“In Russia picchiare mogli e figli non sarà più reato”. Questo è, in sintesi, la notizia che ha profondamente scosso l’opinione pubblica occidentale negli ultimi giorni. “La Duma – spiega l’Ansa – ha approvato in terza e ultima lettura un progetto di legge per depenalizzare i “maltrattamenti in famiglia” declassandoli a illecito amministrativo. Il disegno di legge – prosegue l’agenzia di stampa – è stato avanzato dopo che una sentenza della Corte suprema ha depenalizzato le percosse che non infliggono danni fisici ma non ha toccato il carattere penale delle percosse contro i propri familiari. 380 deputati russi si sono espressi a favore della proposta di legge e solo tre hanno votato contro”.
Senza un approfondimento ulteriore, parrebbe una normativa degna di una nazione “arretrata” sotto il profilo dei diritti umani e profondamente retrograda. Incomprensibile e persino “riprovevole” per le democrazie liberali occidentali. La realtà, tuttavia, è decisamente più complessa e il rischio di banalizzazioni e inopportune semplificazioni, su una tematica così delicata, è dietro l’angolo. Molti giornali, riprendendo questa notizia sono caduti in un tranello. Compresi noi de ilGiornale.it.
Cosa prevede la vecchia legge
L’attuale normativa russa, molto restrittiva, fa una netta distinzione tra i reati commessi all’interno del nucleo famigliare e quelli compiuti da persone esterne, generando una contraddizione legislativa che la Duma ha dovuto risolvere: nel concreto, chi alza le mani nei confronti di un membro dello stesso nucleo è punito con il carcere fino a due anni di reclusione. Questo, ad esempio, può valere per il genitore che punisce il proprio figlio con il classico schiaffo. Se lo stesso bambino viene invece percosso dal vicino di casa, la pena è paradossalmente inferiore e si limita ad una banale multa. Da qui la necessità di mettere in atto la “depenalizzazione” che ha fatto tanto discutere in queste ore.
Una depenalizzazione del reato?
Qualora la nuova normativa fosse approvata dal Senato e dal presidente Vladimir Putin, le percosse che non daranno luogo a danni fisici saranno punite con multe dai 5 mila ai 30 mila rubli e dalle 60 alle 120 ore di servizio presso la comunità. Questo avviene quando non vi è una recidività: inoltre, aggredire i parenti o recare danni fisici e lesioni ai membri della propria famiglia rimangono reati severamente puniti con il carcere, dai 3 mesi ai 2 anni dietro di detenzione. “Un padre prima poteva passare due anni in prigione anche solo per aver dato un banale schiaffo al proprio figlio – ha sottolineato la deputata Olga Batalina, sponsor del nuovo disegno di legge – mentre il vicino di casa, in una situazione analoga, avrebbe dovuto pagare solo una multa”.
Il deputato Andrey Isayev ha accusato i mass media di aver strumentalizzato la notizia: “”Ogni violenza che provoca anche il minimo danno fisico o viene commessa ripetutamente sarà punita secondo il codice penale, come è sempre stato. Qualora le vittime siano minorenni, donne incinte o i disabili, scatta l’aggravante e la punizione sarà piuttosto pesante” – ha ribadito il parlamentare di Russia Unita.
Russia e Italia a confronto: quali differenze?
Nel nostro Paese, dove la notizia ha suscitato un certo clamore e un acceso dibattito presso l’opinione pubblica, pochi tuttavia sembrano conoscere la normativa vigente. In Italia, il reato di percosse – che sottintende dunque una condotta non abituale – è perseguibile soltanto a querela della persona offesa ma l’arresto, il fermo e le misure cautelari non sono consentite. A partire dal 2 gennaio 2002, data di entrata in vigore dell’attuale normativa, il delitto è passato alla competenza del Giudice di pace, il quale applica la pena della sola multa da 258 a 2.582 euro, salvo non ricorrano circostanze aggravanti.
“L’abuso di mezzi di correzione”
Per quanto concerne i comportamenti illeciti si parla, nello specifico, di “abuso di mezzi di correzione“. L’articolo 571 del codice penale recita così: “Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi”. Gran parte dei giuristi ritengono che, nell’ambito delle relazioni familiari, con riferimento ai figli minori conviventi, in via eccezionale e in caso di necessità, si possa tollerare il ricorso al classico “schiaffo”, purché sia un gesto episodico e non rechi danni. A conti fatti non vi è dunque un’abissale differenza tra la normativa russa e quella italiana.