Martin Schulz sembra essere destinato alla sconfitta. Il sogno dell’arcinemico di Berlusconi di diventare cancelliere tedesco, infatti, sta lentamente tramontando. Dopo che i sondaggi preelettorali avevano alimentato le speranze dei socialdemocratici, le ultime rilevazioni danno l’ex presidente del parlamento europeo al 25% dei consensi. Poco, troppo poco, per raggiungere la forbice tra il 38% e il 40% che gli analisti politici, invece, assegnano adesso ad Angela Merkel. Il leader dell’Spd, allora, è corso ai ripari operando una profonda sterzata alle sue linee programmatiche, specie riguardo le politiche sull’immigrazione. Schulz, è risaputo, sta provando risalire la china presentando un programma in grado di operare un choc nella continuità che, per inverso, rappresenterebbe il quarto mandato consecutivo di Frau Merkel. Strategia che all’inizio di questa campagna elettorale sembrava funzionare.
Ripensare il lavoro
Nonostante i dati occupazionali sulla Germania stiano fotografando un unicum nel panorama continentale per positività statistiche, obiettivo del presidente dell’Spd è “smontare l’Agenda del 2010“, quella contenente le riforme del lavoro volute dall’allora Cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder. Un piano programmatico che costò parecchi voti alla sinistra tedesca, fece esplodere Die Linke e contribuì alla nascita dell’AFD, il movimento populista attualmente in crisi. Schulz, dal canto suo, propone maggiori tutele per i disoccupati, in modo da far sì che non rientrino, dopo 12 mesi, tra i destinatari degli assegni sociali. Ed una delle novità principali del programma dell’ex presidente del parlamento Ue, è proprio quella di estendere questo assegno anche a coloro che non hanno 50 anni. Operazione dal costo difficilmente stimabile, considerando che, come spiegato qui, “i dati più recenti disponibili indicano per l’anno 2014, un costo della disoccupazione pari a 56,7 miliardi di euro“. Un bell’investimento, in ogni caso. Un altro intervento sarebbe destinato alla riforma dei contratti di lavoro per i giovani. Il 40% delle occupazioni svolte dai 25-35enni, infatti, sono a tempo. Rivisitare da capo i canovacci della visione tedesca del lavoro, cercando di attrarre i voti dei giovani. Schulz, insomma, è tra quanti sostengono che in Germania, nonostante le statistiche, l’occupazione sia un problema.
I costi del programma di Schulz
Ma la rivoluzione annunciata dall’aspirante cancelliere quanto verrebbe a costare ai bilanci tedeschi? Un tentativo di trasformare il programma di Schulz in spese fattive lo ha fatto il settimanale Focus. Ne è venuto fuori un quadro di difficile riscontro pratico. Solo la riforma delle pensioni, ad esempio, costerebbe allo stato 27,8 miliardi di euro l’anno. “Fino al 2029 vorrebbe dire un costo aggiuntivo complessivo di 333,6 miliardi di euro. Secondo l’Istituto dell’economia tedesca di Colonia (IW) sarebbe ancora più alto, arrivando a 477 miliardi di euro. Per il datore di lavoro i contributi salirebbero fino al 22 per cento (che peraltro è il limite massimo ammesso”, questo solo per il congelamento del coefficiente per le pensioni. L’aumento delle pensioni minime, poi, necessiterebbe, secondo le previsioni, di programmare sul bilancio del 2030altri 3 miliardi di euro di spesa. Un ulteriore punto centrale del programma elettorale è l’istruzione gratuita per tutti. Battaglia campale dei socialdemocratici in Germania, il costo stimato per la medesima proposta nel 2013 era di 20 miliardi d’euro. Solo queste poche delineazioni in definitiva, rendono l’idea di quanto si dovrebbe spendere concretamente per l’attuazione del programma dell’Spd.
Il socialismo di ritorno
Il candidato cancelliere cerca di allargare il più possibile il suo bacino elettorale. E se per tentare la rimonta sta utilizzando la “carta migranti“, sostenendo essenzialmente che serve un diverso processo di gestione del fenomeno dell’immigrazione, sul campo bioetico è rimasto ancorato alle posizioni tipiche del socialismo tradizionale. Tanto da avvisare gli alleati sulle conseguenze politiche, in caso di mancata approvazione del progetto di legge sul matrimonio tra omosessuali. Niente coalizione, insomma, in caso di contrarietà alla proposta. La riproposizione di un socialismo di ritorno, però, è proprio quella evidenziata dalla volontà di rivedere l’Agenda del 2010, contando su un ingente aumento della spesa pubblica. Dimenticandosi, forse, che nel direttivo socialista che approvò quella piattaforma sedeva anche lui.