La situazione siriana è talmente anomala ed ingarbugliata che, ancor prima della fine della guerra, si avvertono già le conseguenze dell’immediato dopoguerra; le armi nel paese non hanno ancora finito di tacere, anche se il governo di Damasco è riuscito da qualche mese a questa parte a far nuovamente pendere dalla propria parte le sorti del conflitto, ma in Siria è possibile notare quella che sarà la situazione quando verranno cacciati via i terroristi.Le schermaglie tra curdi e siriani infatti, che in questi giorni si manifestano con sempre maggior frequenza ed intensità nella provincia di Al Hasakah, altro non sono che gli effetti provocati da alleanze aventi al momento cause comuni legate alla lotta all’ISIS ma che, con il califfato imploso, ben presto dimostreranno le proprie contraddizioni. Nella provincia sopra citata, gli uomini di Al Baghdadi nel periodo della loro massima espansione, hanno minacciato il capoluogo e così i curdi, che abitano in questa zona della Siria, hanno formato la coalizione nota oggi con l’acronimo SDF per iniziare quella avanzata che ha portato, nei giorni scorsi, alla presa di Mambij; Al Hasakah però non è una città interamente curda, per cui al suo interno il governo centrale è riuscito a mantenere un certo numero di soldati che controllano gran parte dei quartieri.Per circa due anni, eccezion fatta per qualche isolato scontro a fuoco, la convivenza tra curdi e siriani è stata tranquilla anche se da sempre, in questa ‘pace fredda’ instaurata nella provincia di Al Hasakah, ha aleggiato lo spettro dei contrasti sul futuro della zona: provincia curda federata oppure Damasco ristabilirà lo status quo antecedente al conflitto? Solo la guerra effettuata contro l’ISIS ha fatto in modo, fino a pochi giorni fa, che le tensioni scaturenti dal pensiero al prossimo assetto della provincia prendessero il sopravvento; adesso però qualcosa appare cambiato. La fragilità di questa alleanza è stata messa nei mesi scorsi sempre più in discussione soprattutto per l’atteggiamento dei curdi i quali, aiutati dai raid USA, sono avanzati in villaggi e territori a maggioranza araba; se da un lato l’SDF comprende anche guarnigioni siriane non fedeli ad Assad, dall’altro lato però proprio gli arabi presenti all’interno di questa coalizione hanno iniziato a mostrare insofferenza per le pretese dei curdi e per un allargamento della zona autonoma curda in perimetri ben più larghi rispetto a quelli storici. La stessa Mambij, per esempio, pur avendo una componente curda molto forte al suo interno, è sempre stata considerata una città araba o comunque dove usi e tradizioni arabi sono sempre stati maggioritari.Ecco quindi che anche questo fronte inizia a sfaldarsi, un altro grattacapo per Damasco ma anche un elemento di grave tensione per gli attori internazionali sul campo; rotta questa fredda alleanza, entrano in azione pericolosi incroci USA – Russia: l’esercito siriano, che vuole difendere Al Hasakah dall’avanzata dei curdi, ha usato anche i suoi aerei e la sua artiglieria pesante per opporre resistenza all’SDF, andando anche a bombardare edifici molto vicini alle basi americane presenti nella provincia; gli USA, dal canto loro, hanno iniziato a minacciare di abbattere i jet siriani che volano vicino Al Hasakah e questo ovviamente imporrebbe una reazione di Mosca che l’esercito siriano lo supporta e lo difende militarmente dallo scorso mese di settembre.Una situazione quindi ingarbugliata e non semplice; sul campo i curdi non avanzano, ma i morti da ambo le parti iniziano ad essere parecchi e gli uomini sottratti dalla comune lotta contro il califfato sono anch’essi in buon numero. Nel fine settimana appena trascorso, russi ed iraniani hanno provato a mediare tra le parti ma ancora non si è giunti ad alcun accordo; il braccio di ferro è doppio: in palio c’è sia l’ambizione di arrivare per primi a Raqqa, così come anche quella del futuro assetto della Siria a conflitto concluso.L’escalation della violenza nella provincia di Al Hasakah, può avere in parte anche una matrice esterna alla Siria; del resto, operazioni del genere hanno l’indubbio effetto, a prescindere poi dai reali o mancati guadagni sul campo, di tardare la fine di questa guerra e distogliere uomini e mezzi dalla lotta al terrorismo e vista l’avanzata, su molti fronti, degli uomini di Assad è palese come diversi governi (che dal 2011 finanziano i gruppi armati al fine di rovesciare l’attuale governo di Damasco) abbiano interesse nel prolungare la guerra, facendo in tal modo proseguire l’agonia del popolo siriano e di un paese sempre più distrutto da uno dei confronti armati più feroci mai vissuto in epoca moderna.Ma al di là di ogni considerazione attuale, è bene rammentare come gli scontri tra curdi e siriani sono, per l’appunto, il primo importante episodio che, a conflitto in corso, testimonia come sarà il dopoguerra nel paese; da un lato Damasco, che vuole uno Stato di nuovo unitario, dall’altro lato le velleità curde della Rojava che sperano in una sempre maggiore autonomia dal governo centrale. In mezzo, gli interessi delle potenze internazionali: gli USA sfruttano l’SDF non solo in chiave anti ISIS ma anche anti Assad, l’Iran si oppone all’ipotesi di uno stato siriano federato, la Russia apre a questa opzione, la Turchia trema al solo pensiero di vedere i curdi egemoni lungo il proprio confine. E proprio questa ultima considerazione, apre ulteriori scenari che porterebbero a veri colpi di scena: adesso incredibilmente Damasco ed Ankara hanno un grande punto in comune, costituito per l’appunto dal tentativo di fermare l’allargamento della provincia autonoma curda (che in realtà abbraccia anche territori arabi). Che sia questo un tema su cui, specialmente dopo il riavvicinamento tra Erdogan, Putin ed i leader di Teheran, potranno convergere le autorità siriane con quelle turche?





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