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A oltre quattro mesi dall’insediamento, il governo di Mario Draghi ha definito una linea chiara e attiva in termini di posizionamento internazionale del sistema-Paese che dà una decisa conferma alla tesi di chi riteneva semplicistico ridurre a un mero canone economicistico le motivazioni della sua chiamata al governo da parte di Sergio Mattarella. L’economia, soprattutto a mezzo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienzaè stato solo un medium nel quadro di un progetto più ampio che ha voluto ristabilire direttrici chiare e precise del posizionamento internazionale del Paese, del funzionamento dello Stato, delle priorità politiche sotto la guida e la direzione del premier.

Draghi, mese dopo mese, saldando le sue politiche a quelle dell’asse atlantico e rilanciando un sostanziale gradiente di protagonismo del Paese nel contesto europeo, si è mosso all’interno di due triangoli ben precisi per definire la sua azione. Da un lato, un triangolo “geopolitico”: Usa, Francia, Germania. I tre partner chiave per il sistema-Paese in campo geopolitico e nel contesto comunitario, le potenze di riferimento e le fonti massime di condizionamento dell’azione dell’esecutivo. Tra Parigi, divenuto partner sistemico nella lotta al rigore e con cui Draghi intende armonizzare competizione e cooperazioneBerlino, nazione centrale nell’Unione negli ultimi mesi al potere di Angela Merkel, e Washington, di cui l’ex governatore della Bce è diventato il punto di riferimento in Europa, l’esecutivo di unità nazionale ha costruito con una linea realista la sua strategia sulla scala globale. Con l’obiettivo di riportare Roma a contare lì dove serve.

Vi è, poi, un triangolo “operativo”. Ovvero la risultante delle interazioni tra il governo, le sue strategie e i condizionamenti concreti e politici che ne influenzano l’azione. Frontiera e limite al tempo stesso dell’azione di Draghi, che alla luce di tali condizionamenti e cercando di anticipare le aspettative si muove. Il primo punto di questo triangolo è lo Stato e il suo rilancio in termini pratici e strategici. La procedura delle nomine alle partecipate pubbliche, nelle ultime settimane, ha rimesso fortemente in campo il sistema incentrato sulle burocrazie strategiche come il ministero del Tesoro e la Banca d’Italia. Centrali di elaborazione delle strategie per la scrematura dei nomi e dei profili gestionali.

Fortemente collegato a questo secondo punto è il tema delle riforme promosse dal governo per incentivare la competitività del sistema-Paese Italia. Dallo snellimento della pubblica amministrazione all’efficientamento delle procedure per l’avvio di cantieri e opere pubbliche, il governo Draghi sta agendo nell’ottica di un crescente coinvolgimento dell’apparato burocratico con l’obiettivo di rendere il Paese maggiormente appetibile per gli investitori e la creazione di posti di lavoro e opportunità di business. Nella consapevolezza che, presente per gli anni a venire lo schermo della Banca centrale europea sui titoli di Stato sarà su queste determinanti che si giocherà la competitività tra Paesi in Europa.

Infine, vi è collegata proprio a questa tematica la valenza strategica della “human diplomacy” di cui Draghi si è fatto artefice e autore. Il premier ha portato nel governo un consolidato bagaglio di esperienze personali, di contatti e di rapporti unitamente a un solido credito di fiducia nel contesto internazionale. Non è un caso il fatto che Draghi sia ad oggi l’unico capo di Stato o di governo al mondo ad essere stato in precedenza governatore di banca centrale, nel suo caso Bankitalia e la Bce. E in una fase in cui l’offerta di moneta ad opera degli istituti centrali di tutto il mondo sta diventando un fattore decisivo per la stabilizzazione delle economie colpite dalla pandemia, la capacità di leggere politicamente questi trend e costruire attorno ad essi una risposta sistemica acquisisce ulteriore valore. La svolta keynesiana e il vento di superamento dell’austerità proveniente dagli Usa e dominante anche in Europa di cui Draghi si fa interprete sono mediati proprio dall’azione degli istituti centrali a cui al governo spetta dare applicazione concreta e di medio-lungo periodo.

Questi i due tavoli di gioco su cui l’esecutivo si muove: in una fase del genere, difficile immaginare strappi radicali e svolte improvvide. Il mantra del rimettere ordine nello Stato, nelle sue priorità, nelle sue dinamiche, nella sua visione strategica domina costantemente l’agenda Draghi. Un’agenda che nei due triangoli precedentemente descritti ha il suo perimetro di riferimento e, al contempo, può dispiegarsi con pragmatismo e realismo per rilanciare il Paese dopo la pandemia.

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