L’influente John Kerry, Dem di lunga data e specialista di affari russi, si recherà a Mosca dal 12 al 15 luglio, dove incontrerà il capo della diplomazia del Cremlino, Sergej Lavrov per discutere della formulazione di un’agenda congiunta in materia di lotta al cambiamento climatico.

Salvezza del pianeta a parte, non è da escludere che Kerry sia stato inviato da Joe Biden anche nelle vesti di foriero, cioè per avvertire il Cremlino su quelle che saranno, o potrebbero essere, le prossime mosse della Casa Bianca per quanto concerne la traslazione in realtà degli accordi raggiunti durante il vertice di Ginevra.

Kerry a Mosca

John Kerry, ex segretario di Stato della seconda presidenza Obama ed inviato speciale per il clima dell’amministrazione Biden, volerà a Mosca per una tre-giorni ricca di lavoro la prossima settimana. Obiettivo della missione, le cui basi erano state gettate lo scorso febbraio durante la telefonata Kerry-Lavrov, è la formulazione di un’agenda russo-americana per la lotta al cambiamento climatico.

La Casa Bianca, per persuadere il Cremlino ad appoggiare la battaglia per la salvezza del pianeta, ha affidato all’abile Kerry l’incarico di discutere con Lavrov, il titolare del Ministero degli Esteri della Federazione russa, Anatoly Chubais, l’inviato speciale della presidenza russa per le relazioni con le organizzazioni internazionali, e Ruslan Edelgeriev, l’inviato speciale della presidenza russa per le questioni climatiche. E perché un fascicolo di tale rilevanza sia stato messo nelle mani di Kerry è piuttosto chiaro: né eccessivamente russofobo né lontanamente russofilo, ma semplicemente imparziale e pragmatico, l’ex segretario di Stato della seconda amministrazione Obama è il diplomatico che potrebbe dare forma al “disgelo limitato”.

Profondo conoscitore della Russia, in buoni rapporti con i personaggi-chiave del sistema putiniano – in particolare Lavrov – e leale paladino delle cause dei Dem, Kerry è l’uomo giusto al posto giusto e, non meno importante, al momento giusto. Il momento dell’utilizzazione intelligente di argomenti di comune interesse, cioè dove le due cancellerie mostrano delle visioni convergenti e/o complementari – come controllo degli armamenti e cambiamento climatico –, al fine della collaborazione nel nome di un interesse superiore: il bene dell’umanità.

Kerry, nello specifico, profitterà del soggiorno moscovita per tornare su temi già affrontati lo scorso febbraio, come l’implementazione dell’accordo di Parigi sul clima e il mantenimento di contatti regolari e costanti con Lavrov in vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UN Climate Change Conference), programmata a Glasgow (Scozia) dall’1 al 12 novembre di quest’anno.

Non solo clima

Oltre a parlare di clima, tema che verrà probabilmente affrontato più che altro con Edelgeriev e Chubais, Kerry cercherà di fare leva sul rapporto di stima reciproca che lo lega a Lavrov per evitare che le relazioni tra Russia e Stati Uniti subiscano un nuovo deterioramento e che, al contrario, possano trarre beneficio dall’agenda di competizione regolamentata che Biden e Vladimir Putin hanno concordato a Ginevra. Perché il clima è soltanto un mezzo per un fine, un trampolino di lancio verso una pace fredda, armata e temporanea, concepita per cooperare laddove possibile, guerreggiare laddove inevitabile – ma responsabilmente – e, soprattutto, per fermarsi prima del precipizio.

Kerry non sarà uno stratega del calibro di Henry Kissinger, ma è l’insospettabile risolutore di problemi al quale si devono degli importanti contenimenti di escalation durante l’era Obama – tra i quali risalta l’evitamento di una crisi allargata in Siria nell’ottobre 2016, reso possibile da un dialogo ufficioso e dietro le quinte con Lavrov – e, più di recente, il curioso tentativo di cessate il fuoco con il Cremlino della presidenza Biden – perché, mentre l’inquilino della Casa Bianca introduceva nuove sanzioni e dava al collega russo dell’assassino, Kerry discuteva con Lavrov sia al telefono (a febbraio) sia a voce (ad aprile, in India).

Kerry è, in estrema sintesi, colui sul quale la Casa Bianca sa di poter affidamento ogniqualvolta sembra essere stato raggiunto il punto del non ritorno con il Cremlino. Kerry è il taumaturgo senza corona che, con la scusante del cambiamento climatico, negli ultimi mesi ha combattuto contro un altro tipo di fenomeno: l’altalenare pervicace delle relazioni russo-americane tra stati di ipotermia e ipertermia.





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