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Parole dure e ruvide, quelle dell’ex ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, che in una recente intervista ha criticato l’opzione di “sacrificare ogni cosa” sull’altare della lotta alla pandemia di coronavirus che sta devastando l’Europa. Parole che certamente arrivano, in maniera controversa, al cuore della questione, per quanto l’uscita del superfalco del rigore per eccellenza non siano di quelle ispirate a una volontà di conciliazione: parlando con il Tagesspiegel di Berlino, infatti, Schauble ha dichiarato che a suo parere “la dignità delle persone viene prima della salvaguardia della vita” dall’epidemia.

L’attuale presidente del Bundestag, il Parlamento tedesco, fa notare che a suo parere risulterebbe problematico affidare il futuro della comunità alle mere decisioni ispirate a un criterio esclusivamente scientifico, e che per il ritorno alla normalità è necessario valutare una serie di fattori di ordine sociale, economico, psicologico e politico. Per quanto possano sembrare ciniche, le parole di Schauble sono estremamente attuali laddove lo storico braccio destro di Angela Merkel ricorda che in futuro per la Germania sarà necessario convivere col virus: “Chiudere tutto per due anni sarebbe semplicemente infattibile”, potendo portare a “conseguenze terribili”, e a suo parere la Legge Fondamentale, la costituzione tedesca “è basata sulla fondamentale dignità degli esseri umani, ma non esclude che le persone possano morire”.

Berlino sta combattendo con efficacia, complice un contesto di diffusione favorevole rispetto a Paesi come l’Italia, la pandemia e può iniziare a programmare la fase della ripartenza. Come sottolinea The Atlantic, non si può escludere che il background scientifico della formazione della Cancelliera abbia giocato un ruolo nella presa anticipata di consapevolezza da parte sua della necessità delle misure di distanziamento sociale e isolamento per la vittoria sulla crescita esponenziale del virus, ma al tempo stesso è bene ricordare che nella “fase due” la discrezionalità politica dovrà gradualmente prevalere sul rigore tecnocratico e scientifico in un contesto in cui la conoscenza sul virus è tutt’altro che scontata.

In Germania, come in Italia e nel resto delle economie avanzate, non è detto che sul lungo periodo il coronavirus stravolga completamente le abitudini di vita, e la politica dovrà programmare nel miglior dei modi la riapertura alla mobilità, all’attività economica e alla socialità. Berlino arriva in anticipo a porsi le necessarie domande che terranno banco in futuro: come convivere con il virus in futuro? Come accettare un rischio calcolato di diffusione del contagio in futuro, prima della messa in sicurezza della capacità di risposta alla pandemia, in modo tale da permettere una convivenza sociale con la presenza del Sars-Cov2? Domande che avranno risposta più precisa, chiaramente, mano a mano che la conoscenza scientifica prodegrirà ma che potranno essere soddisfatte solo tenendo conto a trecentosessanta gradi delle aspettative sociali: la necessità di un ritorno a interazioni sociali normali, il bisogno per le persone di lavorare, i rischi di un prolungato lockdown economico con conseguente depressione.

L’Economistalcune settimane fa, si era chiesto fino a che punto l’assioma secondo cui “salvare una vita non ha prezzo” sarebbe stato sostenibile; Schauble pecca nel ribadire il calcolo costo/benefici sul valore di una vita umana ma non tocca temi banali.  In Italia, in una recente intervista ad Avvenire, l’ex premier Matteo Renzi ha aperto il dibattito sulla questione, diventata dominante nel dibattito pubblico. La Germania vede anticipare il momento della scelta e nonostante il cinismo di stampo protestante e liberista che traspare dalle dichiarazioni del “Lupo” Schauble, non nuovo a uno stile tanto diretto nella sua comunicazione, il dibattito interno sul tema anticipa le riflessioni del resto dell’Occidente. Per evitare che il dibattito sulla riapertura si riduca a una scelta tra“la borsa e la vita“, tra il Pil e un numero di morti da tenere in conto come scontati, saranno i politici a dover ragionare approfonditamente sulle modalità più adatte per la ripartenza.

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