Secondo diversi analisti, la Russia di Vladimir Putin avrebbe adottato una nuova tattica nel conflitto mai concluso con l’Ucraina, tagliando l’accesso di quest’ultima ai suoi importanti porti nel Mar d’Azov e colpendo duramente l’economia del Paese per minare la credibilità del governo. Di tutta risposta il presidente Petro Poroshenko sembrerebbe aver cercato di sfruttare la situazione a proprio vantaggio, creando un caso internazionale che finisse per difendere la sua leadership e lo portasse come personalità forte alle prossime elezioni nazionali.

Al centro di questa strategia, secondo quando raccontato dalla rivista tedesca Spiegel,  troneggerebbe il nuovo ponte di Crimea, che collegando su asfalto lo stretto strategico di Kerch, si dimostra essere un blocco “sospeso” che impedisce il transito delle navi di maggior tonnellaggio che esportano il grano e acciaio dall’Ucraina. Mosca infatti avrebbe in questo modo “chiuso l’accesso allo stretto di Kerch“, che, secondo quanto dichiarato dal presidente ucraino Poroshenko in alcune interviste, è ritenuto di possesso esclusivo della Federazione Russa – non di entrambe le nazioni che vengono bagnate dal Mar d’Azov come prevederebbe il trattato. Lo scontro navale del 25 novembre e le sue conseguenze lo avrebbero infatti palesato.

L’obiettivo della strategia di Mosca

La strategia calcolata dal Cremlino nel Mar d’Azov sembra chiaramente orientata ad imporre la propria supremazia nella regione dopo l’annessione della Crimea avvenuta al termine della crisi del 2014. La Russia vuole portare il Mare di Azov sotto il suo controllo secondo gli osservatori internazionali: per fare “in mare ciò che non è stata capace di raggiungere via terra”.

Questo comprende l’ottenere il controllo degli unici porti con acque profonde nel Mar d’Azov, come il porto di Mariupol (sito nella costa nord orientale) dove sorgono due grandi acciaierie. Questa città portuale strategica, rimasta sotto il controllo di Kiev, è l’ asset principale del commercio dell’acciaio, gestito dall’oligarca ucraino Rinat Akhmetov, e sembrerebbe essere uno degli obiettivi principali di Mosca, che attraverso un “embargo” dissimulato vorrebbe raggiungere lo scontro per conquistatore ulteriori aeree della suo ex paese satellite.

Mariupol e il vicino porto di Berdiansk sono anche punti di transito per le esportazioni di grano. Transito che per l’appunto oggi viene ostacolato dal blocco navale di “fatto” di Kerch e dal ponte di Crimea, che impedisce ai cargo di maggiore tonnellaggio (navi classe Panamax) di passare lo stretto per una semplice questione di “altezza”. Inoltre, tutte le navi che transitano per lo stretto sono soggette ai blocchi russi, che consistono i rallentamenti, controlli e ispezioni da parte delle guardie di frontiera e dell’Fsb. Solo tra maggio e novembre sarebbero state 727 le ispezioni, molte delle quali hanno portato enormi e costosi ritardi. Da allora il porto di Mariupol è spesso rimasto vuoto, riporta lo Spiegel. L’acciaio e il ferro hanno cominciato a transitare sulla via ferrata diretta agli sbocchi sul Mar Nero, più lenta ma sicura. E il lento strangolamento mosso dalla Russia nei confronti dell’economia ucraina ha iniziato a cogliere i suoi “frutti”.

La reazione ucraina e la “tattica Poroshenko”

Non c’è nulla che l’Ucraina possa fare (da sola) per opporsi all'”orso russo”, e , come riporta il giornale tedesco, l’unica mossa reale che sembra essere giunta dal presidente ucraino Poroshenko sarebbe più dettata dalla completa impotenza e dal desiderio di trarre un vantaggio personale dalla situazione, che dalla sua reale funzionalità. La legge marziale imposta nelle dieci regioni di confine, e l’ostracismo nei confronti dei cittadini russi che intendano transitare dalla Crimea all’Ucraina, sembra non aver destato alcuna risposta nell’Occidente e nella Nato: che non auspicano un’escalation militare ma continuano a richiedere una risoluzione diplomatica della contesa del Mar d’Azov. Venerdì scorso infatti l’Ucraina ha iniziato a vietare agli uomini di età militare russi l’accesso nel paese, temendo o sospettando che possano essere agenti di Mosca o fomentatori dei separatisti. Tale divieto sarà in auge per tutta la durata della legge marziale, entrata in vigore il 28 novembre con la durata di 30 giorni. Poroshenko ha sostenuto che tale misura “avrebbe impedito alla Russia di introdurre unità dell’esercito privato che sono in realtà suddivisioni dell’esercito russo”. Ma sembrerebbero non essere quelli i piani di Mosca.

