La Corea del Nord non ha fermato né il suo programma nucleare né quello missilistico. È questa l’accusa lanciata nell’ultimo rapporto sul Paese asiatico commissionato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un rapporto firmato da analisti indipendenti che arriva a poche ore dai dubbi esposti dell’intelligence degli Stati Uniti sui piani bellici di Pyongyang.

C’è chi accusa la Corea del Nord di continuare ad arricchire l’uranio. Chi, invece, ritiene abbia sviluppato un nuovo missile balistico violando le sanzioni imposte dalla comunità internazionale. E in questi ultimi giorni, dopo il periodo di distensione aperto con il vertice di Singapore, sembra che la fiducia e le certezze di qualche settimana fa abbiano lasciato di nuovo il posto a dubbi ed accuse che riportano le lancette dell’orologio indietro nel tempo.





Le accuse contenute nel rapporto

“La Corea del Nord non ha fermato i suoi programmi nucleari e missilistici e continua a sfidare le risoluzioni del Consiglio di attraverso un massiccio incremento di trasferimenti da nave a nave di prodotti petroliferi, come di carbone nel 2018″. Questa è una delle accuse più importanti che si possono leggere nel rapporto Onu.

Ma c’è dell’altro. Il rapporto segnala violazioni al divieto sulle esportazione di carbone ,di ferro e di altre merci imposte dalle sanzioni del Consiglio di Sicurezza. Oltre a questo divieto, vi sarebbe anche l’accusa contro Pyongyang di aver “tentato di fornire un piccolo armamento e armi leggere, oltre che altri equipaggiamenti militari” a Libia, Yemen e Sudan. Tutti quanti con al centro la figura di un trafficante d’armi siriano, Hussein al Ali. Grazie alla mediazione di Hussein al Ali, Kim avrebbe raggiunto un accordo per la vendita di armi fabbricate in Corea del Nord anche ai ribelli Houthi durante un incontro a Damasco.

E arrivano anche le accuse ad altri Paesi asiatici, a cominciare dalla Cina e dall’India, ma anche alla Russia. Ieri, il Dipartimento del Tesoro americano ha annunciato l’imposizione di nuove sanzioni contro una banca russa, la Agrosoyuz Commercial Bank, accusata di aver compiuto “attività finanziarie illegali” per la Corea del Nord tramite un nordcoreano, Han Jang Su, che il Tesoro Usa ritiene essere il rappresentante della Foreign Trade Bank a Mosca.

Inserire il rapporto in un quadro più ampio

Come in ogni episodio di tensione fra Corea e Stati Uniti, è però importante inserire questi eventi in uno scacchiere più grande. Prendere la Corea del Nord singolarmente rischia di essere non inutile, ma certamente parziale. I rapporti fra Washington e Pyongyang sono infatti una parte di un grande gioco asiatico. E non si può considerare la discussione fra Kim Jong-un e Donald Trump nell’ambito di un contesto più esteso.

Nessuno poteva credere che la Corea del Nord avrebbe smantellato il suo programma nucleare nel giro di pochi giorni. Né era possibile credere che Kim potesse mostrare una piena abdicazione istantanea nei confronti di un nemico storico. I leader nordcoreano ha una credibilità interna che si fonda anche sulle capacità di essere considerato un uomo che non si piega. E deve tenere a bada le fondamentali componenti conservatrici e belliciste rappresentate dalle alte schiere militari.

Un Paese che si fonda sul nucleare non può certo quindi rinunciare a questo elemento-chiave del suo sistema. E se lo fa, non può farlo in breve tempo. Si tratta di riconvertire un Paese. Questo è evidente anche agli Stati Uniti. I viaggi di Mike Pompeo a Pyongyang sono stati numerosi ed è evidente che l’ex capo della Cia sia pienamente al corrente di tutto quanto avviene in Corea del Nord.

Pertanto, quando arrivano accuse nei confronti di Kim e del suo governo, non si deve tanto pensare al contenuto del singolo rapporto, ma alla sua tempistica. Perché certi dati possono e devono uscire quando qualcuno decide che questi debbano essere resi pubblici.

Le tempistiche che riguardano l’Asia

Questo rapporto delle Nazioni Unite arriva in un momento molto complesso delle relazioni asiatiche e dell’Asia con l’America. La sfida dei dazi fra Cina e Stati Uniti, vero nodo dei rapporti fra Pechino e Washington, si arricchisce di nuove tensioni. E questo comporta un inasprimento degli Stati Uniti verso il “feudo” cinese della penisola coreana. Xi Jinping considera Kim uno scomodo alleato, che le sanzioni rendono ancora più difficile da gestire.

C’è poi il trema Iran da non sottovalutare. Mostrarsi duri con Pyongyang dopo il vertice di Singapore significa inviare a Teheran un messaggio molto chiaro. Nel momento in cui il Golfo Persico ribolle e le ali più radicali del Paese degli Ayatollah vorrebbero una ripresa dell’arricchimento dell’uranio, far vedere che la Corea del Nord è sempre nel mirino, nonostante la distensione, è un modo di Trump per mostrarsi sempre in grado di cambiare postura.

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