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Da dove nasce questa chiusura totale a ogni ipotesi di accoglienza ai profughi islamici, questa assoluta e “scorretta” opposizione delle società del cosiddetto gruppo di Visegrad,Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca, al multiculturalismo? Secondo Milan Ni, analista dell’Istituto per la politica centro-europea che ha sede a Bratislava e una delle voci più critiche alla “svolta reazionaria” nella regione, si tratta prima di tutto di diversità psicologica: “Questi Paesi non accettano neanche l’idea di vedere carnagioni scure in giro perché non hanno senso di colpa… Diversamente da diverse società occidentali alle prese con immigrazione ed emergenza terrorismo islamista, in questa parte d’Europa non esiste un passato coloniale da cui emanciparsi… La gente dice: noi non abbiamo mai avuto a che fare con quei Paesi da cui ora arrivano i profughi, non abbiamo nessun obbligo di risarcimento nei loro confronti, siamo liberi di ritenere sgraditi individui che non abbiano la nostra religione, cultura, carnagione… La difesa dell’omogeneità etnica non appare anacronistica e razzista. Non importa il colore del governo, l’unica ideologia in Centro Europa ora è essere in sintonia con la propria comunità, farla sentire al caldo, sicura, in famiglia”.Se lo scopo “tecnico” iniziale del Gruppo di Visegrad era l’adesione all’Unione Europea e alla Nato, ora si è trovato “il collante politico, la causa comune: la chiusura all’immigrazione islamica”, dice Radko Hokovsky, direttore di Valori Europei, think tank con sede a Praga. “Su questo sono pronti a rompere il patto europeo”, afferma. “E non si tratta di xenofobia, anche se è un fenomeno in grande crescita soprattutto tra i giovani. In questi Paesi sono stati accolti ucraini e vietnamiti, migliaia di rifugiati dalle guerre balcaniche. Qui c’è il rifiuto di ospitare specificatamente musulmani dal Medio Oriente e dall’Africa perché si è constatato il fallimento di integrazione nell’Europa Occidentale. Vedono alla televisione cosa accade nei ghetti metropolitani, come i ragazzi nati in Europa si fanno saltare in aria nelle metropolitane europee. Sono terrorizzati dalle possibili conseguenze. Non escludo che questa posizione intransigente possa portare questi Paesi all’uscita dall’Ue nel prossimo futuro”.Mentre nei sondaggi la fiducia nelle istituzioni europee precipita, resta però il fatto che i Paesi del gruppo di Visegrad “dipendono ancora molto dai fondi Ue, solo in Ungheria rappresentano il 6 per cento del Pil”. Posizioni che tuttavia pagano elettoralmente. E rafforzano le destre estreme: “Alla fine non è una questione di posti di lavoro o della difficoltà economica a reggere un’eventuale ondata di profughi”, ha detto Kenneth Roth, direttore di Human Rights Watch, “la questione è che si tratta di musulmani e queste società uscite dall’ateismo di Stato comunista sono un blocco religiosamente omogeneo. Nessun politico che abbia ambizioni di potere può ignorare questa realtà e quindi è condannato a non seguire la linea mainstream europea pro immigrazione”. C’è poi una lunga storia di vittimizzazione. “Noi siamo quelli che si ritengono di essere sempre stati vittime di ingiustizie, quelli che hanno sofferto più di chiunque altro al mondo”, dice Csaba Szaló, professore di sociologia all’università Masarvk di Brno. «E ora c’è qualcuno che ci soffia lo status… La gente ritiene difficile accettare che vi sia qualcuno che soffra più di noi”.Marzio G. Mian