Gli afroamericani che partecipano alle elezioni sono largamente iscritti alle liste del Partito Democratico. Le medio termine hanno confermato questa tendenza: il 90% delle persone di colore, prescindendo dagli Stati di residenza e dal genere, ha espresso una preferenza a favore degli asinelli. Da qualche tempo a questa parte, però, si sente parlare di “Blexit“. 

Candace Owens, la giovane promotrice di quest’operazione, che è tutta politica, ritiene che i neri debbano emanciparsi dalla loro tradizionale appartenenza partitica. Kamala Harris, la candidata progressista che dovrebbe – meglio di tutti gli altri – intercettare, quindi rappresentare, le istanze delle minoranze, è avvisata: non tutti gli afroamericani, in caso di vittoria dell’ex procuratrice alle primarie, sosterranno la sua causa contro Donald Trump. Certo, parliamo di percentuali minoritarie, ma esiste un movimento filo-repubblicano – strutturato attorno a leader di colore – che vuole riconoscere al Tycoon quanto fatto di buono in questo primo mandato presidenziale. 

Le fonti populiste apprezzano, rilanciano la notizia ed esultano per ogni dichiarazione trumpista della Owens, ma a far riflettere – più che le singole iniziative – dovrebbero essere le statistiche. Lo avevamo già segnalato tempo fa: The Donald viene spesso associato a un nefasto ritorno della razzismo, quasi come se fosse espressione delle sigle suprematiste, ma i dati raccontano di come il raggiungimento della piena occupazione interessi pure la minoranza afroamericana.

Le ricette economiche di Trump, oltre a funzionare, favoriscono pure chi non lo ha votato e chi – con ogni probabilità – non lo voterà. E questa è una delle variabili impazzite in grado d’influire sulle presidenziali del 2020: il pregiudizio potrebbe prevalere sui fatti. Kanye West, uno dei pochi artisti dichiaratamente trumpiano, sostiene la “Blexit” della Owens, ma i media americani sembrano alimentare una narrativa secondo cui – grazie alla partecipazione di massa alle urne – le minoranze consentiranno agli States di liberarsi dell’attuale presidente. 

A suggerirlo sono alcuni trend elettorali, che certificano un collegamento tra l’incremento percentuale dei votanti hispanici, asiatici e afroamericani e la cosiddetta “blue wave”, cioè l’onda di consenso dei democratici che potrebbe ribaltare la situazione registratasi nel 2016. Per questo è lecito prevedere che l’establishment degli asinelli eviterà – in questa circostanza – di consegnare unacritico sostegno a un esponente incapace di assumere il ruolo di portavoce delle minoranze, leggasi Hillay Clinton. Serve qualcuno in grado di mobilitare le masse. 

All’interno di questo quadro, vale la pena evidenziare il tentativo di Candace Owens: consegnare a Trump i voti di chi, tra gli afroamericani, si sente tradito dal Partito Democratico. Ma si tratta – appunto – di un mero tentativo: convincere le minoranze a votare repubblicano, ogni anno che passa, diviene sempre più difficile. Per questo c’è già chi sostiene che il Gop sia destinato a perdere da qui ai prossimi dieci anni. Solo che i sostenitori di questo assunto ne erano convinti anche tre anni fa. 

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