Qasem Soleimani, il generale iraniano a capo della Brigata al-Quds ucciso dagli Stati Uniti con un attacco drone lo scorso 3 gennaio, stava davvero progettando di colpire “quattro ambasciate americane” come dichiarato nei giorni scorsi dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump? Secondo quanto affermato alla Cbs dal Segretario alla Difesa Mark Esper l’intelligence non avrebbe mai fornito quest’informazione a Trump, che avrebbe agito sulla base di una sua supposizione. “Il Presidente ha detto che ci sarebbero potuti essere attacchi ulteriori contro le nostre ambasciate” ha spiegato Asper. “Una visione che io ho condiviso, così come gli altri membri del team della sicurezza nazionale, ecco perché ho schierato migliaia di paracadutisti americani in Medio Oriente al fine di rafforzare le difese della nostra ambasciata a Baghdad e in tutta la regione”.
“Soleimani stava attivamente pianificando nuovi attacchi contro le nostre ambasciate, e non solo quella di Baghdad”, ha detto Trump a una manifestazione a Toledo, Ohio, giovedì, aggiungendo: “Lo abbiamo fermato in tempo”. Esper, pur condividendo l’opinione di Trump, ha chiarito che non c’erano prove specifiche che facessero presupporre un imminente attacco da parte di Soleimani. Il capo del Pentagono ha poi aggiunto che “togliere di mezzo [Soleimani] dal campo di battaglia … è stata la cosa giusta da fare”.
È polemica sul briefing con l’intelligence
Lo stesso Mike Pompeo ha spiegato a Fox News che gli Stati Uniti non sapevano dove o quando il generale iraniano Qasem Soleimani stesse pianificando di attaccare le truppe Usa stanziate in Medio Oriente. “Non c’è dubbio che ci sarebbero stati una serie di imminenti attacchi pianificati da Qasem Soleimani”, ha detto Pompeo pur ammettendo che “non sappiamo esattamente quando e non sappiamo esattamente dove, ma era reale”. Nel frattempo, al centro del dibattito politico c’è stato il briefing, svoltosi lo scorso 8 giugno, tra i deputati e i senatori e i funzionari dell’amministrazione, incentrato proprio sull’uccisione di Soleimani e, in generale, sulle tensioni in Medio Oriente e con l’Iran.
Briefing fortemente criticato anche dal senatore repubblicano Rand Paul, il quale ha già annunciato che voterà al Senato la risoluzione non vincolante – già approvata alla Camera – che limiterebbe i poteri di guerra del Presidente Donald Trump. L’amministrazione, riporta Vox, aveva promesso che tutte le preoccupazioni di deputati e senatori sarebbero state affrontate durante i briefing di mercoledì. Tuttavia, molte domande sono rimaste senza risposta. Interrogata dai democratici della Camera sul fatto che Soleimani costituisse una minaccia imminente per gli interessi americani, come l’amministrazione Trump ha ripetutamente sostenuto, il direttore della Cia Gina Haspel ha preferito non rispondere. Il senatore repubblicano Mike Lee ha spiegato ai giornalisti che si è trattato del “probabilmente il peggior briefing che abbia mai visto, almeno su una questione militare, nei nove anni in cui ho prestato servizio al Senato degli Stati Uniti”. Nello stesso briefing, le paventate minacce alle ambasciate Usa non sono state citate.
“Trump ha agito correttamente”. Ma Nancy Pelosi lo attacca
Nel frattempo, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Robert O’Brien ha dichiarato che il presidente Donald Trump ha adempiuto al suo obbligo di informare il Congresso ai sensi del War Powers Act in merito all’attacco americano in Iraq che ha ucciso Soleimani. “Ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, al presidente è consentito esercitare il potere militare per difendere il popolo americano e difendere i nostri soldati, marinai, aviatori e marines. Questo è quello che abbiamo fatto qui, ed è quello che continueremo a fare in futuro”. Non è dello stesso avviso la speaker della Camera Nancy Pelosi: secondo l’esponente dem Trump non avrebbe informato il Congresso dell’attacco che ha ucciso Soleimani. “Quello che sta dicendo è che non si fida del Congresso degli Stati Uniti e questo è sbagliato”.