L’impotenza ucraina

L’Ucraina, a differenza della Russia, non è in grado di difendere i propri diritti nonostante il transito per lo stretto di Kerch sia permesso “da trattato” ad entrambi gli Stati. La totale inconsistenza della flotta da guerra della Marina Militare ucraina non permette di scortare o difendere i convogli, e anche se tutte le  modeste forze navali sono state spostate da Odessa al Mar d’Azov, i risultati di deterrenza sono stati del tutto ignorati da Mosca; che con una piccola parte della sola flotta del Mar Nero potrebbe annientare in un giorno l’intera marina ucraina. Lo sconto navale del 25 novembre si è verificato perchè per la prima volta il presidente Poroshenko aveva autorizzato il trasporto di navi da guerra “via mare” e non via terra. Mosca non ha perso l’occasione per mandare un segnale forte, che si è concluso con il sequestro di tutte e 3 le unità in transito, la cattura e l’incarcerazione fino al 28 gennaio dei 24 membri dell’equipaggio compresi agenti del controspionaggio di Kiev.

Il retroscena

Il Cremlino sostiene che la “chiara provocazione” attuata da Poroshenko non sia stata altro che un tentativo di innalzare la tensione nella regione per raggiungere un’escalation o guadagnarsi la protezione dell’Alleanza Atlantica. Questo si è tradotto poi nel messaggio forte di istituire la legge marziale. Le ragioni sarebbero, secondo Mosca, da addurre alle sottili possibilità di una sua rielezione alle elezioni di marzo – se si terranno. Ma secondo alcuni esperti di politica estera vicini al Cremlino, questa azione-reazione si sarebbe tramutata in una trappola dato la blanda risposta della Nato. “L’Occidente non ha preso posizione e non ha imposto ulteriori sanzioni [alla Russia]” dopo l’incidente commentano a Mosca.

La risposta dell’Occidente

L’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica estera, Federica Mogherini, ha parlato della “preoccupazione” del blocco, sì, e ha detto che l’UE è “sgomenta”, come tutti leader europei e anche i ministri degli esteri. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato sì, di non essere “contento” dello scontro, ma non ha emesso segnali più forti – e non è una figura politica da risparmiarsi a parole. Alcuna nave della Nato è stata inviata, come invocato da Poroshenko, nel Mar d’Azov, e l’unico risconto oggettivo della crisi è stata la cancellazione del summit al margine del G20 di Buenos Aires tra Putine Trump – summit per altro incentrato su altre priorità geostrategiche. Il Parlamento europeo ha sì avvertito che un’escalation potrebbe portare a “sanzioni mirate” rafforzate contro la Russia, ma nulla di più.

Il fallimento di Poroshenko

Mentre i colloqui per risolvere i conflitti nel Donbass sono ancora in corso, e le sue richieste di aiuto alle marine militari della Nato sono state formalmente respinte, l’imposizione della legge marziale non ha fatto altro che rendere più difficile la presa di posizione dell’Occidente nei confronti della contesa in Ucraina. La domanda che lo Spiegel, come altri narratori della vicenda si stanno ponendo è: “Perché Poroshenko non ha imposto la legge marziale negli ultimi quattro anni di una guerra, e invece lo sta facendo ora, dopo un incidente in cui solo tre persone sono rimaste ferite, ma in vista delle elezioni?” Questa domanda se l’è posta anche il parlamento di Kiev. Compresa la rivale favorita dell’attuale presidente, Yulia Tymoshenko.Nonostante questo la risoluzione per applicare la legge marziale è stata votata a grande maggioranza, anche se limitata a 30 giorni e non a 60 come si richiedeva. È così, dunque, che a cinque anni dall’inizio della rivoluzione di Maidan che portò al potere Poroshenko, che il presidente dell’Ucraina rischia di perdere completamente la sua credibilità davanti al suo popolo: deteriorando ulteriormente i rapporti con Mosca, ricevendo una risposta “inaspettata” dall’Occidente, e aprendo un interrogativo importante nel suo stesso parlamento.