Dall’alto del palco istituito nella città di Modena per la Festa dell’Unità e intervistato dal neo direttore de La Stampa Massimo Giannini, David Sassoli ha lanciato l’ennesima accusa nei confronti della Lega e della destra italiana, con chiara allusione alla prossima tornata elettorale per le regionali. “Regionali, se vince la destra perde anche la Ue” sono state le sue testuali parole, riportate sempre dalla testata di Torino; e ancora “…sappiamo bene che non possiamo affrontare da soli tutto quello che ci aspetta, una crisi difficilissima che dovremo contrastare assieme”. E davanti ad una folla di tremila persone – una platea dai numeri ben più ridotti rispetto al passato – Sassoli ha dunque chiarificato quale sarà l’arma segreta che il Partito democratico è intenzionato a giocarsi per le prossime regionali: la carta della paura.

Sì, della paura. Perché quando un politico sale su un palcoscenico dichiarando come la vittoria del proprio avversario porterebbe di fatto alla dissoluzione di molte di quelle certezze con cui siamo abituati a convivere – e senza argomentare le accuse – forse la perifrasi più corretta sarebbe quella di “terrorismo psicologico“. Una carta molto potente che la sinistra negli anni ha sempre usato, accusando però la Destra italiana di essere l’unica vera utilizzatrice con le questioni migratorie prima e con quelle della crisi economica successivamente.

Non è stato reso noto però in quale modo la Destra sotto questo punto di vista rappresenterebbe un pericolo per l’Unione europea e, di conseguenza, per la stabilità stessa dell’Italia a Bruxelles. Come al tempo stesso non è stato specificato come, al tempo stesso, una vittoria delle formazioni di sinistra potrebbe portare a dei risultati migliori e a degli auspicabili vantaggi nei dialoghi europei. E tutto questo, in fondo, perché non c’è una correlazione alcuna tra i risultati che si otterranno in Toscana e con l’allentamento dei vincoli europei che si auspica il governo Conte II nelle prossime settimane.

La frase di Sassoli, in fondo, è stata giocata su un singolo particolare – molto pericoloso, perché riscontrabile anche nell’alleato di governo del Movimento cinque stelle – sintetizzabile nelle volontà della Lega di Matteo Salvini e in generale della coalizione di destra di ridiscutere gli accordi europei. Una posizione ritenuta pericolosa dal Pd, che ha sempre preferito negli anni abbassare la testa ed accettare i “diktat” europei, in una sorta di “Ipse Dixit” dei giorni nostri al quale è impossibile e ingiustificato opporsi. Una situazione, però, che non centra nulla con la stabilità dell’Unione europea, ma forse centra oltremodo per la tenuta del governo Conte e per la sopravvivenza stessa dei partiti attualmente nella formazione di governo.

In questo scenario, dove il Partito democratico teme davvero e per la prima volta di perdere la propria storica roccaforte, ecco che dunque Sassoli mette in campo la carta della paura, di un’Italia isolata che da sola non sarebbe in grado di affrontare la crisi. In questo modo, chiarifica però come da qui in avanti la battaglia contro la coalizione di Centro-destra sarà giocata esclusivamente all’attacco, cercando di convincere l’elettorato di quanto sia pericolo votare qualcuno che attualmente non sia nella formazione di governo, in quanto creerebbe instabilità. Ma se le cose stanno davvero in questo modo, allora, che senso avrebbe andare alle elezioni regionali e non nominare direttamente qualcuno da Roma gradito governo italiano? E soprattutto, che credibilità manterrebbe un governo – democratico di nome e di fatto – che ritiene necessario governare il proprio popolo con la paura, per non cedere il passo ai propri avversari? E a queste domande, dall’alto del palco, probabilmente Sassoli non sarebbe in grado di dare risposta.

 





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