L’annuncio di Donald Trump di voler ritirare le truppe degli Stati Uniti dalla Siria ha scatenato (come ovvio) un’ondata di critiche. Mentre Vladimir Putin ha apprezzato la scelta del presidente Usa pur marcando con una nota di sarcasmo il fatto che molto spesso l’amministrazione americana ha detto di volersi ritirare dagli scenari di conflitto. Ma molti alleati si sono detti contrari alla decisione del leader di Washington. E adesso, soprattutto in Europa, c’è chi inizia ad affilare le armi.
Francia e Germania hanno già fatto le prime mosse per guadagnare terreno dopo l’annuncio della Casa Bianca. E sono mosse importanti, che denotano come sia Angela Merkel che Emmanuel Macron non hanno affatto dimenticato né la Siria né, in generale, il Medio Oriente.
Parigi ha investito moltissimo nella guerra in Siria. Non solo in termini di mezzi e soldi, ma anche sotto i profilo politico e strategico. E adesso, la Francia non può indietreggiare, visto che le forze speciali francesi sono ancora sul campo (insieme ai soldati Usa) a sostegno delle forze curde.
Ed è proprio da qui, dal Kurdistan siriano, che bisogna partire per comprendere le azioni messe in atto dal governo francese non appena gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro dalla Siria. Due leader politici dell’alleanza curdo-siriana, che combatte lo Stato islamico insieme alle forze francesi e statunitensi, arriveranno a Parigi domani per discutere del ritiro delle truppe americane. Gli inviati sono Riad Darar e Ilham Ahmed, entrambi presidenti del Consiglio democratico siriano (Msd), che rappresenta il braccio politico delle Forze democratiche siriane.
Una mossa che ha un significato molto importante. Macron è stato uno dei leader europei che ha maggiormente sostenuto i curdi in Siria e che ha anche posto dei veri e propri ostacoli sul cammino delle truppe turche alla guida di Recep Tayyip Erodgan. E sono in molti a temere che il ritiro dei 2mila soldati delle forze americane in Siria siano l’anticamera di un passaggio di consegne con Ankara che vedrebbe di fatto escludere ogni possibile mantenimento del nord-est della Siria in mano curda. La notizia del ritiro Usa, unito all’annuncio di Erdogan di un’imminente campagna militare nel Kurdistan siriano, ha messo in allarme tutte le forze curde legate a Washington e Parigi. E adesso, i leader si rivolgono all’Eliseo come risposta a quello che considerano un vero e proprio tradimento da parte di Donald Trump.
Ma non c’è solo la Francia ad aver espresso forti perplessità sulla scelta della Casa Bianca. Oggi, il ministro tedesco Heiko Maas è stato chiarissimo: “Esiste il pericolo che questa decisione danneggi la lotta contro l’Isis”, ha twittato. “Non siamo i soli a trovare sorprendente il brusco cambiamento di politica da parte americana. L’Isis ha arretrato, ma la minaccia non è finita” ha scritto Maas. E il ministro degli Esteri tedesco ha detto che “il contrasto all’Isis si decide a lungo termine militarmente ma anche civilmente”, e sono necessari “sicurezza e ordine politico” per stabilizzare la Siria. Frasi che confermano l’interesse della Germania per la Siria.
E anche in questo sembra poter rafforzarsi l’asse franco-tedesco. Entrambi i leader sono coinvolti da tempo nel dialogo a quattro sul futuro della Siria insieme a Russia e Turchia. Prossimamente è previsto un nuovo incontro cui parteciperanno Erdogan e Putin. E adesso, se gli Usa si sfileranno effettivamente dalla Siria, saranno proprio Francia e Germania a rappresentare le due potenze occidentale impegnate in negoziati diretti con le altre due potenze che decidono in parte il destino della guerra in Siria. Con il Regno Unito legato a doppio filo alla politica estera Usa e fortemente anti-russo e con l’Iran tagliato fuori dai colloqui di pace per la strategia di Israele, Francia e Germania restano i due Stati che possono rappresentare il contraltare alle strategie di Mosca e Ankara. E l’Europa, ancora una volta latitante, sarà rappresentata dalla coppia Macron-Merkel.