La Groenlandia, isola-continente che domina la geografia del Grande Nord, è destinata a risultare il centro focale delle future dinamiche politico-economiche dell’Artico, nuova frontiera della geopolitica mondiale contesa tra potenze di calibro planetario, come Stati Uniti, Cina e Russia, e attori di rilevanza locale, come Canada e Norvegia.
Dal 2009 la Groenlandia esercita l’autogoverno nel contesto del Regno di Danimarca, ma vive con la madrepatria un rapporto oltremodo controverso: da un lato, il sussidio annuo di 500 milioni di euro erogato dal governo di Copenaghen è vitale affinché la popolazione locale, costituita in larga misura da inuit e di poco superiore ai 55.000 abitanti, possa usufruire dei servizi vitali, dall’altro il governo di Nuuk ha molto spesso accarezzato l’idea del conseguimento della piena indipendenza e della ricerca di una via autonoma allo sviluppo attraverso lo sfruttamento delle immense ricchezze del sottosuolo groenlandese.
Le prospettive future della Groenlandia poggiano sull’estrazione delle risorse minerarie (uranio, zinco, ferro e altri minerali) e sullo sfruttamento di settori tuttora allo stadio embrionale, primo fra tutti il turismo. Per sviluppare queste opportunità, dal 2015 ad oggi Nuuk ha fatto profondo affidamento sulla Cina: Pechino ambisce a sviluppare sulle rotte settentrionali la “Nuova Via della Seta” e a giocare il ruolo di grande potenza artica, e per consolidare la sua strategia, che è complementare a quella definita dalla Russia, ha individuato nell’aumento dell’influenza politica ed economica su Nuuk un obiettivo fondamentale.
La Groenlandia guarda alla Cina
Come riporta The Diplomat, “la relazione tra le due nazioni è stata sinora di natura fortemente commerciale, cosa che può essere interpretata come un segnale dei tentativi di Nuuk di ampliare i suoi margini di sovranità […] Nell’ottobre 2017 il premier groenlandese Kim Kielsen, leader del partito dominante dell’isola, Siumut, ha guidato una delegazione a Pechino per rafforzare la cooperazione nei settori della pesca, dell’estrazione mineraria e nel turismo”.
La Cina sta investendo attivamente in quote dell’australiana Greenland Minerals and Energy, attiva nella ricerca di terre rare, possiede diritti di ricerca per potenziali miniere di ferro, considera la Groenlandia la sede più probabile per la sua seconda stazione di ricerca artica e investe in profusione nelle infrastrutture della terra nordica, in particolare sulla costruzione di tre aeroporti destinati tanto a cargo commerciali quanto a voli di linea turistici: del resto, i visitatori che si sono recati in Groenlandia dall’Impero di Mezzo sono cresciuti dai 9.500 del 2007 agli 86.000 del 2017.
L’uomo chiave sull’asse Nuuk-Pechino
Nel suo magistrale saggio-reportage Artico – La battaglia per il Grande Nord Marzio G. Mian ha inserito la cronaca dei suoi incontri con l’ex Ministro dell’Industria, del Commercio e degli Esteri del governo di Nuuk Vittus Quajaukitsoq, che ha dichiarato il suo netto appoggio alle politiche di radicale trasformazione del sistema economico dell’isola e del superamento del tradizionale stile di vita della popolazione sulla scia degli investimenti esteri.
“Tutto ha un prezzo, compresa la libertà”, ha dichiarato l’ex Ministro a Mian in riferimento ai costi, principalmente ambientali, che la Groenlandia dovrà affrontare per accrescere la sua competitività. Vittus Quajaukitsoq, ministro dal 2014 al 2017, è stato l’uomo che ha contribuito alla scoperta della Groenlandia da parte della Cina: ex membro del Siumut, ha lasciato il partito dopo un fallito tentativo di assalto alla leadership di Kielsen e ha fondato il movimento indipendentista Nunatta Qitornai (“Discendenti della nostra patria”) in vista delle elezioni che si terranno il 24 aprile.
Il voto è destinato a essere un testa a testa tra il Siumut e i socialdemocratici inuit guidati da Sara Olsvig: in ogni caso, la tendenza dominante sembra lasciar presagire che l’abbraccio tra Cina e Groenlandia sia destinato a stringersi sempre più e Nuuk, in futuro, potrà giocare il ruolo di perno della “Via della Seta” artica. Da territorio autonomo, oggi. Da nazione indipendente, forse, un domani.