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Un’ambasciata italiana in Afghanistan ma con base in Qatar. È questa l’ipotesi che circola alla Farnesina e che è stata confermata dal ministro Luigi Di Maio in visita in Uzbekistan. Per il ministro, a Kabul mancano le “condizioni di sicurezza” per riaprire l’ambasciata. Più facile farlo a Doha, diventata in queste settimane la capitale diplomatica dell’Afghanistan. Sede della delegazione politica talebana, sede dei colloqui con gli Stati Uniti e luogo di approdo temporaneo delle ambasciate che hanno abbandonato Kabul, il Qatar è oggi una sorta di “hub” da cui passa il futuro dell’Asia centrale. Un “Grande Gioco”, per citare l’ormai nota locuzione resa nota da Rudyard Kipling, che a questo assume anche un lato mediorientale, tra petromonarchie e nuovi centri del potere.

Sulla scelta dell’Italia pesano diversi elementi. Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per la politica estera, ha parlato di una delegazione dell’Unione a Kabul. Una presenza “coordinata dal Servizio europeo di sicurezza” che però dipende anche in questo caso dalle condizioni in termini di protezione e sicurezza che possono essere garantite dai talebani. L’impressione, in ogni caso, è che prima di avere scelte unilaterali degli Stati membri, Bruxelles abbia deciso di muoversi a ranghi più o meno compatti cercando di evitare fughe in avanti. Soprattutto per manifestare unità d’intenti dopo il disastro di immagine causato dalla confusionaria ritirata occidentale da Kabul.

In assenza di delegazioni europee e degli Stati Uniti, l’Italia prova così a giocare la partita sul fronte dell’Asia centrale e del Golfo Persico.  E non è un caso che l’ipotesi Doha prenda piede proprio durante il tour di Di Maio in Asia centrale, Pakistan e Qatar.

Il giro di capitali serve a inviare un duplice segnale. Gli incontri confermano la volontà del governo italiano di cercare appoggi anche in vista del G20 straordinario auspicato da Mario Draghi. L’idea del presidente del Consiglio era quella di organizzare – nel periodo di presidenza italiana – una riunione che avesse come focus principale proprio la crisi afghana. Ma le tempistiche non sembrano così rapide e incontrare gli attori dell’area, in particolare Islamabad, potrebbe sbloccare qualcosa anche grazie ai legami ben noti tra lo Stato pakistano e i gruppi talebani al potere nel nuovo Emirato. Una mossa che potrebbe servire anche all’Unione europea, dal momento che per adesso si prova a trovare un’intesa su cosa fare con l’Afghanistan nella nuova veste di emirato a guida talebana. Se l’Ue non riesce a parlare a una sola voce, la speranza di Bruxelles si poggia sulle capacità diplomatiche dei singoli governi.

Altro elemento, il tema Qatar. Questione fondamentale anche per capire da che posizione parte l’Italia. La scelta di Doha, soprattutto per i recenti attriti tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, potrebbe aiutare Roma, a conferma dei solidi legami con il Paese degli Al Thani. Rapporti che passano non solo dagli interessi economici, ma anche da quelli strategici. La Marina qatariota è uno dei principali partner commerciali dell’industria militare italiana, l’emirato condivide con Italia e Turchia interessi molto radicati in Libia. C’è il tema del gas, di cui l’Italia è acquirente. E a tutto questo si aggiunge una serie di rapporti di tipo finanziario e industriale che legano i fondi qatarioti al Patrio Stivale. Elementi che non possono certo essere sottovalutati nella ricostruzione di una rete diplomatica sovvertita dalla caduta dell’Afghanistan in mano agli “studenti coranici”.

Infine, il nodo politico. Internazionale ma non solo. Per qualsiasi Paese, in questo momento, aprire un’ambasciata a Kabul non è solo pericoloso a livello di sicurezza del territorio, ma anche un passaggio molto delicato sotto il profilo politico. Aprire una sede consolare nella capitale dell’Emirato talebano equivarrebbe a un riconoscimento che nessuno, in questo momento, si sente di dare. Solo alcuni Stati hanno scelto di rimanere a Kabul dopo il cambio di regime, ma le cancellerie del mondo sono apparse tutte molto titubanti su come relazionarsi con i mullah. L’obiettivo ora è quello di trovare una piattaforma di dialogo per salvare chi è rimasto nel Paese ed evitare di abbandonare un territorio centrale negli equilibri regionali e che, se “concesso” ad altre potenze, rischia di essere una spada di Damocle anche sull’Europa. Riaprire l’ambasciata a Doha indica che si parla con Kabul, ma non come prima. Messaggio che il governo può dare ai suoi partner internazionali ma anche alla propria maggioranza: si attende l’Europa, non si riconoscono subito i talebani ma il meccanismo diplomatico deve ripartire prima che siano altri a fare le nostre veci.

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