Nelle ultime ore concitate della storia americana emerge costantemente dal dimenticatoio politico, nel quale lo si era frettolosamente derubricato, la figura del senatore John McCain scomparso due anni fa per un tumore cerebrale. Conservatore, Repubblicano ma nemico giurato di Trump.

Il veterano gentiluomo

Un repubblicano vecchio stile, che impersonava l’ideale del politico-soldato: cresciuto nella profonda Virginia, McCain sembrò incarnare tutti gli stereotipi della retorica e del way of life repubblicano: un jacksoniano, direbbero gli americani, che al volgere del primo decennio del nuovo millennio si trovò a gestire la complessa eredità di otto anni di George W. Bush. Ma la figura del veterano del Vietnam non bastò per vincere e l’inesorabile legge del pendolo consegnò la storia ai Democratici.

Ai tempi della corsa alle presidenziali del 2008, la figura di McCain venne travolta dal fenomeno Obama, complice anche una candidata alla vicepresidenza, Sarah Palin, le cui trovate spesso destarono imbarazzo presso il quartier generale della campagna elettorale. Veterano e galantuomo lo avevano definito in molti, soprattutto in quella campagna elettorale storica nella quale si era distinto per il garbo istituzionale con il quale aveva riconosciuto la vittoria dell’avversario, spendendo per lui parole lusinghiere, tanto da richiederne la presenza al suo funerale, quando sarebbe accaduto l’inevitabile, assieme a George Bush.

Le prime acredini con Trump

C’era una persona che, tuttavia, McCain aveva espressamente richiesto non si presentasse al suo funerale: Donald Trump, che risultò essere il convitato di pietra alla cerimonia funebre dal cordoglio mai così bipartisan. La sua idiosincrasia per il presidente era nota a tutti, ma negli ultimi anni di vita del senatore dell’Arizona era divenuta vera e costante acredine politica nonostante le punzecchiature fra i due fossero ancora più retrodatate: era appena il 2000 quando in un’intervista alla CBS il tycoon mise in dubbio la figura da veterano del senatore McCain, “colpevole” di essere stato catturato dal nemico.

Dal 2015 McCain e Trump non se le sarebbero più mandate a dire: una delle prime occasioni riguardò le posizioni di Trump sull’immigrazione che McCain bollò come provocazioni “buone ad eccitare solo l’animo dei cretini”. “Burattino” gli rispose il futuro presidente degli Stati Uniti. Nello stesso anno, Trump avrebbe provocato più volte il senatore scomparso dandogli dell’incompetente e martellandolo sulle vicende del Vietnam. Come in un dissing fra rapper, McCain tirò fuori il suo asso dalla manica: Trump riuscì ad evitare la naja (ma soprattutto il Vietnam) grazie ad un medico compiacente.

La rottura nel 2016

Fino al 2016 i botta e risposta dei due vecchi leoni non sembrano far presagire una svolta politica epocale: la candidatura di Trump, invece, ha finito per segnare per sempre la storia dei Repubblicani. Nell’aprile del 2016, infatti, McCain minaccia di disertare la Convention Nazionale Repubblicana che rischia di trasformarsi in caotica e divisiva: proprio lui, che non ha mai perso un appuntamento come quello da più di trent’anni. La tensione nel GOP è alle stelle e McCain decide di impegnarsi a fondo nella sua rielezione da senatore che non è affatto scontata: ciò che più teme è che le bordate di Trump possano danneggiare anche la sua di campagna elettorale e fargli perdere l’elettorato ispanico, oltre che danneggiare l’intera immagine del Partito.

Che McCain inizi a diventare una mina vagante ed un ispiratore per i Repubblicani dissidenti è palese: Trump lo teme e più volte, man mano che la convention si avvicina, cerca di indorare la pillola con commenti lusinghieri sui social sull’eterno nemico. Tuttavia, poco prima delle elezioni, nell’ottobre dello stesso anno, la frattura fra i due diventa definitiva, e con essa anche quella interna all’elefantino. L’occasione è offerta da una vecchia registrazione del 2005 a base di commenti volgari e sessisti: da quel momento McCain dichiara che sarà “impossibile continuare a offrire un sostegno incondizionato alla sua candidatura”.

Dopo l’elezione di Trump

Trasformatasi in scontro politico, l’acredine personale tra i due si abbatte come un uragano nel GOP sempre più in crisi. È evidente che Trump-l’istrione provocherà numerosi mal di pancia al partito con McCain capofila del “io l’avevo detto”. È il luglio 2017 quando, assieme ad altri senatori repubblicani, il senatore dell’Arizona interviene per bloccare l’abrogazione dell’Obamacare, oggetto delle picconate di Trump: la richiesta di McCain è di comprendere meglio il provvedimento sostitutivo, ancora fortemente lacunoso, ma soprattutto quella di lavorare in modo bipartisan. Trump non ci sta e sposta tutto, nuovamente, sul piano degli attacchi personali soffiando sulle nevrosi del Tea Party.

Tenterà di smarcarsi dalle istanze conservatrici e prenderà le distanze da Trump anche in un’altra vicenda, quella della nomina alla CIA di Gina Haspel. In quell’occasione, nel maggio 2018, McCain si batterà contro quella nomina controversa a causa del coinvolgimento della Haspel nel programma di interrogatori sotto tortura dell’amministrazione George W. Bush.

Il 25 agosto 2018 McCain muore e perfino il suo funerale diventa ragione di querelle tra la sua vedova e la famiglia presidenziale, compresi Ivanka Trump e Jared Kushner. La sua morte appare, paradossalmente, come il canto del cigno del conservatorismo da gentlemen agreement. La morte di un anticonformista che ha costretto i conservatori a fare i conti con la propria retorica, i propri valori e la propria piattaforma e che, in tempi non sospetti, cercò di avvertire l’establishment del partito dei rischi del metodo trumpista.

Il resto è già storia.





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