Sono almeno 31 le vittime per gli scontri accaduti in Iran negli ultimi giorni. Un bilancio reso noto da alcune Ong e di poco superiore a quello fornito dalla tv di Stato iraniana, secondo cui le vittime sono 17. Al di là delle fredde cifre, ciò che appare importante sottolineare è che anche le autorità e i media ufficiali hanno ammesso l’esistenza di manifestazioni di piazza in grado di paralizzare diverse città. Stando ai racconti emersi sui social, si tratterebbe di una delle più violente proteste degli ultimi anni.

Perché stanno protestando in Iran

Tutto è partito dalla morte di una giovane iraniana. Si chiamava Mahsa Amini, aveva 22 anni ed era di origine curda. Alcuni giorni fa, la ragazza è stata arrestata dalla polizia a Teheran in quanto rea di non indossare il velo in testa, obbligatorio in Iran per tutte le donne. Dopo essere stata portata dagli agenti in una delle centrali di polizia della capitale, Mahsa è morta in circostanze ancora adesso misteriose.

Non è dato sapere al momento cosa realmente sia accaduto all’interno dell’edificio dove la giovane era trattenuta in custodia. Si sa per certo soltanto che la sua morte ha acceso una miccia che in Iran era pronta a esplodere da tempo. Dopo la diffusione della notizia del decesso, a Teheran diversi cittadini sono scesi in piazza per protestare. In alcuni casi le donne per strada hanno tolto il velo tradizionale, sfidando i divieti.

In molti, tra chi ha organizzato le prime manifestazioni, è diffusa l’idea che Mahsa sia deceduta a causa di percosse subite nella centrale di polizia. Ad alimentare i sospetti il fatto che il corpo della ragazza non è stato mostrato al padre, nemmeno nel giorno dei funerali: “Non gli importa quanto abbia implorato, non mi hanno permesso di vedere mia figlia”, ha dichiarato il genitore a Bbc Persia, lì dove durante l’intervista ha anche riferito, tra le altre cose, di aver notato lividi nell’unica parte scoperta del corpo della figlia, ossia i piedi.

La autorità dal canto loro si sono difese smentendo ogni possibilità di aggressione fisica contro la giovane. Nelle ultime ore la polizia ha mostrato delle immagini di videosorveglianza della centrale dove Mahsa è stata detenuta, in cui si nota la ragazza svenire improvvisamente forse in preda a un collasso. Un modo per ribadire come la morte sia sopraggiunta per cause naturali. Sulla tv di Stato Irib2, il neurochirurgo Masoud Shirvani ha reso noto che la ragazza a otto anni ha subito un intervento per un tumore al cervello. Una circostanza che, di per sé, secondo il medico non avrebbe potuto provocare alcun collasso ma le cui cure collaterali, in caso di forte stress, sarebbero comunque in grado di causare gravi conseguenze nella salute della giovane.

Dove stanno avvenendo le proteste in Iran

L’impressione è però che le proteste non riguardino soltanto la morte di Mahsa. Le piazze cioè non si sono riempite soltanto per chiedere giustizia per la ragazza deceduta, ma anche per denunciare i motivi per cui la giovane è stata arrestata. In poche parole Mahsa, a prescindere dalle vere cause della sua morte, per i manifestanti in quella centrale di polizia non sarebbe nemmeno dovuta entrare. Questo spiega perché molte donne hanno pubblicamente bruciato il velo e perché la protesta si è diffusa a macchia d’olio in buona parte del Paese.

A Teheran, così come a Mashad, Kish e a Tabriz, sono state diverse nelle ultime ore le manifestazioni segnalate. In piazza non sono scese soltanto donne. La morte della giovane ha innescato un effetto domino, soffiando sull’insofferenza latente in seno a molti strati della società iraniana. Negli ultimi anni l’effetto combinato delle sanzioni e della crisi internazionale hanno contribuito a piegare ulteriormente l’economia del Paese. Il ceto medio ne sta pagando gravemente le conseguenze, dovendo subire il rincaro dei generi di prima necessità e un peggioramento delle condizioni di vita. In molti casi ai giovani iraniani manca anche una certa prospettiva futura.

In un contesto del genere, basta una miccia per far deflagrare la situazione. E così è stato. Nelle città si protesta e si muore, sia da un lato che dall’altro della barricata: tra le vittime infatti non ci sono soltanto manifestanti ma anche poliziotti. Segno di una violenza che ora a Teheran si rischia di far fatica a controllare.