La campagna elettorale per le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America verrà ricordata senza dubbio come una delle più “pazze” di sempre. Un po’ come weirdo, per usare un termine caro agli anglofoni, risultano i due candidati che a novembre si contenderanno lo scranno più scottante del pianeta, nella stanza ovale. Lo spettacolo che i discorsi di Hillary Clinton e Donald Trump offrono in giro per gli Stati Uniti va spesso troppo al di là del mero dibattito politico, poco focalizzato sui contenuti e la qualità dei programmi, troppo presi dalla necessità di colpire il rivale sul piano strettamente personale e privato; un’americanata, insomma.Proprio nel momento in cui forse Trump avrebbe iniziato a fare sul serio, presentando a Detroit il suo maxi piano economico e la sua rivoluzione fiscale, a sua detta, la più grande dai tempi di Ronald Reagan (https://www.donaldjtrump.com/press-releases/an-america-first-economic-plan-winning-the-global-competition). Agevolazioni fiscali a imprese, stangata per la finanza di Wall Street, deduzioni sugli asili nido per le famiglie americane. L’America sociale di The Donald sembra non avere posto nel programma di Hillary, che accusa il rivale di provocare una recessione nel Paese e di far esplodere così il debito pubblico nazionale entro i prossimi dieci anni. Alla stampa, tuttavia, tutto ciò interessa in maniera assai marginale, perché le colpe del magnate newyorkese sarebbero ben altre. Molte famose testate americane, dal New York Times a Vanity Fair, si sono lanciati in una serie di invettive contro Trump, accusandolo di essere “semplicemente pazzo” o, come il famoso fisico Stephen Hawking lo ha definito, “un demagogo il cui successo è inspiegabile”.Dall’altro lato la situazione non è certamente più florida, con una serie di portali schierati con il candidato repubblicano, che però rilanciano sulle allarmanti condizioni della salute mentale di Hillary Clinton: se ne sono accorti un po’ tutti, tra i detrattori più o meno velati del candidato democratico, di una sua palese difficoltà nel salire la scalinata di una palazzina, sorretta da alcuni membri del suo staff. Alcune azioni e parole riportate nei video di alcuni discorsi, una commozione cerebrale causata da una brutta caduta nel 2012, avrebbero lasciato dei segni indelebili nella salute mentale di Hillary Clinton, che non sarebbe, secondo alcuni esperti, in grado di portare avanti una carriera come presidente degli Stati Uniti.Al di là di supposizioni più o meno certe sulla condizione di salute dell’ex Segretario di Stato, probabilmente poco si è parlato dell’impiccagione dello scienziato nucleare iraniano, Shahram Amiri, condannato per tradimento da parte delle corti iraniane per aver trasmesso delle informazioni classificate agli Stati Uniti circa l’avanzamento del programma nucleare iraniano. Secondo quanto asserito dal senatore Tom Cotton, il nome dello scienziato compare in alcune email trovate nel server privato della Clinton, esattamente nove giorni prima che il fisico facesse ritorno in patria dopo essere scomparso durante un pellegrinaggio in Arabia Saudita ed essere stato assistito dall’ambasciata pakistana negli Stati Uniti. Altrettanto dicasi per i 400 milioni di dollari che l’amministrazione Obama avrebbe versato al governo di Teheran per la liberazione di alcuni ostaggi americani nel paese; secondo Trump, le trattative per tale pagamento furono avviate dalla Clinton quando questa era in carica nello staff presidenziale di Barack Obama, sebbene in un’intervista successiva Hillary abbia sostenuto che si trattasse di indennizzi per contratti economici risalenti ai tempi dello Shah.Qualcuno potrebbe malignamente (forse anche a ragione) azzardare che la campagna elettorale del candidato democratico debba pagare tributo alla stampa internazionale, che tende ad evidenziare le infelici espressioni di The Donald e insabbiare gli affaire politicamente rilevanti della Clinton, e poco importa chi dei due possa definirsi clinicamente pazzo. La campagna elettorale si esaurisce a colpi di titoli da glossy magazines, mentre i cittadini americani attendono ancora che qualcuno si preoccupi del loro benessere.
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