Nella giornata del 23 novembre il Presidente del Sudan Omar a-Bashir si è recato a Sochi per dialogare con Vladimir Putin sulle questioni riguardanti i futuri sviluppi delle relazioni del suo Paese con la Russia. Khartoum è entrata nella sfera d’influenza di Mosca e, come riportato da AGV, Putin ha sottolineato come la Russia e il Sudan possano approfondire la cooperazione economica bilaterale: “Abbiamo buone prospettive nel settore economico – ha rilevato – per quanto riguarda il settore energetico, ci sono prospettive per esplorazione, produzione e scambio di risorse. E tutto ciò non solo per quanto riguarda l’industria degli idrocarburi ma anche nei settori dell’elettricità  e dello sviluppo del pacifico uso dell’energia nucleare. Tutto sommato – ha concluso Putin – ci sono molte direzioni di cooperazione”.

Anche il settore agricolo contribuisce all’interscambio tra Russia e Sudan: entro la fine dell’anno, l’export di grano russo in Sudan è destinato a toccare il milione di tonnellate, contribuendo alla leadership globale di Mosca nel settore.





La visita in Russia di al-Bashir, dominus della politica sudanese che prevede di avviare la transizione verso la successione al potere da completarsi entro la scadenza del suo mandato nel 2020, risulta inoltre fondamentale per capire le nuove linee di tendenza verso cui si sta muovendo la strategia geopolitica di un Paese fondamentale per la regione del Mar Rosso come il Sudan e le future mosse che potrebbero portare la Russia a un’ulteriore proiezione di potenza dopo il saldo rilancio degli ultimi anni in campo mediorientale.

Il Sudan punta sulla Russia contro gli Stati Uniti

La storia recente del Sudan è stata contraddistinta da un’aspra contrapposizione con Washington che ha portato al-Bashir ai primi posti nella lista degli avversari degli Stati Uniti, che in ogni caso nelle ultime settimane hanno, su iniziativa del Presidente Trump, ridimensionato le pesanti sanzioni imposte nel 1997, che imponevano a Khartoum un duro embargo commerciale e escludevano il Sudan da buona parte del sistema finanziario internazionale. 

Il governo di al-Bashir, autocrate fortemente sospettoso delle ambivalenze delle mosse statunitensi, ha tuttavia evoluto la sua scelta di campo da diverso tempo: ABC News, infatti, sottolinea come a Sochi al-Bashir abbia chiesto a Putin protezione dalle future mosse americane nello scacchiere del Medio Oriente e del Mar Rosso e consideri ancora Washington come una minaccia alla sicurezza del suo Paese. Nel corso delle discussioni, è stata ventilata anche l’ipotesi della realizzazione di una base militare russa in Sudan che, nel caso venisse completata, proietterebbe Mosca in una regione strategica per il controllo della connettività marittima tra Mediterraneo e Oceano Indiano.

Khartoum tra Cina e Russia

Secondo Middle East Monitorla visita di al-Bashir in Russia ha segnalato un forte messaggio da parte del governo di Khartoum agli USA e ai loro alleati nel Golfo Persico, tradizionalmente influenti nelle questioni sudanesi, mentre al contempo essa risulta coerente con le linee di tendenza delle politiche del Paese, da anni sempre più vicino alla Repubblica Popolare Cinese, a sua volta primo partner della Russia. 

L’asse strategico Cina-Sudan si è formato circa vent’anni fa e sempre più rafforzato negli ultimi tempi, sulla scia della crescita dell’interscambio bilaterale a oltre 10 miliardi di dollari, degli investimenti cinesi nel sistema petrolifero sudanese, controllato al 75% da Pechino, e della rilevante posizione strategica del Paese sulle rive del Mar Rosso, arteria vitale per il ramo marittimo della “Nuova Via della Seta”. 

Ora, alla Cina si aggiunge la Russia: la scelta di campo del Sudan è precisa e definita, e al-Bashir ha dimostrato di puntare sul sistema multipolare per incastonare il suo Paese in un contesto che, nei prossimi anni, potrebbe coinvolgere sempre più altri Stati africani come Tanzania, Gibuti e Kenya che vedono in Mosca e Pechino dei punti di riferimento fondamentali in campo politico-economico.

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