La crisi politico-istituzionale, economica e sociale dal Venezuela non accinge a diminuire di intensità e, mentre il governo di Nicolas Maduro e l’opposizione della Mesa de la Unidad Democratica (MUD) sono sempre di più ai ferri corti, entrambe le parti coinvolte, equamente responsabili degli sconvolgimenti che hanno travolto la Repubblica Bolivariana, fanno degli appelli alla difesa della democrazia un elemento strumentale della loro strategia d’azione.

Il cosiddetto “referendum” antichavista convocato in maniera incostituzionale dalle opposizioni il 17 luglio scorso e l’imminente votazione per l’Assemblea Costituente che rappresenta l’estremo tentativo di legittimazione del governo di Maduro si inseriscono infatti in un filone comune. L’esecutivo e gli oppositori pretendono di detenere il diritto di rappresentare, sul suolo venezuelano, la democrazia e il diritto e, a prescindere dalla costituzionalità e dalla legalità delle loro mosse, non perdono occasione per giustificare ogni azione con la facciata strumentale dell’appello alla protezione degli interessi popolari, già apertamente calpestati negli ultimi anni dal travaglio istituzionale e dal tracollo economico a cui il Paese ha assistito sia per l’inadeguatezza dell’attuale governo che per le strumentali manovre delle opposizioni, abili ad avvallare una vera e propria guerra economica intestina contro il popolo venezuelano per mere ragioni di potere.





Se, negli ultimi tempi, nel mondo più volte la democrazia ha letteralmente diviso, polarizzato interi popoli in occasione delle manifestazioni elettorali, che, in diversi Paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Turchia, hanno portato alla scoperta di importanti tensioni sociali interne, nel caso del Venezuela la situazione è ancora più spinosa: mentre infatti Maduro ha letteralmente calpestato l’importante eredità della “Rivoluzione Bolivariana” e i progressi sociali conseguiti durante il governo di Hugo Chavez, delegittimandosi dimostrandosi incapace di porre rimedio al caos interno, trasformandosi in una figura estremamente divisiva e dedicandosi esclusivamente all’autoconservazione del suo potere, le opposizioni sono state completamente soverchiate dalle loro componenti più radicali e non sono riuscite a trarre alcuna reale conquista politica dal successo alle elezioni legislative del dicembre 2015, preferendo imbarcarsi in una dura e pericolosa lotta senza quartiere del governo.

L’ennesima dimostrazione della miopia politica della MUD, che negli anni scorsi ha a più riprese avvallato dure e controproducenti proteste di piazza caratterizzate da elevatissimi livelli di violenza, è stata proprio rappresentata dal recente referendum revocatorio convocato unilateralmente il 17 luglio scorso dalla MUD con cui le forze politiche anti-Maduro hanno violato apertamente la Costituzione e messo in scena una sorta di “mozione di sfiducia” ad ampio raggio del Presidente, esacerbando in maniera palese una tensione giunta da tempo a soglie insopportabili. Tensione che si è manifestata in diversi incidenti occorsi tra manifestanti e forze di sicurezza, causa di diversi morti in tutto il Paese, e rappresenta probabilmente solo l’avvisaglia di ciò che il Venezuela sperimenterà il 30 luglio prossimo, quando andrà in scena il voto per l’Assemblea Costituente proposto dall’esecutivo: tale voto, per quanto costituzionalmente valido, non risulta certamente una mossa opportuna dal punto di vista politico.

In un momento in cui la popolarità del governo presso la popolazione è ai minimi storici, e i vertici del Partito Socialista venezuelano (PSUV) non si rendono conto della dannosità di Maduro per il futuro della loro formazione, andrà in scena una manifestazione elettorale che il governo ha propagandato come l’assicurazione circa il futuro sviluppo democratico del Venezuela ma che, di fatto, appare fortemente sbilanciata: l’Assemblea Costituente, infatti, sarà composta da 545 membri, 364 dei quali saranno scelti dalle amministrazioni locali, in gran parte controllate dal PSUV, e solo 181 eletti democraticamente tra i membri di numerose organizzazioni sociali di lavoratori e studenti. La sensazione è che questo nuovo appello unilaterale alla difesa della democrazia possa risultare la vera e propria goccia capace di far traboccare il vaso: Maduro ha difeso la convocazione dell’Assemblea Costituente, ritenendola l’ultima possibilità per il popolo venezuelano per poter scegliere tra “voti e proiettili“, ma al tempo stesso non ha giustificato in maniera credibile la scelta di anteporre un voto costituente tutto sommato non necessario (le opposizioni a più ripresa hanno utilizzato contro Maduro strumenti di diritto introdotti durante il governo di Hugo Chavez) alle elezioni municipali, a più riprese rimandate e procrastinate sino al mese di dicembre.

Il Venezuela scivola verso il baratro, e ciò che rende più penosa la sua situazione è vedere i contendenti politici del Paese intenti a una lotta senza quartiere in cui la democrazia e la libertà diventano bandiere politiche utili a giustificare lotte di potere di bassa lega e violenti scontri che aggiungono caos e confusione a una nazione già messa in ginocchio dal tracollo della sua economia e dalla crisi del suo modello sociale.

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