Nella mattinata di martedì 9 maggio, la Piazza Rossa di Mosca è stata teatro dell’annuale parata per la vittoria nella Seconda guerra mondiale. Quest’anno, gli eventi bellici hanno inciso più profondamente nell’organizzazione dell’evento, e, insieme ai velivoli, alla sfilata sono mancati i carri armati e altri mezzi pesanti che solitamente si vedevano percorrere il porfido della piazza. Nessun obice semovente, nessun veicolo lanciarazzi, nessun drone o mezzo corazzato da combattimento.

La decisione del Cremlino di evitare di non far sfilare questi mezzi è prettamente simbolica, e fatta per non turbare troppo un’opinione pubblica che sta cominciando a capire la portata del conflitto in atto, propagandato da Mosca come una guerra dell’Occidente verso la Russia e soprattutto verso i valori che rappresenta, come ad esempio il multipolarismo, le tradizioni familiari e la lotta al nazifascismo. Nel suo discorso il presidente Vladimir Putin, infatti, non ha mancato di sottolineare le presunte colpe occidentali per quanto sta accadendo in Ucraina e come in Europa si starebbe sdoganando il nazismo, in quanto in certi Paesi est-europei vengono abbattuti i monumenti dell’epoca sovietica, quando erano oppressi dal tallone del socialismo reale.

Gli ospiti di Putin per il Giorno della Vittoria

Nella tribuna montata a ridosso della Piazza Rossa, insieme al presidente della Federazione e ai massimi vertici militari e politici locali, ha spiccato la presenza dei leader dei Paesi del Csto (Collective Security Treaty Organisation), il trattato multilaterale che lega a Mosca alcuni Paesi che un tempo facevano parte dell’URSS.

Posto d’onore riservato al presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, già in visita nella capitale russa per una due giorni di colloqui bilaterali per approfondire la partnership su un’ampia gamma di scambi economici e culturali. Presenti anche il presidente del Kirghizistan, Sadyr Zhaparov, quello tagico, Emomali Rahmon, quello bielorusso Alexander Lukashenko e un po’ a sorpresa il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. Insieme a loro anche il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev, che però non fa più parte del Csto dal 2012. Numerose le delegazioni militari dei Paesi cosiddetti non allineati e presenti anche inviati dall’Iran e dalla Cina, quest’ultima che è stata espressamente ricordata nel discorso di Putin per la prima volta nella storia della parata militare di Mosca. Anche quest’anno nessun leader “occidentale” era presente, nemmeno il presidente serbo Vucic che pure aveva partecipato nell’edizione del 2018 e aveva inviato una delegazione nel 2020.

Una parata in tono dimesso, anche rispetto a quella “pandemica” o a quella dello scorso anno, ma che è altamente simbolica proprio per la presenza al completo delle massime cariche dei Paesi facenti parte del Csto, gli unici capi di Stato presenti: nemmeno Xi Jinping, sempre più solo al comando di una Cina che in questo momento appare essere il partner più importante della Russia, era presente. Non sappiamo se il leader cinese sia stato invitato o meno, e qualora lo fosse stato la sua assenza è da leggersi come un segnale che Pechino ha voluto mandare al Cremlino e all’Occidente di ricerca di più equidistanza possibile in questo momento storico così particolarmente delicato.

Putin rilancia il Csto

La presenza dei leader dei Paesi dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva riflette invece il desiderio del Cremlino di riappropriarsi del suo intorno, cioè di tornare il Paese di riferimento per quei Paesi che un tempo gravitavano nell’orbita di Mosca e che oggi appaiono sempre più distanti da essa: in testa proprio l’Armenia, che per motivazioni legate al conflitto mai del tutto sopito con l’Azerbaigian, ha cominciato a guardare a occidente. A settembre del 2022, infatti, la presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi aveva effettuato un viaggio a Yerevan in una mossa un po’ a sorpresa che ha evidenziato come i rapporti tra il piccolo Paese caucasico e la Russia si fossero incrinati proprio per questioni correlate al conflitto in Ucraina. In occasione della prima serie di scontri armati tra Armenia e Azerbaigian che si sono avuti all’incirca all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, Yerevan aveva esplicitamente chiesto l’intervento del Csto, ma Mosca aveva rifiutato, e anche le forze di interposizione russe sono apparse imbelli davanti agli assalti azeri. Questo perché il Cremlino si era concentrato nello sfrozo bellico in Ucraina che si stava dimostrando molto più duro del previsto.

Anche lo stesso Kazakistan ha mostrato, nel recente passato, sintomi di un fastidio più acceso nei confronti di Mosca: approfittando di questioni energetiche connesse all’attuale conflitto ucraino lo scorso luglio il presidente Tokayev aveva annunciato la necessità di diversificare le rotte petrolifere dal Paese definendo prioritario il Trans-Capsian Pipeline, ovvero esprimendo la volontà di proseguire le consegne di gas in Europa aggirando la Russia. Tokayev aveva rilasciato la dichiarazione il giorno dopo che un tribunale russo aveva ordinato la sospensione del terminal offshore del Caspian Pipeline Consortium per 30 giorni che avrebbe bloccato l’accesso degli idrocarburi kazaki al mercato mondiale attraverso la Russia. Qualcosa che è avvenuto per tre volte nel solo 2022. Kazakistan che aveva fatto trapelare anche la possibilità, poi rientrata, di abbandonare lo stesso Csto, generando più di un malumore in quel del Cremlino nel timore che, sull’esempio kazako, altri Paesi della regione dell’Asia Centrale ex sovietica potessero fare altrettanto.

Del resto proprio in quell’area particolarmente delicate e importante dal punto di vista geopolitico, la Cina sta lentamente ma costantemente prendendo lo spazio lasciato vuoto dalla Russia tramite aiuti economici e costruzione di infrastrutture strategiche, anche se, va detto, non sta riscuotendo simpatie ovunque col Tagikistan che, ormai fortemente indebitato col Dragone (il 52% del debito estero di Dushanbe è in mano cinese) sta cominciando a preoccuparsi. Capiamo meglio, quindi, perché il Cremlino abbia voluto la presenza dei leader del Csto alla parata di Mosca, che è un momento altamente simbolico. Attendiamo però di vedere la reazione cinese, che come abbiamo visto ha forti interessi in alcuni di quegli stessi Paesi, e che molto probabilmente si vedrà nel medio termine.

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