Parlando della rivoluzione comunista, Mao Tse-tung era solito dire che quest’ultima non fosse “un pranzo di gala”. Il concetto era chiaro: la rivoluzione era un’insurrezione e, come tale, un atto di violenza. Parafrasando Mao, verrebbe da dire che anche la secessione può non essere “un pranzo di gala”. E questa convinzione, probabilmente, era quella che animava Puigdemont e i leader del governo catalano già da molto tempo. Come rivela il quotidiano spagnolo Abc, la Generalitat di Cataluña, nel 2016, aveva cercato di acquistare armi da guerra – come fucili d’assalto e di precisione – per rifornire i Mossos d’Esquadra. L’acquisto fu bloccato immediatamente dal ministero della Difesa, che vide in quella domanda una richiesta eccessiva di armi e soprattutto completamente fuori dalla logica degli acquisti degli anni precedenti. Il dipartimento dell’Interno del governo di Carles Puigdemont inviò il 31 ottobre del 2016 una richiesta al ministero dell’Interno centrale per acquisire espressamente nove tipologie di armi, di cui cinque, in particolare, avevano destato molte perplessità negli uffici della Difesa di Madrid.
Secondo quanto rivelato dalle fonti del quotidiano, la Dirección General de Armamento y Material (Dgam), la direzione della Difesa preposta a questo tipo di richieste, avrebbe dovuto infatti dare l’approvazione a Barcellona per l’acquisizione di: 300 fucili calibro 9×19 mm, 400 fucili 5,56×45 mm (HK G36, come quelli in dotazione all’esercito), 50 fucili da cecchino MAG .338 Lapua, 50 fucili di precisione Whisper, e di altri 50 fucili 7.62x51mm. Oltre a queste armi, il governo catalano aveva inoltre richiesto una quantità molto alta di munizioni per questa stessa tipologia di fucili. Il numero di munizioni, spropositato rispetto all’utilizzo che avrebbero dovuto farne gli agenti della polizia catalana, era stato immediatamente visto come un ulteriore segnale che qualcosa stesse cambiando nei piani politici di Puigdemont.
Il ministero dell’Interno, allertato dai sospetti lanciato dalla direzione della Difesa sulle armi, aveva formulato un’esplicita richiesta al governo della Catalogna per comprendere quali fossero le motivazioni dietro questa domanda. Il governo Puigdemont non ha mai risposto a Madrid. Una mancata risposta che molti a Madrid considerarono già un’implicita affermazione dell’esattezza dei loro sospetti. Il governo catalano stava evidentemente preparando qualcosa per il 2017: prova ne è che nel 2015 non ci fu alcuna richiesta di armi e munizioni di questo genere e che nel 2014 si richiesero soltanto 200 mitragliatori. Puigdemont non ha mai fatto mistero in questi mesi che la Catalogna avrebbe dovuto dotarsi il prima possibile di un esercito in caso di indipendenza. Come ogni Stato, quello nato dalla secessione dalla Spagna avrebbe avuto necessità di armi e, fino a che stava dentro al Regno, poteva ottenerle già solo attraverso le richieste a Madrid. Tuttavia, sono in molti a sospettare qualcosa di molto più importante e grave, e cioè che i leader catalani stessero progettando di armare i Mossos d’Esquadra, o almeno una parte di essi, in modo da poter creare un primordiale corpo d’armata in grado di frenare l’eventuale discesa in campo dell’esercito spagnolo a difesa dell’unità di Spagna. Nella “ley de ruptura” con cui il parlamento catalano aveva approvato l’eventuale secessione da Madrid se avesse vinto il “sì” al referendum, e che ora potrebbe essere utilizzata da Puigdemont, non si faceva riferimento esplicito a un esercito catalano però si affermava la necessità di espellere l’esercito spagnolo in caso di vittoria. È del tutto evidente che, in tal caso, l’esercito spagnolo non se ne andrebbe dalla Catalogna con facilità e con una pacca sulla spalla, come pensavano ingenuamente molti separatisti. Puigdemont non era così ingenuo, e questa richiesta di armi, probabilmente, era prodromica alla secessione.