I risultati delle elezioni presidenziali francesi nascondono un dato che non sarà sfuggito agli osservatori più attenti: quasi il 50% dell’elettorato ha votato per candidati espressamente contrari alle logiche contemporanee dell’Ue. Sommando, in ordine di arrivo, Marine Le Pen, Jean-Luc Mélenchon, Nicolas Dupont-Aignan, Philippe Poutou ed altri candidati minori, infatti, si riesce quasi a superare la maggioranza assoluta dell’elettorato d’oltralpe. A questa statistica, poi, andrebbe aggiunto che neppure Francois Fillon ha avuto parole di cortesia nei confronti della burocrazia di Bruxelles. Nello specifico, anche il candidato gollista, ha più volte teso la mano a Putin durante la sua campagna elettorale, evidenziando come, persino per il tramite della vittoria di un candidato repubblicano, potesse cambiare la strategia geopolitica di una delle principali nazioni costitutive della nostra organizzazione sovranazionale. Emmanuel Macron, insomma, è stato l’unico candidato in corsa per l’Eliseo a non mettere in discussione l’assetto e le strategie di Bruxelles. Il leader di “En Marche!”, dunque, è l’ultimo jolly nelle mani degli europeisti convinti. Prova ne sia che immediatamente dopo l’ufficialità dei risultati del primo turno, leborse hanno reagito positivamente. Se Marine Le Pen ha una speranza per il ballotaggio del 7 marzo, insomma, dipende principalmente dalla possibile costituzione naturale di un fronte sovranista, antiglobalista e polemico nei confronti delle attuali politiche europee. Se ciò non dovesse accadere, Emmanuel Macron avrebbe la strada spianata verso la vittoria finale. La mossa a sorpresa di Marine Le Pen, quella di dimettersi da presidente del Front National, punta proprio a spogliare la sua candidatura da qualunque riferimento partitico. I francesi, in fin dei conti, devono percepirla come l’alternativa al sistema vigente e non come l’espressione del revanscismo nazionalista con cui è spesso etichettata. La Frexit, va aggiunto, è un’ipotesi che il primo turno delle elezioni presidenziali non ha cancellato del tutto, anzi. La sommatoria degli elettorati anti-europeisti, per quanto meramente meccanica, del resto, non lascia scampo a troppe interpretazioni: tutti questi candidati arrivano insieme a circa 17 milioni di voti, più della metà dei francesi che si sono recati alle urne domenica scorsa. Un dato interessante per tre competizioni: il ballottaggio previsto tra 13 giorni, le elezioni legislative francesi dell’11 e del 18 giugno venturi e, infine, per un’eventuale referendum sulla presenza della Francia nell’Ue, nel mercato unico e nel sistema dell’Euro. Il Front National, intanto, è arrivato primo in 48 dipartimenti e 20 mila municipi. Adesso si trova ad un bivio: guardare ai voti dei contrari alle politiche europee, come dice Jean Marie, oppure puntare all’attrazione dei voti finiti per ora nelle sacche di Fillon ( 7.213.797). La seconda ipotesi per vincere da sola non basta, la prima sì.
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