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I venti di guerra che spirano sulla Corea del Nord, lambiscono, inevitabilmente, anche la Russia, che condivide con il regime di Pyongyang una striscia di terra lunga appena 17 chilometri incastrata tra la Cina e l’Oceano Pacifico. L’unità amministrativa russa che controlla il territorio a ridosso del confine nordcoreano è il rajon di Chasanskij, ultimo lembo dell’estremo oriente russo prima di diventare penisola coreana. Quel confine, così piccolo eppure così strategicamente importante, è tornato recentemente a far parlare di se per l’escalation militare che sta coinvolgendo la penisola coreana nella disputa fra Kim Jong Un e gli Stati Uniti d’America. E torna a far parlare di se in particolare per un ordine che è arrivato direttamente dal Cremlino e che coinvolge tutta la popolazione residente sul territorio, e che consiste nell’ordine di evacuazione della popolazione civile che vive nella fascia di confine per spostarla in un’area sicura. Come riporta l’agenzia FedPress, nella giornata del 29 agosto è giunto da Vladivostok un messaggio a tutta la protezione civile e alle autorità locali del distretto: “Il Dipartimento della Protezione Civile e per la gestione delle emergenze di Vladivostok ha ordinato di evacuare gli abitanti del confine con il territorio della Repubblica Popolare della Corea del Nord. È stato ricevuto l’ordine verbale di trasferire immediatamente 1.500 persone in una zona sicura.”

La misura è arrivata lo stesso giorno in cui la Corea del Nord ha deciso di lanciare un missile balistico che ha sorvolato il territorio del Giappone, e che ha dimostrato al mondo la capacità missilista del governo di Pyongyang, scatenando le ire degli Stati Uniti, degli alleati asiatici e delle Nazioni Unite. Un atto che in molti temevano sarebbe arrivato come risposta di Pyongyang alle esercitazioni congiunte di Corea del Sud e Stati Uniti di questi giorni, ma che adesso, rischia di avere conseguenze estremamente gravi per tutto il territorio della penisola coreana. Da parte russa, si è subito affermato che l’ordine di evacuazione rientra in un’esercitazione imposta dal governo per far fronte all’emergenza di un possibile conflitto sul territorio della penisola coreana, ma è evidente che l’arrivo di quest’ordine in concomitanza del lancio di un missile dalla Corea del Nord, non può essere considerato una pura coincidenza. Il segnale che il Cremlino consideri con estrema preoccupazione gli ultimi episodi dell’escalation tra Usa e Corea, è inequivocabile, altrimenti non metterebbe mano alla Protezione Civile per evacuare più di un migliaio di cittadini dalle proprie case spostandole in zone sicure ma tenute nascoste.

La preoccupazione di Mosca per l’evoluzione della crisi in Corea del Nord è tutta racchiusa nelle parole del rappresentante del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha confermato la possibilità sempre più alta di uno scontro militare che potrebbe “portare il mondo sull’orlo della catastrofe”. Parole importanti che fanno seguito all’impegno costante di Mosca di aprire ogni tipo di canale diplomatico con Pechino, Pyongyang e Washington per fare in modo che non si giunga alla decisione estrema da parte degli Usa e degli alleati asiatici di attaccare preventivamente la Corea del Nord, e soprattutto per far desistere Kim Jong Un dalla sua politica di provocazione. La Russia si è mantenuta per ora in disparte rispetto ad altri attori fondamentali della crisi coreana, in particolare la Cina egli Stati Uniti, ma non si è mai disinteressata al problema della crisi. Non soltanto perché si tratta di una crisi che sta coinvolgendo un Paese confinante, ma anche perché si tratta di un conflitto potenzialmente devastante e che potrebbe prevedere, per la prima volta dopo decenni, l’uso di testate atomiche. L’eventualità di una guerra atomica, sarebbe uno shock nella politica mondiale e cambierebbe inevitabilmente i parametri di ogni conflitto ma anche delle relazioni tra gli Stati Uniti e il cosiddetto blocco eurasiatico. E il fatto che questo avvenga al confine con la Russia non può naturalmente lasciare Mosca lontana dalle vicende che interessano Pyongyang.

Per evitare l’evolversi di questa crisi, la Russia ha per ora mantenuto due binari di azione: da una parte bloccare gli avventati piani di azione di Kim, prima che gli Stati Uniti e gli alleati dell’Estremo Oriente decidano che sia stato superato il limite delle provocazioni; dall’altra parte, fare in modo che gli Stati Uniti facciano alcune concessioni alla Corea del Nord come segno di distensione. Una politica non facile, ma che può essere l’unica attuabile da parte del Cremlino, che ritiene la guerra al suo confine una catastrofe ma, nello stesso tempo, non può continuare a tollerare un governo che mette a repentaglio la stabilità di un’area così delicata della geopolitica asiatica. Vasily Nebenzya, rappresentante alle Nazioni Unite della Federazione Russa, ha chiesto nelle ultime ore agli Stati Uniti e a Seul di fermare il dispiegamento del sistema THAAD ed ha chiesto di cambiare la politica delle sanzioni unilaterali contro il governo nordcoreano, che finora ha condotto soltanto all’aumento delle tensioni militari. Allo stesso modo, ha domandato formalmente alla Corea del Nord di fermare ogni tipo di sviluppo di programmi militari proibiti dalle Nazioni Unite, di rispettare le risoluzione del Consiglio di Sicurezza e di aderire al Trattato sulla non proliferazione nucleare. L’idea di Mosca è di riuscire a trovare una soluzione per la smilitarizzazione della penisola coreana e per evitare assolutamente l’esplosione di un conflitto. Ma l’evacuazione di migliaia di russi dal confine con la Corea dimostra che alla speranza di pace si contrappone un crudo realismo sul rischio sempre più evidente di una guerra.