Sgambetti burocratici, regole cambiate all’ultimo momento per ostacolare i partiti sovranisti nelle sedi europee, dossier, o meglio, schedature, contro gli stessi partiti e i suoi rappresentanti. Sono queste le ultime manovre del Consiglio d’Europa denunciate dalla Lega e e dal gruppo europarlamentare di Europa delle Nazioni e della Libertà che provava a costituire il suo gruppo nell’assemblea dell’organismo europeo.
La questione ha i lati oscuri di una vera e propria manovra politica tesa a ostacolare un’inevitabile cavalcata del blocco di destra all’interno delle istituzioni europee, specialmente a poche settimane dalle elezioni europee.La strategia denunciata dal rappresentante leghista è duplice: da un lato, il Consiglio d’Europa, con una mossa repentina, ha modificato con un voto il numero minimo di aderenti al gruppo facendoli passare da 20 a 28 (qui il testo della risoluzione 2278 dell’11 aprile 2019) . Una mossa che non aveva motivo di esistere, come spiegato dalle fonti del Carroccio, poiché a richiesta specifica sul perché fosse stato realizzato questo cambiamento del regolamento, è stato risposto che si trattava esclusivamente di un fattore di procedura di cui si parlava già da molto tempo.
Il dossier del Consiglio d’Europa (Ecco il file)
Risposta che però nasconde qualcosa di sospetto. E il motivo è che, come denunciato dal leghista Paolo Grimoldi, nelle stesse ore in cui il Consiglio votava questa modifica alla procedura d’ingresso, la stessa istituzione produceva un dossier con una schedatura di tutti i partiti che avevano fatto richiesta di costituzione del gruppo all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – un organismo che ricordiamo non fa parte dell’Unione europea (partecipano anche Russia e Turchia) – e di alcuni rappresentanti. Nel documento sono presenti descrizioni totalmente a sfavore di Lega, Alternative fur Deutschland (Afd) e Partito della Libertà Austriaco (Fpo), partiti che vengono descritti dal Consiglio d’Europa come razzisti, xenofobi e che diffondono odio razziale. E all’interno sono presenti dei veri e propri dossier su alcuni dei loro rappresentanti con tanto di individuazione dei post di Twitter o Facebook in cui sono espressi concetti che, secondo il Consiglio d’Europa, sono forieri di odio razziale.
Ma è realmente così? Vediamo nel documento quello che viene scritto in un tweet dello stesso Grimoldi. Il leghista viene accusato di aver espresso posizioni razziste per un post del 22 febbraio 2019 con scritto: “19 richiedenti #asilo nigeriani (da che guerra scappano?) spacciavano #droga a #Morbegno davanti a scuole e giardinetti. 19 “risorse” che ospitavamo, delinquenti che nessuno controllava e mantenevamo a nostre spese. Chi li ha fatti entrare dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa!”. Questo cinguettio del leghista viene preso come spunto dal memo del Consiglio d’Europa per definire la Lega un partito che, sempre a detta dell’istituzione europea, “è noto per la sua politica radicale anti-immigrazione, che promuove l’odio e la discriminazione contro gli immigrati, in particolare da
Africa, sia settentrionale che sub-sahariana”. E lo fa traducendo fra le altre cose in maniera del tutto erronea il post dello stesso rappresentante del Carroccio.
La cosa che però inquieta non è tanto il doveroso controllo riguardo a possibili esternazioni razziste, che evidentemente non possono essere accettare nel consesso europeo e parlamentare, ma il fatto che sia avvenuto un vero e proprio dossieraggio teso non tanto a prevenire l’eventuale razzismo o l’odio razziale, ma quello che è semplicemente un giudizio politico. Una scelta che a molti non fa certo pensare a quello che dovrebbe essere il “tempio del libero pensiero e della libertà d’espressione”, ma a un sistema non troppo diverso da quello di sistemi più o meno totalitari. Specialmente perché questa schedatura si basa non su reati ma su opinioni politiche.