La vicenda riguardante le armi italiane che finivano in mano ai Saud non è certo nata nelle ultime ore. La vera novità di questi giorni sta nel grottesco intreccio tra le vicende internazionali che hanno riguardato anche il nostro Paese e la crisi di governo attualmente in atto. Punto di convergenza di questi due binari, è dato dalla visita di Matteo Renzi in Arabia Saudita. Una circostanza che ha acceso i riflettori sui rapporti tra Roma e Riad, dando quindi anche molta rilevanza all’atto con il quale da questo giovedì dall’Italia non potranno partire armi con destinazione Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. 

Il caso nato nel 2017

Nel marzo del 2015 il nuovo sovrano saudita, Re Salman, decideva di avventurarsi in un’operazione militare nello Yemen. Qui Riad doveva sbarazzarsi delle milizie filo sciite, vicine all’Iran, degli Houti. Questi ultimi pochi mesi prima avevano conquistato la capitale Sana’a, circostanza inaccettabile agli occhi della dinastia saudita. Ha avuto così inizio una delle guerre più sanguinose degli ultimi anni. Lo Yemen è stato messo a ferro e fuoco, i raid nell’ultimo lustro si sono succeduti a ritmi quotidiani. Non solo molti civili sono morti tra le macerie, ma il blocco navale imposto nelle zone controllate dagli Houti e le difficoltà generate dal conflitto hanno causato vittime per fame e malattie. Una catastrofe umanitaria con pochi precedenti anche in una regione turbolenta come quella del medio oriente. Nel 2017 un reportage del New York Times tirava in ballo l’Italia. Dalla Sardegna, e in particolar modo dalla fabbrica della Rmw di Domusnovas, uscivano gli ordigni poi usati in buona parte per bombardare lo Yemen. Le bombe costruite sull’Isola, partivano alla volta dell’Arabia Saudita per essere utilizzate dall’aviazione di Riad.

Roma però non aveva un ruolo attivo nella vicenda: la Rmw appartiene alla multinazionale tedesca Rheinmetall, i contratti con i Saud non sono stati stipulati dalla Difesa italiana. Era questo il concetto dell’allora ministro della Difesa, Roberta Pinotti. In effetti la fabbrica sarda di armi altro non era che l’ultimo anello di una lunga catena: nel 2012 l’Arabia Saudita ha commissionato le armi alla statunitense Raytheon, la quale ha dato mandato a produrle alla sua filiale inglese, la Raytheon System, che a sua volta ha subappaltato parte della commessa alla tedesca Rheinmetall. Quest’ultima ha poi materialmente iniziato la produzione tramite l’azienda della Rmw di Domusnovas. L’autorizzazione tuttavia era italiana, per questo sono subito sorte non poche polemiche politiche soprattutto da parte grillina. Nel 2019, sulla scia di quanto fatto dal governo di Berlino dopo l’omicidio Kashoggi, è arrivata la prima sospensione dell’esportazione delle bombe prodotte in Sardegna verso l’Arabia Saudita. Un provvedimento valido fino al gennaio 2021. A dicembre una risoluzione volta a prolungare questa sospensione era stata presentata da Yana Chiara Ehm e Lia Quartapelle, rispettivamente del M5S e del Pd. Il 28 gennaio la scelta definitiva del governo: stop non solo alle armi prodotte a Domusnovas, ma anche a tutte quelle dirette verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Conte “insegue” Biden

La firma sul nuovo atto emesso dal ministero degli Esteri guidato da Luigi Di Maio, è arrivata a poche ore di distanza da uno dei primi veri importanti annunci trapelati dalla Casa Bianca da quando si è insediato Joe Biden. Da Washington hanno infatti fatto sapere che il nuovo presidente ha disposto la sospensione temporanea dell’esportazione di armi verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Un colpo molto duro alla strategia del predecessore Donald Trump, il quale ha concluso contratti sulle forniture di armamenti ai Saud per svariati miliardi di Dollari nel suo primo viaggio all’estero da capo dello Stato, nel maggio del 2017. La discontinuità con il tycoon newyorkese, celata ufficialmente dalla necessità di “riesaminare” le posizioni prese in politica estera negli ultimi quattro anni, è alla base della scelta di Biden.

Da Roma evidentemente si è voluto lanciare un segnale: fermando l’export verso Arabia Saudita ed Emirati, con un provvedimento sì figlio di un percorso politico iniziato due anni fa ma sostanzialmente molto simile a quello voluto dalla Casa Bianca appena poche ore prima, il governo italiano ha voluto dimostrare la propria disponibilità a seguire il nuovo corso statunitense. Per “Giuseppi“, chiamato così in suo tweet da Donald Trump, in tempo di crisi di governo e di ricerca della possibilità di formare una nuova maggioranza, è più che mai necessario mostrarsi vicino alla linea di Joe Biden.

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