Il critico momento di disordine civile attraversato dal Kazakhstan negli ultimi tempi è culminato domenica scorsa in un attacco ad una unità militare e a due armerie perpetrato da un gruppo di attivisti sconosciuto, più tardi inquadrato come seguaci di un gruppo religioso fondamentalista di matrice islamica, che ha messo sotto scacco la città di Aktobe, nell’Ovest del Paese, causando l’immediata interruzione delle manifestazioni e dei trasporti pubblici.Come riferisce l’agenzia di stampa VestiKavkaza riportando le parole del portavoce del Ministero degli Interni Almas Sadubaev, le operazioni militari per contrastare l’attacco hanno portato all’uccisione di 13 estremisti e altre 10 persone sono rimaste ferite; ha proseguito inoltre confermando il livello di allerta terrorismo a “rosso” ad Aktobe, mentre si ferma a giallo nel resto del Paese.In realtà è da diversi giorni che in alcune delle principali città del grande Stato dell’Asia Centrale proseguono le proteste contro il governo centrale di Astana, reo di aver approvato lo scorso dicembre una riforma al codice di leggi che regolamenta la compravendita e la locazione delle terre indirizzate alla coltivazione.Questa Land reform, come è stata definita, entrerà in vigore a partire dal prossimo mese di luglio e, così come concepita, prevede la possibilità per gli investitori stranieri di prolungare la durata della locazione delle proprietà fondiarie da 10 a 25 anni, aumentando esponenzialmente la permanenza di questi ultimi nelle sconfinate steppe del Paese.Le sollevazioni popolari, verificatesi nelle principali città del Paese, tra cui Astana, Almaty, Aktobe e Uralsk, sono scaturite da una preoccupazione diffusa dell’incremento incondizionato della componente d’investimento cinese in Asia Centrale, dal momento che dai primi accordi instaurati a partire dal 1996 le relazioni economiche tra Kazakhstan e Cina sono cresciute esponenzialmente, coinvolgendo soprattutto l’industria dell’estrazione e del trasporto di idrocarburi nella Repubblica Popolare, di cui oggi Astana è il primo fornitore. Il Presidente Nursultan Nazarbayev, così come riportato dai corrispondenti locali della Bbc, ha asserito che speculazioni politiche circa la svendita del Paese agli investitori stranieri sono infondate, e che coloro che sostengono tali ipotesi debbano essere duramente perseguiti a termini di legge. I cittadini diffidano veementemente delle parole del Capo dello Stato, visto il costante disinteresse manifestato dalle istituzioni nei confronti di un’economia che ha subito gli effetti negativi del crollo dei prezzi del petrolio, primaria fonte di reddito del Kazakhstan.La faccenda interessante emersa nelle ultime ore della giornata di lunedì 6 giugno riguardano le indagini condotte dal Ministero degli Affari Interni di Astana e dai servizi segreti locali: l’agenzia di stampa locale KazInform riferisce delle accuse a carico del ricco uomo d’affari Tokhtar Tuleshov da parte del servizio di sicurezza nazionale kazako, il KNB, secondo il quale l’uomo stesse ordendo un colpo di stato per rovesciare il governo del Paese. Tuleshov, detenuto da gennaio con accuse di traffico di droga e affini, sarebbe dunque coinvolto nella pianificazione e nel finanziamento di alcune proteste e focolai di tensione, finalizzate ad una violenta appropriazione del potere e alla creazione di una “alternativa di governo” che fosse stata in grado di sedare queste riottosità popolari.Molti dei canali mediatici dell’area sostengono l’ambigua posizione di Tuleshov in ambito politico ed economico: sebbene i suoi asset locali fossero cospicui – possedeva la Shykment Pivo, il più grande birrificio del Paese prima dell’alienazione forzata di quest’ultima, e una casa di produzione cinematografica -, gli si attribuiscono degli intensi contatti con il mondo economico e politico russo – che possano aver sponsorizzato le azioni del magnate kazako -, oltre che la potestà del CATU, il Centro di Analisi delle minacce terroristiche, uno dei principali think tank locali, il lingua russa, direttamente finanziato dal Cremlino, nel quale si parla principalmente delle crisi politiche e militari dell’area e del ruolo di Mosca nella lotta al terrorismo internazionale. Per tale ragione la reazione delle alte sfere della politica russa nei confronti dell’allarme terroristico nel confinante Kazakhstan è stata a dir poco gelida: il portavoce dell’Amministrazione presidenziale, Dmitry Peskov, ha dichiarato a RIA Novosti che ciò che è successo ad Aktobe è un affare di politica interna del Kazakhstan, e che dunque le forze di sicurezza locali saranno in grado di condurre le operazioni nel migliore dei modi.
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