C’è un fondamentale intreccio di interessi che lega Corea del Nord, Corea del Sud e Russia. Ma in questo caso non ci sono i missili né il nucleare. L’elemento chiave per comprendere le dinamiche regionali è il gas. E fa capire il motivo che per cui le due Coree abbiano scelto anche Vladimir Putin come interlocutore per trovare una soluzione al conflitto. Ma fa comprendere anche il motivo per cui il Cremlino si sia impegnato in maniera profonda per trovare una via del dialogo fra Seul e Pyongyang e come sia fondamentale per capire la strategia russa nella penisola coreana.

Il progetto del gasdotto

Da molto tempo, Mosca e Seul condividono un sogno: portare il gas russo in Corea del Sud attraverso il gasdotto Transcoreano. Un progetto per molto tempo rimasto una pura utopia, considerato che tra le due Coree non potevano intercorrere rapporti economici diversi da quelle della condivisione di alcune aree industriali. Ma che adesso può tornare a essere considerato qualcosa di più concreto grazie ai rapporti sempre più positivi che legano Kim Jong-un e Moon Jae-in. 

Il progetto, ipotizzato prima nel 2001 e poi confermato nel 2008 da un memorandum d’intesa fra Gazprom e la coreana Kogas, prevede una conduttura per collegare Vladivostok a Pyongyang e un’altra che colleghi la capitale nordcoreana a Seul. L’obiettivo, come spiegato da El Confidencial, era quello di rifornire la Corea del Sud di gas russo per un totale di 7.5 milioni di tonnellate in 30 anni. Poi le tensioni regionali e le politiche di Pyongyang hanno reso impossibile proseguire nei negoziati.

I benefici per la Corea del Sud

Per la Corea del Sud gli interessi economici dietro questo progetto sono notevoli. Il Paese asiatico consuma moltissima energia ma non ha capacitò di produrla. Attualmente, Seul importa l’80% dell’energia di cui ha bisogno e il 99% di gas. A causa delle tensioni con i vicini del Nord, la parte meridionale della Corea è stata costretto a rimanere isolata dal tracciato dei gasdotti per molti anni, rimanendo ancorata ai terminali dei gas naturale liquefatto.

Questo chiaramente ha avuto ripercussioni sensibili sul costo dell’oro blu in Corea del Sud visto che, come ricorda Reuters, nel 2017 ha speso circa 12 miliardi di dollari per importante Gnl. Costi che verrebbero abbattuti dalla possibilità di costruire un’infrastruttura che colleghi i terminali russi a quelli sudcoreani.

I benefici per la Russia

Dall’altra parte, la Russia ha ovviamente tutto l’interesse a fare in modo che questo progetto si realizzi. In primis ci sono ragioni economiche: esportare il proprio gas in un mercato ricco come quello sudcoreano sarebbe una mossa vincente per un Paese che fonda gran parte dei propri introiti sull’export di materie prime e di risorse energetiche.

C’è poi un secondo ordine di ragioni, questa volta di natura politica. Esportare gas in un Paese significa aumentare automaticamente il proprio peso nella strategia dello Stato importatore. Putin ha da sempre come obiettivo quello di aumentare la leadership russa in Estremo Oriente. E riuscire a costruire un rapporto positivi con le due Coree diventando un partner essenziale per entrambi, è di primaria importanza.

Terzo, e non ultimo motivo per Mosca per perseguire questo progetto, quello di strappare agli Stati Uniti un partner fondamentale come la Corea del Sud. Da qualche mese, Washington ha avviato una politica molto più aggressiva sull’export di Gnl. E il fatto che Seul viva di importazioni di gas naturale liquefatto rende la Sudcorea un mercato imprescindibile. Per la Russia, riuscire a penetrare nel mercato coreano significa anche creare una competizione con gli Stati Uniti in un Paese che, anche per motivi strategici, è legato a doppio filo all’altra sponda del Pacifico.

I benefici per la Corea del Nord

In questo accordo, dove tutti e tre i Paesi coinvolti sembrano essere vincitori, anche la Corea del Nord ha tutto da guadagnare. Per Kim Jong-un, il fatto che un gasdotto attraversi il suo territorio, significa guadagnare denaro dal transito delle condutture ma anche migliorare l’importazione di gas russo. Secondo Kim Kyong-sool, esperto del Korea Energy Economics Institute, il guadagno per il governo nordcoreano potrebbe essere intorno ai 150 milioni di dollari l’anno: ossigeno per le casse di Pyongyang, messe anche a dura prova dalle sanzioni internazionali.

Gli Stati Uniti preoccupati

Naturalmente questo progetto, come visto, ha un suo avversario naturale: gli Stati Uniti. È evidente che dalle parti di Washington non abbiano alcun interesse alla realizzazione di questo gasdotto che oltre a portare gas a prezzi più competitivi in Corea rispetto a quello americano, renderà ancora più solido il rapporto fra Mosca e i due Paesi asiatici. Un rischio per gli Stati Uniti che, oltre ad avere da sempre un rapporto estremamente forte con Seul, contavano sulle buone relazioni fra Donald Trump e Kim per evitare una manovra avvolgente da parte del Cremlino.

Sotto questo profilo, l’alternativa è che la Corea del Sud, per fare in modo che Washington non ostacoli del tutto il gasdotto Transcoreano, prometta di non tagliare i rifornimenti di Gnl dall’America ma tagli le importazioni dal Medio Oriente. Una scelta non indolore, ma sicuramente molto meno impegnativa rispetto a quella di contrastare gli Stati Uniti. 

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