“Italy Did it!”. Una buona fetta della destra trumpiana Usa è convinta che l’Italia sia al centro di una grande cospirazione ai danni del presidente Donald Trump. No, non parliamo della controinchiesta sul Russiagate alla quale sta lavorando il procuratore John Durham ma di una teoria piuttosto bizzarra che – per quello che ne sappiamo – non ha alcun riscontro ufficiale né verificabile.
Le accuse si moltiplicano
Come riporta La Stampa, l’ItalyGate è stato diffuso dalla lobbista filo Trump Maria Strollo Zack, leader dell’organizzazione a sostegno delle famiglie “Nations in Action”, e dall’ex agente della Cia Bradley Johnson. Secondo loro, quando Obama aveva ospitato l’allora premier Matteo Renzi per l’ultima cena di stato nell’ottobre del 2016, i due avrebbero ordito il complotto.
L’idea era truccare il conteggio dei voti, usando la compagnia Dominion che doveva contarli. L’operazione sarebbe stata gestita dal funzionario dell’ambasciata americana a Roma Stefano Serafini, con l’aiuto del generale Claudio Graziano. L’attuale presidente dell’European Union Military Committee, in quanto membro del consiglio di amministrazione di Leonardo, avrebbe messo a disposizione un satellite della compagnia italiana, proprio per sottrarre i voti a Donald Trump e darli a Joe Biden. Accuse che l’azienda italiana ha evitato di commentare per non alimentare le teorie più fantasiose del web.
Sui social media circola anche una presunta dichiarazione giurata del professor Alfio D’Urso circa il ruolo di Leonardo e dove si sostiene, senza portare alcuna prova a sostegno della tesi, che un tal Arturo D’Elia sarebbe il responsabile della vittoria di Biden, poiché sarebbe il tecnico che ha hackerato il satellite Leonardo per manipolare il voto.
E nel frattempo, veicolando queste ipotesi, spopolano gli hashtag twitter #italydidit e #contecomeclean: quest’ultimo per “avvertire” Conte affinché “confessi”. Databaseitalia. It, il sito da cui sono tratte molte di queste accuse, ha poi attaccato Renzi (che ha già annunciato di querelare il sito) ma anche il premier italiano che, definito dal sito “Conte-Giuseppi”, non avrebbe fatto nulla in suo potere per fermare i presunti brogli.
Le accuse dell’ex Cia contro l’Italia
Il tutto, insomma, sarebbe passato dalla Capitale. Come riportato da IlGiornale.it nei giorni scorsi, secondo l’ex agente della Cia Braldey Johnson il luogo dove si sarebbe compiuto il misfatto è la già citata ambasciata americana a Roma, in via Veneto (per la verità già al centro delle cronache del Russiagate-Spygate). Secondo la versione di Bradley Johnson, un gruppo d’assalto delle forze speciali dell’esercito americano avrebbe dato vita ad un vero e proprio blitz nel tentativo di recuperare i server che custodiscono la prova inconfutabile dell’hackeraggio: dati hackerati da Francoforte, in Germania, che poi sarebbero stati trasmessi a Roma, proprio all’ambasciata americana di via Veneto.
Come illustrato lo scorso 2 dicembre da InsideOver, l’accusa contro il nostro Paese era stata avanzata dal team legale di Donald Trump, secondo cui anche Roma sarebbe potenzialmente coinvolta nei presunti brogli denunciati dal partito repubblicano che avrebbero consentito a Joe Biden di vincere le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
“Coinvolto” anche il Vaticano
Nella vicenda, sempre secondo le teorie degli ultrà trumpiani, sarebbe coinvolto anche il Vaticano. Secondo l’Huffpost, infatti, le accuse – su cui sta indagando anche l’Aise – riguardano anche un presunto imponente finanziamento (400 milioni) che sarebbe stato usato per l’operazione e soprattutto la “copertura” di alti prelati del Vaticano, anche grazie alla sempre presunta loro “influenza” sull’azienda della difesa italiana.
UsaToday si è occupata del caso con un articolo fact-check, stabilendo che l’accusa non ha alcun riscontro oggettivo. “Sulla base della nostra ricerca – scrive la nota testata americana – l’affermazione secondo cui i voti sono stati trasferiti da Trump a Biden presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma è falsa”.
In effetti, la teoria che vede coinvolto il nostro Paese solleva un’enorme quantità di dubbi e rientra in una logica di moltiplicazione delle notizie veicolate da alcuni profili social per aumentare le informazioni discordanti sull’America.
Ma, attenzione, queste ipotesi sul presunto complotto anti Trump ordito dall’Italia non vanno assolutamente confuse con la vicenda Russiagate/Spygate rispetto alla quale si attendono novità da parte del procuratore John Durham. Sono due questioni totalmente diverse: una è un’idea nata da alcune frange più radicali del mondo trumpiano; l’altra è un’inchiesta ufficiale su cui indagano funzionari di altissimo livello dell’apparato americano. La sovrapposizione di queste due tipologie di accuse diventa pertanto rischiosa, e si rischia di cadere in un clamoroso errore.