Esiste un Paese, disteso su due continenti, che nell’immaginario di alcune correnti messianiche è l’erede di Roma antica e il katéchon predestinato a frenare le incontenibili forze dell’Anticristo nell’attesa della Seconda venuta di Gesù. È il Paese degli imperatori santi, degli stolti in Cristo e delle cupole d’oro, che certa storiografia suol chiamare la Terza Roma. È la Russia.

L’idea di Mosca quale Terza Roma, anche e soprattutto in senso metafisico, ha accompagnato la storia degli Zar, plasmato le loro politiche, sia domestiche sia estere, e dopo il periodo di interruzione dell’epopea sovietica, durante la quale l’ateismo si fece Stato, è tornata in auge. Ed è, oggi, più popolare che mai.

Ma c’è un problema con l’idea della Terza Roma: va diventando sempre più anacronistica. Coloro che continuano a parlarne, nel tentativo di spiegare l’agenda conservatrice della Russia putiniana, commettono lo stesso errore dei patrocinatori della fantomatica dottrina Gerasimov e portano avanti, inconsapevolmente, narrazioni inesatte. Perché Mosca, primariamente per questioni demografiche, sta per trasformarsi in una Seconda Mecca.

L’Islam è la Russia

L’immaginario collettivo vuole che la Russia sia il centro nevralgico della Cristianità orientale e della civiltà slava. Ma non è così. Perché la Russia, storia, cultura, politica e demografia alla mano, è un unicum pluri-identitario e multicivilizzazionale nel quale si incrociano i destini di dār al-Islām e dār al-Harb. Dai tempi dell’incontro tra Rus’ di Kiev e Bulgaria del Volga attorno all’anno Domini 900.

Sostenere che la Russia sia in egual misura cristiana e musulmana, così come slava e tatara, potrebbe sembrare un’affermazione forte, persino esagerata, ma sono i numeri a corroborarla. E i numeri dicono che la umma russa è composta da 25-30 milioni di persone, che l’Islam è la fede maggioritaria in sette repubbliche – Baschiria, Cabardinia-Balcaria, Cecenia, Circassia, Daghestan, Inguscezia, Tatarstan – e che da Mosca a Vladivostok operano più di cinquemila organizzazioni islamiche e sono presenti all’incirca ottomila moschee.



Non è da oggi, era putiniana, ma dai tempi dell’Assemblea islamica di Orenburg, organizzata da Caterina II con l’obiettivo di istituzionalizzare l’Islam, che il Corano è il secondo libro sacro della Russia. La legge, invero, indica l’Islam come una delle quattro religioni tradizionali della Federazione – le altre tre sono cristianesimo ortodosso, ebraismo e buddhismo.

Putin, ad ogni modo, è colui che ha investito maggiormente nella promozione dell’immagine e nell’aumento dell’importanza pubblica dell’Islam, spogliando la sua presenza nel quartetto delle fedi della multinazione russa di mera simbolicità e dotandolo di influenza, poteri e responsabilità. Elevazione al rango di seconda religione de facto della Russia, non più soltanto de iure, dovuta a tre fattori: gli insegnamenti del passato remoto, gli eventi del passato recente e la consapevolezza del futuro.

Da Terza Roma a Seconda Mecca?

La demografia è destino. E il destino della Russia, stando alle tendenze fotografate da censimenti e proiezioni, è quello di una perfetta ibridazione culturale. Melting pot all’americana, ma con gli slavi al posto dei Wasp e coi musulmani del Caucaso e del Turkestan in luogo dei cattolici latinoamericani.

Censimenti e proiezioni danno ragione alla visione di Putin, sostenitore della Russia quale “civiltà unica”, che vorrebbe istituzionalizzare definitivamente l’Islam e integrare realmente la umma nel resto della società allo scopo di prevenirne in futuro, se e quando dovesse raggiungere la massa critica, strumentalizzazioni da parte di attori ostili. La creazione di un Islam russo e di una Russia islamo-cristiana come antidoti ad un potenziale “super-arco di crisi panislamico” esteso dal Caucaso all’Estremo Oriente.

L’Islam è un elemento fondamentale della costituzione culturale della Russia. È una parte organica, integrante della nostra storia. Noi conosciamo e ci rammentiamo i nomi dei tanti musulmani che hanno contribuito alla gloria della nostra comune patria.

