Nel 1975, l’insediamento al potere in Cambogia del regime dei Khmer Rossi di Pol Pot aprì la strada ad una delle più tragiche esperienze del Novecento: i Khmer Rossi imposero al Paese un regno di terrore che continuò sino al 1979, dato che le campagne di annientamento contro i nemici del regime comunista, le catastrofiche conseguenze delle politiche del regime, prime fra tutte carestie e epidemie, e le ondate di repressione provocarono la morte di circa 1,5-2 milioni di cittadini cambogiani, pari a oltre il 20% del totale degli abitanti prima dell’ascesa di Pol Pot.
In prima fila nel sostegno alla “Kampuchea Democratica”, l’entità statale creata dai Khmer Rossi, vi era la Cina che conosceva il crepuscolo dell’era maoista e vedeva nel controllo della Cambogia un contrappeso all’alleanza tra il Vietnam e l’Unione Sovietica che l’aveva portata a un indebolimento sul versante asiatico della sfida interna al campo socialista. Quando il Vietnam, dopo aver invaso la Cambogia nel 1978 e rovesciato il regime dei Khmer Rossi, impose al Paese un regime fantoccio al cui interno si distinse ben presto la figura del giovane Ministro degli Esteri Hun Sen.
Hun Sen divenne Primo Ministro nel 1985, a soli 33 anni, e da allora non ha più lasciato la carica di capo del governo della Cambogia, traghettandola oltre la dipendenza da Hanoi e centralizzando il suo potere grazie alla ferma presa sugli apparati politici e militari. Un’ironia della storia ha voluto che Hun Sen, salito al potere dopo la fine del tragico regime dei Khmer Rossi sostenuti dalla Cina, abbia finito per individuare proprio nella Cina il Paese che potrebbe determinare i futuri sviluppi della Cambogia e ritenerla un alleato indispensabile.
In Cambogia si riscrive la storia e si prepara la partnership politica con Pechino
Alex Willemyns ha scritto su The Diplomat della strategia di ricostruzione a posteriori del recente passato della Cambogia operata dal regime del Partito del Popolo Cambogiano, che è arrivato a ignorare il sostegno della Cina maoista a Pol Pot e ai suoi uomini nella loro corsa al potere. Certo, la Cina di Xi Jinping che offre a Phnom Penh il ruolo di partner strategico nella regione è ben diversa da quella che, quarant’anni fa, viveva il crepuscolo dell’era del Grande Timoniere, ma in ogni caso Hun Sen mira, in primo luogo, a cancellare il ricordo del suo storico pregiudizio nei confronti di Pechino.
Il leader cambogiano ha mostrato il suo interesse per le iniziative cinesi nella regione recandosi a Pechino dal 30 novembre al 3 dicembre 2017 per presenziare al vertice in cui il governo Xi Jinping ha presentato al mondo il nuovo corso del “socialismo con caratteristiche cinesi” e sviluppare congiuntamente con Pechino i nuovi progetti infrastrutturali indicati dall’assistente di Hun Sen, Sry Thamrong: nuovi ponti sul Mekong, nuove strade, nuove ferrovie.
Gli investimenti cinesi in Cambogia
Il Primo Ministro Li Keqiang, emissario commerciale numero uno del governo di Pechino, dopo aver siglato importanti partnership con le Filippine e i Paesi dell’Europa Orientale ha giocato nuovamente il ruolo di stratega commerciale della Repubblica Popolare nel corso della sua visita a Phnom Penh del 10-11 gennaio scorsi.
Li Keqiang e Hun Sen hanno siglato 19 accordi commerciali volti a garantire investimenti cinesi finalizzati all’integrazione della Cambogia nel dispositivo della “Nuova Via della Seta”: in particolare, come segnala il South China Morning Post, la Cina investirà 2 miliardi di dollari nello sviluppo di una lunga autostrada di 200 km dalla capitale a Sihanoukville, nella costruzione di un nuovo aeroporto a Phnom Penh e nella rete di telecomunicazioni del Paese.
Dal 2011 al 2015 la Cina ha investito in Cambogia oltre 5 miliardi di dollari e si prepara a eguagliare tale risultato nel quinquennio 2015-2020: il Paese risulta strategicamente importante per lo sviluppo dell’arteria meridionale della “Nuova Via della Seta” e per permettere all’influenza di Pechino di penetrare nell’area del Sud-Est asiatico, dove le Filippine e Singapore stanno già progressivamente avvicinandosi alla Cina.
Al tempo stesso, la Cambogia punta completamente sulla Cina per il suo futuro sviluppo: il regime di Hun Sen punta a garantirsi la sopravvivenza scommettendo sul successo della “Nuova Via della Seta”, ma certamente per un miglioramento dello sviluppo nazionale dovrà fare molto di più. La Cambogia, infatti, con un PIL pro capite di 1.300 dollari è tra i Paesi più poveri dell’Asia, e non sarà solo il flusso massiccio di capitali cinesi a garantire slancio a un sistema economico fragilissimo, guidato da un’autorità politica sempre più invasiva.