Ahmed Maitig è l’uomo dell’Italia in Libia, o così almeno è stato fino a qualche mese fa. Lui, vicepresidente del consiglio presidenziale libico e dunque numero 2 di Fayez Al Sarraj, è un misuratino ed è quindi uno dei rappresentanti di peso della fazione più importante della Tripolitania. Ritenuto vicino ai Fratelli Musulmani, a spiccare è però soprattutto la sua nomina di “moderato” e di uomo d’affari capace di dialogare con tutti o quasi. Ma soprattutto, Maitig parla fluentemente italiano e più volte in questi anni di crisi in Libia ha varcato le soglie di Palazzo Chigi e della Farnesina, a prescindere dal colore dei governi in carica. Le sue parole spesso hanno dato il senso della situazione lungo l’asse Roma – Tripoli. E se oggi è proprio lui a dire che l’Italia negli ultimi 24 mesi è sparita, allora per il nostro Paese questa non può affatto rappresentare una notizia come le altre.

“Italia senza strategia”

Intervistato da Vincenzo Nigro su Repubblica, Maitig non ha usato parole proprio tenere nei confronti del nostro Paese. A tratti i suoi toni sono sembrati quelli di un comune cittadino italiano che critica l’andamento dei fatti in Italia: “Da settimane chiediamo di trasformare il vostro ospedale da campo di Misurata in centro Covid. Sono settimane che stanno esaminando le nostre richieste, ma sono mesi che non sanno cosa fare dell’ospedale”, ha dichiarato a proposito della struttura che gli italiani hanno installato nella sua città nel 2016, durante la guerra contro l’Isis a Sirte. Un commento che, per l’appunto, sembrerebbe più assimilabile ad un comune cittadino che si lamenta della burocrazia che al numero due del governo libico.

Maitig ben conosce la realtà italiana, sa dove colpire e sa dove distribuire i colpi quando ha qualcosa da far emergere. Ed infatti non ha solo parlato del caso dell’ospedale da campo, ma anche della strategia del nostro Paese in Libia. Lamentando, anche in questa circostanza, un comportamento dell’Italia non ritenuto all’altezza. Il vice presidente libico ha esplicitamente affermato che oramai la posizione italiana non è più quella di un tempo: “Oggi l’Italia non è più al primo posto come 2 anni fa – ha fatto sapere Maitig – Nel novembre 2019 l’ attacco di Haftar aveva portato Tripoli quasi al collasso, e proprio in quei frangenti leader politici italiani aprivano un dialogo con Haftar”.

La causa della nostra debacle in Libia il vice di Al Sarraj l’ha ricercata in un’assenza di strategia. Ed in questo passaggio dell’intervista Ahmed Maitig si è trasformato da cittadino comune italiano a quasi consigliere politico della nostra diplomazia: “Non avete strategia – ha infatti sottolineato il misuratino –  Negli ultimi 24 mesi vi siete persi. Avete fatto tanti passi sbagliati. Innanzitutto, per la mancanza di una vostra condizione politica stabile, per la mancanza di un governo solido. Ma la verità è questa: l’Italia non sa cosa vuole dalla Libia”. E qui Maitig si è anche avventurato in un comune quanto forbito paragone: “Puoi avere l’ automobile più bella al mondo, ma se ti manca la carta stradale comunque non sai dove andare. Nel momento del nostro bisogno ci sono stati altri governi che si sono avvicinati e ci hanno aiutato”.

Gli errori italiani che rischiano di tagliarci fuori

L’intervista concessa a Nigro da Maitig ha confermato appieno quelle che sono le caratteristiche caratteriali del politico misuratino, il quale però nelle sue dichiarazioni non si è allontanato di molto dalla realtà. È vero infatti che da Roma oramai da tempo non è più emersa una chiara posizione, così come una limpida strategia. Dopo il vertice di Palermo del 2018, il nostro Paese è intervenuto ad intermittenza sul dossier libico, senza dare continuità all’azione politica e diplomatica. E questo ha provocato una graduale uscita di scena, oltre che una generale confusione tra gli stessi libici di quella che è l’intenzione italiana in Libia. L’emergenza coronavirus, patita in Italia in modo più pesante rispetto ad altri contesti europei, ha forse dato il colpo di grazia.

Da Roma infatti non sono più sopraggiunte altre precise indicazioni su altre iniziative da compiere in Libia. E nel frattempo, Paesi come la Turchia hanno oramai preso il sopravvento e si stanno assicurando posizioni privilegiate in ottica futura. Questo non solo sotto il profilo politico ma, come sottolineato da Alessandro Scipione su InsideOver, anche se non soprattutto sul fronte economico. Da Ankara a Parigi, sono diversi gli attori internazionali che si stanno riorganizzando sul dossier libico e sono pronti a recitare un ruolo di primo piano. C’è ad esempio anche la Russia, che da settembre sta sostenendo il Libyan National Army di Haftar con i contractors della Wagner, stimati in almeno 800 unità. E l’Italia, giorno dopo giorno, sembra sempre più tagliata fuori.