La situazione sanitaria e politica in Israele è sempre più drammatica. Il Paese, il primo per numero di vaccini somministrati, è ancora alle prese con l’aumento del numero di contagi da coronavirus. Ma la pandemia non è l’unico problema che i cittadini israeliani devono affrontare. Il governo, formatosi dopo ben tre elezioni grazie all’accordo tra Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, si è sciolto a causa della mancata approvazione della legge di bilancio, costringendo il Paese a tornare alle urne. Il voto è previsto per marzo, anche se non è ancora chiaro quali saranno le modalità attraverso cui gli elettori potranno esprimere la propria preferenza in totale sicurezza, evitando quindi che le elezioni diano vita a nuovi focolai di coronavirus.
Ma i problemi non sono finiti qui, almeno non per il premier uscente e capo del Likud. Netanyahu infatti deve rispondere alle accuse di corruzione, frode e abuso di potere in tre distinte inchieste, ma l’inizio del processo era stato più volte rimandato a causa della pandemia. Inizialmente la prima udienza del 2021 era stata fissata per il 13 gennaio, ma i giudici del tribunale di Gerusalemme erano stati costretti a rimandare ulteriormente la seduta. L’udienza infatti avrebbe richiesto la presenza in aula di un numero di persone superiore ai limiti disposti dalle autorità sanitarie per rispondere alla pandemia.
Il processo e le accuse
Adesso però la situazione è cambiata: i giudici hanno infatti chiamato Netanyahu e gli altri imputati a presentarsi in aula l’8 febbraio, contando sul fatto che il lockdown attualmente in vigore nel Paese verrà sospeso a partire dal 21 gennaio. Il premier uscente, come detto, deve rispondere alle accuse di corruzione, frode e abuso di potere nei Casi 1000, 2000 e 4000.
Nel primo, Netanyahu è accusato di aver accettato dei regali per un valore di 200mila dollari da importanti imprenditori in cambio di alcuni favori. Nel secondo caso – riguardante le accuse di frode e abuso di potere – il premier è accusato di aver offerto al giornale Yediot Ahronot una maggiore circolazione a discapito della concorrenza in cambio di una copertura a lui favorevole. Nel Caso 4000, invece, Netanyahu deve rispondere di frode, abuso di potere e corruzione: le accuse risalgono agli anni in cui il leader del Likud ricopriva la carica di primo ministro e di ministro delle Comunicazioni. Il premier uscente avrebbe favorito l’approvazione di alcune normative utili al capo della compagnia di telecomunicazioni Bezeq, Shaul Elovitch, in cambio di una copertura favorevole sul sito di news Walla.
Il nodo elezioni
Il processo arriva ad un mese dalle elezioni israeliane, previste per marzo 2021, in occasione delle quali Netanyahu sarà ancora una volta il candidato dal Likud, partito dato per favorito dai sondaggi. Questa volta però la vittoria del premier uscente si prospetta particolarmente incerta. Il fronte del centro-destra si è spaccato con l’uscita di Gideon Saar e anche le formazioni ultra-ortodosse, su cui Netanyahu ha sempre contato, presentano delle fratture interne.
L’avvio delle udienze rischia di indebolire ancora di più la posizione di Netanyahu, che parla infatti di una caccia alle streghe contro di lui per indebolirne la corsa alla premiership di Israele. In ogni caso, ipotizzando una vittoria del Likud e una contemporanea condanna in primo grado di Netanyahu, quest’ultimo non sarà immediatamente costretto a lasciare l’incarico. In Israele infatti il premier deve dimettersi solo in caso di condanna definitiva.
Il processo tuttavia getta un’ombra sulla candidatura di Netanyahu e potrà facilmente essere usata dai suoi avversari in campagna elettorale. Un governo guidato da un premier sotto processo non è il cavallo più stabile su cui puntare, soprattutto in questo momento storico.