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L’esecutivo colombiano del presidente conservatore Ivan Duque ha deciso di reagire alle contestazioni del Comitato per lo Sciopero Nazionale, che vede al suo interno la partecipazione di più di una dozzina di gruppi studenteschi, di lavoratori e di attivisti ed ha aperto a possibili colloqui diretti con questa organizzazione. Il Comitato aveva dimostrato, il 21 novembre, portando nelle strade della Colombia oltre 250mila persone ed era poi tornato nelle piazze la settimana successiva movimentano, però, un numero molto inferiore di cittadini: il gruppo chiede, tra le altre cose, che il governo si astenga dal promuovere ed implementare riforme che vadano a toccare il sistema pensionistico, le leggi sul lavoro e le tasse e che, inoltre, il piano di pace con i ribelli marxisti delle Farc venga effettivamente implementato.

Un tentativo di dialogo

L’offerta dell’amministrazione colombiana non è, però, senza condizioni ed è legata al fatto che il Comitato cancelli lo sciopero generale previsto per mercoledì. Quest’ultimo ha reso noto, pur apprezzando l’apertura del governo, che è ormai troppo tardi per evitare la manifestazione, destinata a mantenere la pressione sull’esecutivo. Il timore di Bogotà è che le dimostrazioni possano impattare negativamente sulle attività economiche del Paese ma un dialogo tra le parti non sarà comunque facilmente attuabile. In un primo momento, infatti, il presidente Duque aveva avviato un processo di consultazioni interne denominate “Conversazione Nazionale” da cui erano stati però esclusi gli esponenti del Comitato.

La Colombia vive una situazione politica difficile e l’instabilità rischia di prendere il sopravvento. Una parte dei ribelli marxisti delle Farc non ha mai accettato l’accordo di pace raggiunto con Bogotà nel 2016 ed ha continuato a combattere e più recentemente altri membri del gruppo, insoddisfatti dell’implementazione dell’accordo, sono tornati ad opporsi violentemente alle autorità. Nel Paese è inoltre attivo anche l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), di tendenze marxiste, che non ha ancora raggiunto un’intesa che porti alla cessazione delle ostilità verso la controparte e diversi gruppi criminali legati al narcotraffico, attività particolarmente redditizia ma anche portatrice di ulteriori violenze.

Le prospettive

Almeno 150 ex-combattenti delle Farc e circa 627 leader sociali ed attivisti, responsabili di implementare l’intesa su scala locale, hanno perso la vita nel Paese e ciò costituisce un ulteriore segnale che le cose, evidentemente, non stanno funzionando a dovere.  Le proteste popolari, che ricordano quanto recentemente avvenuto un Cile, rischiamo così di destabilizzare ulteriormente una situazione già difficile. Duque dovrà essere pronto a raggiungere una serie di compromessi con i contestatori, che paiono particolarmente agguerriti ma il cui ammansimento è necessario per evitare il ripetersi di uno scenario cileno che nuocerebbe gravemente alla nazione. La stabilita della Colombia potrebbe avere riflessi anche sul vicino Venezuela, che annaspa da anni in una gravissima crisi economica, politica e sociale e da cui moltissimi profughi si recano proprio nella confinante Colombia. Servirà probabilmente del tempo, in ogni caso, per capire sino a che punto potrà spingersi il dialogo tra le parti e per vedere se queste trattative potranno avere riflessi efficaci anche sul più generale ed auspicato processo di pacificazione del Paese.

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