È tra i ghiacci che si sta scrivendo un capitolo importante della guerra fredda 2.0, dunque non poteva esserci un luogo migliore del Consiglio Artico per discutere dell’evento più atteso dell’anno: la bilaterale tra Vladimir Putin e Joe Biden. Le ragioni alla base del fermento sono molteplici: è dal 2018 che non ha luogo un incontro ufficiale tra gli inquilini di Casa Bianca e Cremlino, la tensione tra le due potenze è tornata ai livelli dell’immediato post-Euromaidan e l’Europa, dall’Italia all’ex patto di Varsavia, è ammorbata dalla diffusione su larga scala di una caccia al russo di guerrafreddesca memoria.

Incontrarsi equivale a parlarsi, ergo esternare le proprie preoccupazioni, illustrare i propri interessi ed esplicare le proprie ragioni. Incontrarsi, in sintesi, significa darsi un momento – anche se breve e fugace – per riprendere il fiato ed ascoltare ciò che l’altro ha da dire. Perché quello fra Occidente e Russia è divenuto un dialogo tra sordi, dove diffidenze e pregiudizi allontanano il riavvicinamento e facilitano il fraintendimento, perciò un incontro è più che mai necessario.

Biden e Putin non negozieranno una cessazione delle ostilità tout court, perché innumerevoli e profonde sono le ragioni di attrito, ma si vedranno nell’ambito dell’interesse comune di reiterare le rispettive linee rosse e concordare la fine di questo stadio transitorio, particolarmente teso e nevrastenico, ponendo le basi per l’entrata della guerra fredda 2.0 in una nuova fase.

L’incontro tra Lavrov e Blinken

Il capo della diplomazia del Cremlino, Sergej Lavrov, e il segretario di Stato dell’amministrazione Biden, Antony Blinken, si sono incontrati a margine dell’ultimo vertice del Consiglio Artico, organizzato a Reykjavik (Islanda) il 20 maggio e che ha consacrato l’inizio della presidenza russa dell’organizzazione.

Il faccia a faccia tra i rappresentanti di Cremlino e Casa Bianca è durato due ore ed è stato descritto come “costruttivo” da Lavrov, che ha spiegato di aver percepito una volontà da parte americana di superare lo stallo venutosi a creare negli anni recenti. I due, del resto, nel corso delle due ore hanno discusso di una grande varietà di argomenti, tra i quali il perseguimento della “cooperazione attiva” nella stabilità strategica, nella non-proliferazione nucleare, nel cambiamento climatico, nel contrasto alla pandemia di Covid19 e nella questione nordcoreana. Blinken, inoltre, ha presentato all’omologo russo il punto di vista degli Stati Uniti per quanto concerne Ucraina e Donbass. Altre tematiche, non meno importanti, che sono state affrontate da Blinken e Lavrov durante l’intensa e fattiva due-ore sono il fascicolo Afghanistan, la Siria e l’accordo sul nucleare iraniano.

Segnali positivi

L’incontro è stato accompagnato dalla decisione degli Stati Uniti di riorientare le sanzioni sul gasdotto della discordia, il Nord Stream 2, dalla Nord Stream 2 AG e dal suo amministratore delegato, Matthias Warnig, a quattro navi, cinque organizzazioni ed una persona fisica. Non una rimozione integrale, ma un ridirezionamento tattico che ha catturato l’attenzione della Russia, presso la quale è stato interpretato come un segno di disgelo.

Al termine del faccia a faccia, durante il quale si è discusso anche dell’allestimento della bilaterale Putin-Biden, Lavrov è volato a Mosca per conferire con il presidente russo dei risultati conseguiti a Reykjavik. Risultati che, a quanto pare, sono stati effettivamente tangibili, perché Dmitrij Peskov, il portavoce del Cremlino, interrogato dalla stampa russa, ha spiegato che le diplomazie delle due nazioni sembrano aver trovato delle soluzioni ai problemi provocati dalla politica. E, secondo quanto riferito da fonti vicine al Cremlino, il vertice informale tra Lavrov e Blinken avrebbe dato l’impulso necessario e fondamentale alla prosecuzione dei lavori dell’incontro fra i due presidenti, che, fino al 20 maggio, sarebbero stati stagnanti e praticamente intrappolati in una sorta di limbo.