Il presidente russo Vladimir Putin, pronto ad intervenire militarmente in Bielorussia per placare le sollevazioni popolari contro il longevo governo di Lukashenko – accusato di brogli elettorali – ha rilasciato diverse interviste che confermano una de-escalation a Minsk. Ma allo stesso tempo sottolineano la capacità, e la volontà, di Mosca nell’intervenire in supporto di un “vecchio amico” in quello che ai tempi del mondo diviso dalla Guerra fredda avremmo definito un “giardino di casa”.

Per ristabilire la sicurezza nel Paese, sfuggita di mano nelle fasi più concitate delle manifestazioni che si sono verificate nelle scorse settimana a Minsk, capitale della Bielorussia, è stata formata “una riserva di forze di sicurezza”. “Ma ora non ce n’è bisogno”, ha affermato il capo del Cremlino in un’intervista senza giri di parole rilasciata ai canali televisivi Rossija 24 e Vesti. “Al momento non vediamo motivo di usare la forza. La situazione si sta normalizzando”, ha proseguito Putin, che negli scorsi giorni aveva inviato un volo militare in missione diplomatica a Minsk: il regno in pericolo di Aleksandr Grigorievich (Lukashenko), rieletto con l’80% dei voti lo scorso 9 agosto, ma accusato dall’opposizione guidata da Svetlana Tikhanovskaya di aver mantenuto il potere attraverso brogli elettorali.

Il presidente della Bielorussia “mi ha chiesto di formare una riserva di agenti delle forze dell’ordine. E l’ho fatto. Ma abbiamo anche convenuto che non verrà utilizzato fino a quando la situazione non sarà  fuori controllo”, ha spiegato Putin, rivelando la prontezza del Cremlino e la ferma intenzione di ristabilire – se necessario – il controllo del governo bielorusso nel Paese confinante ed ex satellite dell’Unione sovietica.

Il capo del Cremlino ha tenuto a precisare come le forze russe, tenute di riserva, verranno “impiegate” solo se la situazione dovesse realmente precipitare portando il Paese fuori controllo. Questo perché, secondo le parole di Putin, “la Russia ha degli obblighi nei confronti della Bielorussia nel campo della sicurezza nell’ambito dei due Trattati che legano i due Paesi”. Per parte sua Lukashenko, ormai al potere dal 1994 e considerato alla stregua di un dittatore da numerosi membri dell’Unione europea (e della Nato), avrebbe espressamente chiesto alla Russia di Putin una “assistenza adeguata se necessario”, riporta Ria Novosti. Assistenza che non tarderebbe a ricevere dunque; dato che il Cremlino non abbandonerebbe mai al “caos” democratico un paese ancora soggetto alla propria sfera d’influenza. Un Paese chiave, schiacciato tra i confini della potenza euroasiatica e quelli della Polonia: dove la Nato ha colto al balzo l’occasione per pianificare l’invio di altri soldati e rafforzare quella che sembra una vera e propria linea anti-Mosca. Che vede impegnati da tempo i Paesi Baltici, e in primis la stessa Polonia, in una serie di manovre e potenziamenti che guardano sempre con timore quel possibile “fronte orientale” che tutti si augurano non si riapra mai.