Il 2017 non è stato un anno di grandi novità per quanto riguarda il rapporto tra il governo di Ankara e le milizie curde delPkk, soprattutto se si considerano i dati dell’International Crisis Group che parlano di oltre 3mila morti in entrambe gli schieramenti da quando nel 2015 sono riesplose le tensioni all’interno dei confini turchi. Il 2018 però potrebbe portare novità importanti: nel marzo 2019 in Turchia si terranno le elezioni locali mentre a settembre ci saranno le presidenziali. Il presidente Recep Tayyp Erdogan nel nuovo anno sarà impegnato a consolidare l’autorità guadagnata in ambito internazionale, pensando sia alla Siria post Stato Islamico che a mettersi finalmente a capo del mondo islamico (su Gli Occhi della Guerra avevamo già parlato dell’importanza dell’incontro dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica tenuto a Istanbul e non alla Mecca  ).

Le schermaglie tra l’esercito turco e i combattenti del Pkk costano caro alla leadership turca, compromettendo la stabilità del paese con attentati e scontri a fuoco che in vista delle elezioni, se dovessero continuare, potrebbero minare l’immagine di un Erdogan guardiano della sicurezza. Il presidente turco ha provato di tutto per tentare di schiacciare la minoranza curda presente in Turchia, ma con scarsi risultati anche e forse soprattutto per la tenacia che contraddistingue la minoranza curda. Nonostante le differenze che intercorrono tra curdi turchi, siriani e iracheni, i recenti sviluppi nel Rojava siriano e nella Regione autonoma curda stanno portando Erdogan a riflettere se non sia meglio cambiare strategia con i curdi di casa propria. Anche perché, nonostante in Turchia si faccia di tutto per evitare di riconoscerlo, i curdi sono tra i 12 e i 15 milioni, ovvero quasi un quarto dell’intera popolazione turca. Una minoranza che non sembra tanto minoranza e che ha tutte le capacità per poter creare scompiglio nel paese di Erdogan.

In questo contesto il ministro degli esteri turco Mevut Cavusoglu ha riferito all’agenzia stampa tedesca DPA che la Turchia è pronta a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative per trovare un accordo con i curdi, a patto però che questi depongano le armi per primi. Il braccio destro di Erdogan si è spinto oltre affermando che “i curdi sono cittadini di prima classe e che i loro diritti devono essere rispettati.” Un cambio di rotta non indifferente considerando l’attitudine dimostrata in passato nei confronti della minoranza curda concentrata nella Turchia meridionale. C’è la possibilità che le parole del ministro degli esteri turco siano un segnale verso i curdi, un’apertura che potrebbe condurre a un accordo tra Ankara e il Pkk, così che Erdogan possa avere la possibilità di concentrarsi sulle prossime elezioni e sul ruolo internazionale che vuole far guadagnare alla sua Turchia.

Nel 2018 il Pkk festeggerà il suo quarantesimo anno di attività dalla sua fondazione e la ricorrenza potrebbe galvanizzare i curdi e scatenare una nuova ondata di violenza. La leadership turca vuole evitare proprio questo e sta ponendo le prime basi per evitare che il 2018 si riveli come un altro anno di duri scontri tra esercito turco e milizie del Pkk. Erdogan è consapevole che se non si può sconfiggere un nemico ciò che conviene è trovare un modo per farne un alleato; e le dichiarazioni del ministro degli esteri Cavusoglu sembrano rientrare nel piano di ‘normalizzazione’ dei rapporti tra Turchia e Pkk.

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