Le elezioni europee sono imminenti, ma non a tutti è chiaro quali siano gli attori presenti nel Parlamento continentale e quali libertà di movimento politico abbiano gli eletti nel consesso istituzionale. Un po’ perché lo scenario è dissimile rispetto a quello italiano. Un po’ perché i meccanismi, in fin dei conti, non sono proprio semplici da digerire a livello concettuale. Per comprendere qualcosa in più, vale la pena esordire – come saprete – facendo notare come i partiti presenti nei singoli contesti nazionali scelgano, dopo aver raggiunto i quorum utili all’ottenimento di scranni, che vengono vinti grazie a percentuali decise mediante leggi nazionali, di iscriversi a questo o a quel gruppo parlamentare. Una premessa scontata, ma necessaria.
Approfondendo la situazione odierna, sappiamo come a dividersi i consensi saranno, con ogni probabilità, sei macro-aree, che vanno differenziate a loro volta per sigle: popolari, che fanno parte tutti del Partito popolare europeo; populisti e sovranisti, che in parte aderiranno all’Europa delle Nazioni e della Libertà, cioè al gruppo di cui fanno parte coloro che qualche giorno fa erano in piazza del Duomo a Milano, ma che finiranno pure, si vedano per esempio i populisti indefiniti del MoVimento 5 Stelle, nel raggruppamento dell’Europa della libertà e della democrazia diretta, che insomma è composito; i Socialdemocratici del Pse, a cui si iscriveranno la maggior parte degli eletti progressisti del Vecchio continente; gli ambientalisti e la sinistra massimalista, che fanno gruppo a parte; i liberaldemocratici dell’Alde, che in questa turnata dovrebbe poter vantare l’importante variabile, almeno da un punto di vista numerico, rappresentata da Emmanuel Macron e dal suo partito; i conservatori dell’Ecr. Quindi abbiamo sei categorie, secondo una definizione dottrinale politica, ma almeno sette gruppi parlamentari. A descrivere un quadro completo è stata l’agenzia Adnkronos.
Poi ci sono le alleanze date come possibili sul tavolo delle trattative: le ipotesi, stando ai sondaggi, sono solo due, ma non sono escludibili sorprese. In ogni caso, le rilevazioni che sono state pubblicate prima del blocco delle statistiche sondaggistiche, suggerivano come Ppe e Pse dovessero guardare o all’Alde o ai populisti a i sovranisti per poter raggiungere una maggioranza. Poiché il secondo scenario è ritenuto improbabile, alla fine risulta essere pronosticabile una coalizione tripartita, come anticipato. Ma a decidere saranno le urne. Bisognerà vedere, poi, a quale gruppo deciderà d’iscriversi il Brexit Party di Nigel Farage, che veniva dato attorno al 30% e primo partito del Regno unito. Sì, alla fine i sudditi di Sua maestà, voteranno come tutti gli altri popoli europei. Ora come ora, però, non è ancora il tempo di scendere a compromessi: i partiti sono impegnati nelle ultime fasi della campagna elettorale, poi avranno luogo eventuali triangolazioni dialettiche.
Si parlava di due eventualità per la composizione della maggioranza: la prima è quella già descritta. La seconda – come anticipato – prevede che a scendere a patti siano il Ppe, i “sovranisti illuminati” e magari anche i liberali. Ma dipende dai consensi e dalle reciproche volontà. La sensazione è che le discussioni tra gli attori potrebbero durare parecchio prima di trovare la quadra.