Le bandiere di Turchia e Qatar sono state, nella giornata di domenica, esposte presso le sedi governative diTeheran al fianco di quella iraniana: solo ipotizzare o pensare questo abbinamento di vessilli nella capitale dell’Iran, fino a pochi mesi fa, sarebbe stato un qualcosa da assegnare al mero potere della fantasia; è invece accaduto tutto nelle scorse ore, quando i Ministri dei Trasporti e del Commercio dei tre rispettivi paesi hanno dato vita ad un incontro propedeutico allo sblocco di progetti comuni che vanno dal breve al lungo termine. Al di là di quanto discusso a Teheran dai diversi rappresentanti governativi, l’incontro tra Iran, Turchia e Qatar testimonia il rapido mutamento delle relazioni e delle alleanze che in questi mesi sta vivendo il Medio Oriente: dal pantano yemenita, alla guerra in Siria, passando per il blocco saudita contro Doha decretato a giugno, questi elementi e non solo hanno spinto alla creazione di ‘nuovi assi’ diplomatici e strategici destinati ad avere forte influenza negli avvenimenti futuri della regione.

Ankara e Teheran sempre più vicine

In primo luogo, il vertice economico e commerciale tenutosi in Iran nella giornata di domenica appare come una vera e propria ‘prova del nove’ per la tenuta di una cooperazione, come quella tra governo turco ed iraniano, partita dalla questione siriana e che adesso pare estendersi in altri ambiti politici ed economici. Ankara e Teheran, accomunate dall’essere due potenze islamiche non arabe ma fortemente divise dal fatto che la prima aspira a diventare guida del mondo sunnita e la seconda invece del blocco sciita, hanno iniziato a riallacciare buoni rapporti quando il presidente turco Erdogan si è riavvicinato alla Russia di Putin: l’Iran in Siria sostiene l’alleato Assad, la Turchia non può permettersi di vedere costituita, proprio in Siria e proprio ai margini del confine, una vasta autonoma regione curda e dunque ecco che ad Astana si è avuta l’occasione per far sedere attorno uno stesso tavolo, tra gli altri, i rappresentanti della Repubblica nata da Ataturk e quelli della Repubblica islamica nata da Khomeini.  

Una serie di interessi, quelli che legano Ankara e Teheran, da cui però è derivato lo sviluppo di un rapporto che, come detto sopra, adesso appare andare ben oltre la sola questione siriana; la Turchia, in particolare, ha nel Qatar un solido alleato: entrambi hanno finanziato la Fratellanza Musulmana nel corso degli ultimi anni, entrambi sono paesi sunniti e, se da un lato i petrodollari di Doha costituiscono una delle fonti di investimento straniero più redditizie nel paese anatolico, dall’altro Ankara in Qatar ha una grande base militare strategica perché a ridosso delle coste del Golfo Persico. Non è un caso quindi se a giugno Recep Erdogan, dopo l’embargo proclamato dai sauditi contro il Qatar, ha subito preso le difese di Doha ed oggi che il piccolo emirato ha bisogno di nuovi spazi commerciali per aggirare la chiusura delle frontiere imposte dai Saud, è proprio la Turchia ad aver agevolato il riavvicinamento con l’Iran. Dunque, oltre che sulla Siria, Ankara e Teheran hanno iniziato un importante dialogo che vede al centro delle varie questioni alcune delle principale tematiche inerenti il Medio Oriente.

Doppia sconfitta per i Saud

L’Arabia Saudita, a partire dallo scorso mese di giugno e subito dopo la visita a Riyadh del Presidente USA Donald Trump, ha voluto imporre l’embargo al Qatar proprio per il sospetto ‘doppio gioco’ di Doha: se i Saud con gli emiri della famiglia al Thani hanno condiviso i piani per il rovesciamento di Assad, è anche vero però che i sovrani sauditi non hanno mai gradito un’autonomia considerata eccessiva da parte della dinastia qatariota la quale, anche nelle fasi più delicate dell’offensiva anti Assad, ha sempre mantenuto importanti canali di dialogo aperti con l’Iran. Con il pretesto della lotta al terrorismo, il governo di Riyadh ha chiesto al Qatar per l’appunto di allinearsi alla politica saudita evitando di finanziare ulteriormente le formazioni legate ai Fratelli Musulmani e, soprattutto, sbarrando repentinamente le porte ad ogni possibile rapporto con Teheran; l’embargo scattato con tanto di chiusura delle frontiere e dello spazio aereo alla compagnia di bandiera qatariota, nei piani dei Saud doveva servire a riportare Doha sotto l’influenza del più grande paese della penisola Arabica e, nella peggiore delle ipotesi, ad un eventuale ‘regime change’ forzato con l’intervento militare all’interno del piccolo emirato del Golfo Persico.

Ma per Riyadh la sconfitta, in tal senso, appare doppia: grazie alla repentina solidarietà manifestata dalla Turchia che, proprio da giugno, ha aumentato il contingente all’interno della propria base militare, così come grazie al riallacciamento dei rapporti con l’Iran, gli al Thani sono rimasti al potere ed hanno potuto sopperire al boicottaggio saudita sfruttando la ripresa delle attività commerciali con Teheran. In poche parole, l’embargo dei Saud è fallito: il Qatar è in grado di sostenere ancora la propria economia, così come di far volare i propri aerei e di riempire di derrate alimentari gli scaffali dei supermercati; dopo l’incontro di domenica in Iran, i rispettivi Ministri delle attività commerciali hanno sottoscritto un accordo volto a raddoppiare l’intensità degli scambi tra i due paesi i quali, tra le altre cose, condividono anche il più grande giacimento petrolifero al di sotto delle acque del Golfo Persico.

Per l’Arabia Saudita l’altro fronte in cui la sua azione appare fallimentare, riguarda il fatto che proprio la mossa dell’embargo, invece che isolare Doha e costringerla ad un ‘riallineamento’, ha provocato il definitivo ristabilimento dei rapporti tra Qatar ed Iran; quello che fino a giugno era un alleato dalla linea autonoma, adesso è un nuovo alleato regionale di Teheran e quindi del principale nemico e bersaglio dei Saud. Inoltre, il riposizionamento del Qatar appare anche aver rafforzato l’asse strategico Russia – Turchia – Iran già peraltro ben consolidato dopo i vertici di Astana per la gestione della guerra in Siria; dopo lo Yemen, l’irruenza del nuovo corso saudita ha manifestato l’inconsistenza delle proprie mosse politiche anche e soprattutto nella scellerata decisione di chiudere repentinamente le frontiere con Doha nello strenuo tentativo, anch’esso già in gran parte fallito, di unire l’intero mondo sunnita sotto la propria influenza per orientarlo contro il nemico comune rappresentato dall’Iran.  

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