Aleksandr Lukashenko ha operato, in queste settimane, da fiancheggiatore esplicito dell’operazione lanciata dalla Russia in Ucraina. Il leader bielorusso, segnato dalle proteste del 2020 e dalla guerra ibrida mossa alla Polonia e all’Europa nel 2021 usando l’arma dei migranti, ha visto nel tempo la sua posizione appiattirsi sempre di più su quella di Vladimir Putin e la sua, per quanto limitata, mobilità nel quadro della sfera d’influenza di Mosca pressochè azzerata.

Negli anni, sottolinea Domani, “Lukashenko si è ritrovato in un profondo isolamento internazionale. È sopravvissuto soltanto grazie al sostegno della Russia, ma inizialmente ha posticipato i negoziati con il presidente Vladimir Putin circa il prezzo di questa assistenza”. Sembrano lontani i giorni in cui nel 2015 Lukashenko faceva da mediatore per la pace in Ucraina ospitando nella capitale bielorussa Minsk i negoziati che hanno portato ai due accordi russo-ucraini nel quadro della mediazione franco-tedesca, lucrando indirettamente dalle sanzioni contro Mosca trasformando il suo Paese nell’hub per i commerci capaci di aggirare le sanzioni, ottenendo visibilità internazionale.

Pur avendo provato a ospitare due round di colloqui a Gomel e nella simbolica città di Brest la Bielorussia di Lukashenko non ha potuto in questa fase giocare un ruolo altrettanto elastico. Le truppe russe hanno iniziato a concentrarsi a Minsk e dintorni venti giorni prima dell’invasione, l’esercitazione Zapad 2021 nei mesi scorsi è stata una vera e propria prova generale per l’invasione, per gli Usa 70 dei 480 missili lanciati dalla Russia verso l’Ucraina provenivano dal Paese, la Bielorussia ha dato il via libera all’ipotesi, solo teorica per ora, di schierare armi nucleari russe sul suo territorio, Lukashenko è stato identificato come complice di Putin dall’Occidente.



Per l’Unione Europea, in particolare, la decisione di Lukashenko di sostenere l’operazione militare della Federazione Russa contro l’Ucraina e di non impedire il transito di personale militare russo e armi pesanti sul suo territorio, il passaggio di carri armati e veicoli corazzati sulle sue strade e il volo degli aerei nei suoi cieli hanno reso la Bielorussia una “caserma” di Putin.

La dipendenza tra Lukashenko e Vladimir Putin è ombelicale. Il dittatore di Minsk non può non fornire appoggio logistico e politico al suo patrono, a prescindere dai costi: “La Bielorussia è già soggetta alle sanzioni occidentali per le elezioni truccate del 2020 dal regime di Lukashenko e per le successive violazioni sui diritti umani”, e l’esclusione delle banche bielorusse da Swift e il calo delle importazioni europee di potassio rendono ancora più acuta la dipendenza di Minsk dalla Russia, in una fase in cui anche per quest’ultima l’economia è un tallone d’Achille. Ma per Putin, parimenti, controllare la Bielorussia significa mostrare capacità di proiezione regionale. Minsk è assieme all’Ucraina una delle due linee rosse di Putin. E in questa fase, dopo anni di relazioni difficili e grande opportunismo mostrato da Lukashenko, è lo Zar del Cremlino che può veder tornare all’ovile quello che un tempo era un alleato riluttante.

Bat’ka” Lukashenko, a partire dalla sua ascesa al potere nel 1995 “ha, sotto molti aspetti, precorso il putinismo, mettendo all’angolo il nazionalismo bielorusso”, ha scritto Fulvio Scaglione. Il regime ha, a lungo, mantenuto indubbi livelli di consenso: “nella sonnecchiosa pace della provincia, una generazione di bielorussi assaporava i frutti autunnali dello stato sociale sovietico sotto un autoritarismo tollerabile per un popolo il cui primo pensiero era apparecchiare la tavola ogni giorno”. Tutto questo mentre Lukashenko difendeva gelosamente, nonostante i roboanti proclami di amicizia, l’indipendenza di Minsk dalle profferte di riunificazione alla Russia che più volte giungevano da Mosca.


Sostieni il reportage di Fausto Biloslavo in Ucraina con una donazione con Paypal o carta di credito, oppure con un bonifico:
ASSOCIAZIONE PER LA PROMOZIONE DEL GIORNALISMO
BANCO POPOLARE DI LODI
Filiale di Milano, piazza Mercanti 5
IBAN: IT43L0503401633000000004244
CAUSALE: Reportage Ucraina
SOSTIENI IL REPORTAGE


Il trauma per la Bielorussia sono state le proteste del 2020 che hanno mostrato le grandi crepe nel consenso interno legate alla pandemia, all’aumento delle incertezze economiche, al peso dell’eccessiva dipendenza da un contesto internazionale in cui Minsk provava a essere pivot tra Europa orientale e Russia, ma maltollerava le ingerenze sanzionatorie dell’Occidente. Svetlana Tikhanovskaya, la ex candidata d’opposizione alle presidenziali del 9 agosto 2020, ha promosso una dura opposizione di piazza che Lukashenko ha potuto placare solo gettandosi completamente nelle braccia di Putin: la Russia ha puntellato con 1,5 miliardi di dollari in prestiti l’economia bielorussa e si è messa nelle condizioni di trasformare Minsk in un vero e proprio protettorato. Lukashenko ha barattato la sua lunga parabola di leader tutto sommato dinamico con la sicurezza della permanenza al potere spalleggiato da Mosca.



Scaglione cita molti dei favori espliciti compiuti dalla Russia verso Bat’ka: “il gas a prezzo di saldo, i prestiti a fondo quasi perduto, il petrolio mandato alla raffineria di Lukashenko al solito prezzo ridotto e da lui rivenduto a prezzo pieno sul mercato internazionale. Più il commercio e, negli ultimi tempi, anche un ombrello politico-militare che ha permesso a Lukashenko di conservare la poltrona” in cambio dell’annullamento di ogni agenda autonoma di politica estera se non nell’ottica di una destabilizzazione dell’estero vicino. Dopo aver subito le mosse di Minsk, proxy di  Mosca, con la pressione esercitata in autunno utilizzando i migranti, l’Occidente ora colpisce Lukashenko come complice di Putin, segnando di fatto un solco e non ritenendolo più un partner e un interlocutore credibile. L’autocrate bielorusso da principe tutto sommato autonomo è diventato satrapo del Cremlino, mero esecutore privo di alcuna influenza reale. E di conseguenza subisce tutti i danni che colpiscono oggigiorno Mosca per mezzo delle sanzioni senza poter in alcun modo differenziare la sua posizione da quella di Putin. Del quale, ora come ora, è ritenuto la controfigura.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.