Ezzor. Dalla fine di settembre non si sono più registrate infatti offensive portate avanti dalla coalizione supportata da Mosca. Una strategia particolare che ha permesso dall’altra parte ai curdi siriani di raggiungere proprio la piattaforma petrolifera di al-Omar.

La stabilità del Medio Oriente passa dalla spartizione del petrolio

Sembra dunque un’operazione sottobanco di diplomazia fata tra Mosca e Washington per spartirsi le risorse petrolifere della regione e mantenere un equilibrio di facciata. Una divisione che comunque favorisce la parte russa, considerato che nel Kurdistan iracheno si producono 1,2 milioni di barili al giorno, contro i già citati 7.500 della piattaforma siriana. Più che equo scambio sembra dunque un contentino dato a Washington affinché garantisca il mantenimento di un difficile equilibrio nella regione. 

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