Nelle ore più buie per l’Ucraina, proprio mentre la Russia stava perfezionando il suo attacco contro Kiev, è andata in scena una telefonata che potrebbe svelare un interessante retroscena sull’intera vicenda. Wang Yi e Sergei Lavrov, ovvero i ministri degli esteri cinese e russo, hanno avuto un colloquio nel quale hanno fatto “il punto della situazione”.
Il riferimento è ovviamente alla vicenda ucraina, e due sono i punti focali emersi. Il primo: Russia e Cina hanno accusato Stati Uniti e Nato di aver infranto i loro impegni, continuando ad espandersi verso est; il secondo: la ragione dell’attuale crisi in Ucraina starebbe nel rifiuto di Kiev di attuare gli accordi di Minsk, incoraggiata da Washington e alleati occidentali.
Insomma, i due ministri concordano sul fatto che le forze occidentali abbiano violato la risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite del 2015 riguardante la risoluzione pacifica della situazione in Ucraina orientale. Secondo questa lettura, quindi, la Russia sarebbe stata costretta ad adottare le “misure necessarie” per difendere i propri diritti. Questa telefonata rappresenta la punta dell’iceberg di un rapporto molto particolare: quello tra Mosca e Pechino.
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Le ragioni del blocco sino-russo
Per capire meglio di che cosa stiamo parlando dobbiamo tornare allo scorso 4 febbraio, quando Xi Jinping e Vladimir Putin si sono incontrati in quel di Pechino in vista dei Giochi Olimpici Invernali. I due leader hanno sorriso e applaudito, ma più che parlare di sport hanno approfittato del faccia a faccia per affinare le relazioni tra i rispettivi Paesi. E, a quanto pare, non solo dal punto di vista economico. La Cina ha strappato due ottime intese per acquistare gas e petrolio russo, ma la sensazione è che l’asse Mosca-Pechino sia stato corroborato da una qualche intesa geopolitica.
Sia chiaro: fino a prova contraria, anche se la Cina comprende le ragioni della Russia, in Ucraina Mosca sta operando in piena autonomia e per la propria sicurezza nazionale. È vero che gli Stati Uniti sono rivali di entrambi i Paesi e che tra russi e cinesi esiste una partnership generale che, tra gli altri, tocca anche il lato militare; ma è altrettanto vero che questa cooperazione non vale rispetto all’Ucraina, dato che Xi ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di appoggiare operazioni militari del genere.
Al contrario, è molto probabile che il blocco sino-russo stia cercando di imbrigliare Washington su due fronti. Il primo fronte non ha bisogno di troppe spiegazioni. È quello ucraino, con l’invasione russa che ha spinto Stati Uniti e Nato a prendere posizione. L’altro fronte caldo potrebbe presto apparire in Asia, precisamente nel Mar Cinese Meridionale, dove a tenere banco è la questione taiwanese.
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I due fronti di Washington
Sarà un caso, ma nello stesso giorno in cui Mosca ha forzato la mano sull’Ucraina, nove velivoli dell’Aeronautica militare cinese hanno varcato il limite sud-occidentale della Zona d’identificazione della difesa (Adiz) di Taiwan. Diversi analisti ritengono che la crisi in Europa orientale potrebbe agevolare Pechino nell’annessione di Taipei, con gli Stati Uniti distratti dalle vicende ucraine e non più focalizzati sull’Indo-Pacifico. Non sappiamo se tra Xi e Putin esista un tacito accordo per coordinare una manovra congiunta al fine di sorprendere Washington. Esistono tuttavia degli indizi che, almeno indirettamente, ci portano a pensare che, da qui ai prossimi mesi, Pechino e Mosca continueranno a spalleggiarsi a vicenda.
The Atlantic ha scritto che “l’invasione russa dell’Ucraina rende più reale la spaventosa possibilità che la Cina prenda il controllo dell’isola (Taiwan ndr)”, e questo non perché esista per forza un legame diretto “tra l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin e la minaccia di Taiwan da parte di Pechino”. Non solo: non è neppure detto che la Cina intenda conquistare Taipei puntando sulla forza bruta. Del resto Xi sa che l’ascesa della Cina è inevitabile e che, a differenza della Russia – potenza ormai in declino -, il tempo è dalla sua parte. Certo è che, prima o poi (entro il 2030, a giudicare dai recenti proclami del governo), il Dragone vorrà riannettere Taiwan. E la sponda russa non potrà che essere regalo gradito alla leadership cinese.