La popolazione della Federazione è aumentata di due milioni fra il 2002 e il 2021, passando da 145 a 147, ma non per merito dei russi e dei cittadini di etnia slava, come bielorussi e ucraini, che hanno registrato le più grandi diminuzioni, un po’ per la bassa natalità e un po’ per l’emigrazione, a fronte dell’aumento consistente degli immigrati centrasiatici e dei cittadini di origine ciscaucasica.

È anche la demografia a dividere le due Russie storiche, quella europea e quella asiatica, e lo confermano i numeri. La crescita complessiva rasenta lo zero perché i gruppi etnici maggioritari emigrano, invecchiano e/o hanno una bassa predisposizione alla natalità – risultato: russi etnici diminuiti dal 79,8% al 71,7% del totale nel periodo 2002-21. Ma, allo stesso tempo, è sbagliato parlare di inverno demografico, perché esistono aree in cui è primavera – come nel Caucaso settentrionale, i cui tassi di fertilità trainano l’aumento della popolazione dell’intera nazione.

Sfide e opportunità di una transizione epocale

Le cosiddette “repubbliche etniche”, dove si concentrano le minoranze iraniche, turciche e turaniche, rappresentano meno di un quarto delle entità federate totali, eppure, fra il 2010 e il 2021, hanno dato alla Russia quasi la metà dei suoi neonati. Evidenza dell’avviamento della multinazione verso un’epoca post-slava, dunque post-ortodossa. Sfida epocale che comporta tanti rischi quante opportunità. Il destino della Russia appeso ad un filo chiamato Islam.

Istituzionalizzare l’Islam, finanziandone la crescita, condizionandone i messaggi e cooptandone i membri nell’establishment. Questa è la strategia con la quale Putin confida di evitare ulteriori remake del Periodo dei torbidi, specie nell’indomita Ciscaucasia – da sempre permeabile alle infiltrazioni straniere –, e di preservare la concordia civium nella consapevolezza del suo essere murus urbium.

L’Islam può essere il migliore amico dell’integrità territoriale e della pace sociale della Russia, oppure il loro peggior nemico, e il suo ruolo di (de)stabilizzatore è destinato ad aumentare inevitabilmente negli anni a venire, giacché le previsioni lo indicano come fede di un terzo di tutti i russi entro gli anni Trenta e come fede della maggioranza entro metà secolo. Ma non è soltanto la protezione della sicurezza nazionale ricercata per mezzo di un nation rebuilding (e rebranding) che ha spinto Putin a mettere il Corano sullo stesso gradino della Bibbia.

In verità Allah è con coloro che Lo temono e con coloro che fanno il bene.

Vladimir Putin, Giornata dell’unità nazionale del 2020

La Russia è obbligata dalla geografia ad avere un interesse per il Medioriente, dal quale è separata da due cuscinetti, Transcaucasia e Turkestan, ma col quale è collegata politicamente dal sistema internazionale e spiritualmente dall’Islam.

Essere percepita dal Medioriente come una presenza ostile proveniente dalla dār al-Harb può costare la vita – chiedere all’Unione Sovietica vinta dal richiamo del Jihād difensivo dei mujāhidīn, adeguatamente armati dagli Stati Uniti, e successivamente implosa. Essere percepita come una sorella, un membro della famiglia, potrebbe facilitare operazioni militari – come in Siria, dove l’intervento salva-Assad fu prontamente spiegato dai dirigenti musulmani vicini al Cremlino alla umma russa – e avere ricadute positive sull’influenza della Russia nella regione.

La Russia, nella visione lungimirante di Putin, dovrà essere l’anello di congiunzione tra dār al-Islām e dār al-Harb, e non il teatro di huntingtoniane guerre di faglia intercivilizzazionali. Ne va della sua sopravvivenza ai tornei di ombre che potrebbero sorgere con l’inoltrarsi della competizione tra grandi potenze. E ne va, non meno importante, della Transizione multipolare.

Sopravvivenza alla transizione etno-demografica e compimento della transizione multipolare; questi sono gli orizzonti in cui si inseriscono i tentativi di national rebuilding e rebranding della Russia in direzione dell’Islam, raccontati dettagliatamente ne Nella testa dello Zar (Giubilei/Regnani, 2022), come “l’entrata nell’Organizzazione di cooperazione islamica, la formazione del Gruppo di visione strategica Russia-Mondo islamico e il rientro dei russi nelle Terre palestinesi”. Destinazione futuro. Destinazione La Mecca.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.