Il Covid-19 sarà ricordato dai posteri come la fonte della più grave emergenza sanitaria globale della prima parte del 21esimo secolo, ma anche come un capitolo particolarmente intenso dello scontro egemonico fra Stati Uniti e Cina. Le pressioni della Casa Bianca su Pechino sono sempre più forti e, sullo sfondo dell’assalto diplomatico, prosegue anche la guerra commerciale.

Nuove limitazioni all’export

Il 27 aprile l’amministrazione Trump ha introdotto criteri più stringenti all’esportazione in Cina di una serie di beni strategici, come semi-conduttori e componentistica per l’aviazione civile, la cui vendita potrebbe indirettamente aiutare l’industria della difesa e le forze armate. Le nuove regole complicano la vendita di questi beni in quanto obbligano le compagnie statunitensi a dotarsi di licenze specifiche per poter finalizzare gli accordi e, in alcuni casi, potrebbe essere impossibile finalizzare l’affare anche se l’acquirente proviene dal mondo civile e non ha, apparentemente, legami con l’Esercito Popolare di Liberazione.

Il pacchetto di restrizioni è stato implementato con l’obiettivo primario di danneggiare le industrie dei semi-conduttori e dell’aviazione civile cinesi, ma nel mirino dell’amministrazione Trump rientrano tutti quei “paesi che hanno storie di beni acquistati da compagnie statunitensi [poi] riconvertiti per applicazioni militari”, stando alle dichiarazioni di Wilbur Ross, segretario del Dipartimento del Commercio.

Di conseguenza, le licenze per l’esportazione di cui si dovranno dotare i produttori statunitensi e le possibili indagini sull’acquirente da parte delle autorità riguarderanno allo stesso modo Cina, Russia e Venezuela, tre paesi verso i quali si dovrà salvare ogni documento relativo alle esportazioni effettuate, al di là del contenuto e del valore.

Infine, lo stesso pacchetto ha disposto l’eliminazione di una serie di esenzioni per gli importatori e i cittadini cinesi e russi, e di altri paesi, che d’ora in poi dovranno dotarsi anch’essi di licenze civili per poter concludere accordi con le controparti statunitensi nei settori dei circuiti integrati, materiale per le telecomunicazioni, radar e computeristica.

Obiettivo: colpire la corsa tecnologica cinese

Ross ha spiegato, attraverso un esempio molto semplice e pratico, che le implicazioni del pacchetto potrebbero essere profonde, determinando un crollo del commercio dei beni in questione, poiché potrebbero essere moltissime, in linea potenziale, le compagnie a ricadere sotto la lente del Dipartimento del Commercio.

“Se una compagnia automobilistica in Cina ripara un veicolo miliare, quella compagnia automobilistica, adesso, potrebbe essere un utilizzatore militare finale, anche se il bene esportato [ndt. utilizzato per la riparazione] riguarda un altro settore. Un utilizzatore finale militare non è soltanto un’organizzazione militare, un utilizzatore finale militare è anche una compagnia civile le cui azioni tendono a supportare l’operazione di un elemento militare”.

Il Dipartimento del Commercio, tenendo in considerazione lo scenario dipinto da Ross, porterà avanti una massiccia campagna di controllo delle transazioni commerciali condotte con le entità cinesi, intervenendo laddove ritenuto necessario.

L’influente senatore repubblicano Ben Sasse, fra i sostenitori del pacchetto ed esponente di primo piano del fronte anti-Cina nel seno del partito, ha contestualizzato le misure nell’ambito dello scontro egemonico in corso: “Questa regola poggia su due verità di base: la guerra moderna riguarda l’alta tecnologia e il cosiddetto settore privato della Cina è fittizio. Xi ha cancellato ogni spiraglio di luce fra gli imprenditori della Cina e l’esercito del partito comunista. Non abbiamo vinto la guerra fredda vendendo missili da crociera ai sovietici, e non sconfiggeremo la Cina vendendo semi-conduttori all’esercito popolare di liberazione. Queste norme erano attese da tempo”.

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