Mentre i media si concentravano sull’inchiesta del New York Times incentrata sui redditi di Donald Trump, il rivale democratico nella corsa alle presidenziali del 3 novembre, Joe Biden, ha rilasciato la propria dichiarazione dei redditi.

Leggendola attentamente ci sono una serie di indicazioni interessanti non solo su come funziona il sistema fiscale americano, ma anche su come si possano usare forme societarie, e meccanismi vari, per ridurre il carico fiscale colpendo indirettamente anche l’Obamacare. Ben inteso, non si sta parlando di evasioni, illeciti o operazioni fraudolente, ma di un recinto molto elastico, usato da milioni di americani, deputati e senatori compresi.

Cosa c’è nella dichiarazione

Prima una premessa. La dichiarazione dei redditi è congiunta e contiene non solo le attività di Biden, ma anche quelle della moglie Jill. Partiamo ora dai numeri. Nel 2019 l’ex vice di Barack Obama ha pagato 299.346 dollari di tasse sul reddito, il 31,7% rispetto al reddito imponibile di 944 mila dollari. Scendendo più nel dettaglio si scopre che lo scorso anno la coppia ha incassato stipendi pari a 517 mila dollari. Di questi 135 mila sono arrivati dall’impiego di Biden come professore all’Università della Pennsylvania, 73 mila dal lavoro della moglie come docente del Northern Virginia Community College.

A questi si aggiungono anche altri introiti. Circa 33 mila dollari di pensione dallo Stato del Delaware più altri 160 mila dollari dal governo federale per il lavoro che Biden ha fatto negli anni come senatore. Joe e Jill hanno però incassato altri due stipendi, due voci da 112 mila e 196 mila dollari arrivati altrettante società: la CelticCapri Corp. e la Giacoppa Corp, entrambe nelle mani dei Biden.

L’azionariato gestito dai coniugi Biden

Secondo i dati della camera di commercio del Delaware le due corporation sono state registrate entrambe nel 2017, una il 30 gennaio e una il 15 marzo. L’agente che si è occupato della registrazione è lo studio legale Monzack Mersky McLaughlin and Browder, PA. Una realtà legale di Wilmington che tra i fondatori ha Melvyn Monzack in passato tesoriere sia della campagna per la rielezione al Senato di Biden nel 2002, che della campagna elettorale del 2008.

I dati delle due S-Corp. dei Biden disponibili sul sito della camera di commercio del Delaware

Ufficialmente queste due aziende si occupano di amministrare tutte le attività dei Biden al di là dell’attività politica e accademica. Stiamo quindi parlando delle royalties derivate dalla vendita di libri e dai compensi incassati per prendere parte ad eventi come speaker. Per avere un’idea a gennaio 2019 l’ex senatore del Delaware ha incassato 134 mila dollari dalla Performing Arts Center Authority per un discorso tenuto a Fort Lauderdale, in Florida.

Queste due società sono registrate come S-Corporation. Semplificando molto si tratta di società per azioni di piccole dimensioni che per legge non possono avere più di 100 azionisti ma che soprattutto non pagano imposte sul reddito. Secondo le norme infatti redditi e perdite vanno distribuiti agli azionisti in proporzione alla loro quota. Qui ora c’è il primo passaggio da tenere bene a mente per capire i flussi di denaro dei Biden. I singoli azionisti di una S-corp pagano le tasse sulla quota di profitti che gli spetta in base alle quote, e lo fanno indipendentemente dal fatto che ritirino o meno queste queste di profitti della società. Ogni anno la S-corp fornisce un rapporto, denominato K-1, a ciascun azionista in cui si evidenziano introiti e perdite. L’azionista poi paga le tasse sulla sua quota direttamente dalla sua dichiarazione dei redditi personale.

Quanto fruttano le corporation

Secondo la stampa americana i Biden sono azionisti di maggioranza di entrambe le corporation. Quindi giocoforza sono i destinatari di gran parte dei dividendi. Nella dichiarazione di Biden del 2019 si legge che le due società gli hanno corrisposto profitti per 228 dollari, 53 mila la CelticCapri e 175 mila la Giacoppa. Le cifre salgono di molto se si considerano i primi due anni di attività delle corporation. Nel 2018 l’importo complessivo delle due ammontava a 3,2 milioni di dollari, mentre nel 2017 la CelticCapri segnava nel modulo K-1 9,4 milioni e la Giacoppa 557 mila dollari. In quelli stessi anni le aziende corrispondevano ai Biden degli stipendi, 245 mila nel 2017 e 500 mila nel 2018.

Quello che non sappiamo è se i Biden hanno incassato i fondi o li hanno lasciati nelle aziende. L’unico elemento che abbiamo è un passaggio su un articolo di Bloomberg che riporta come nel 2019 Biden abbia preso da CelticCapri una quota netta di 50 mila dollari.

La dichiarazione dei redditi di Biden del 2017, primo anno di attività delle due corporation.

Come abbiamo detto all’inizio, tutte queste pratiche non sono illegali. Diversi membri del congresso hanno partecipazioni in corporation e usano le forme societarie per ridurre al minimo l’impatto delle tasse. Lo stesso Biden poteva dirottare parte dei fonti nei cosiddetti donor-advised fund (daf), uno strumento finanziario amatissimo da molti big della Silicon Valley che li utilizzano come strumento la beneficenza, almeno appartenente. I daf permettono infatti di stanziare cifre enormi sui quali automaticamente viene eliminata ogni tassa, ma senza che queste cifre siano poi effettivamente versate a progetti o istituzioni caritatevoli. Ecco Biden non ha assolutamente optato per una soluzione così radicale, ma i flussi di denaro dalle sue controllate gli hanno permesso di limitare alcuni tipi di tasse, come ad esempio quelle sulla previdenza sociale e quelle previste sulla sanità come il programma Medicare e l’Affordable Care Act, meglio nota come Obamacare.

Il consulente finanziario Christopher Jacobs, in un editoriale sul Wall Street Journal, ha provato a fare alcuni conteggi sui flussi di denaro raccolti nelle dichiarazioni dei redditi dei coniugi Biden negli ultimi tre anni. Secondo Jacobs il fatto di aver incassato 13,5 milioni di dollari di proventi attraverso le società ha permesso all’ex coppia vicepresidenziale di risparmiare 513 mila dollari di tasse sui salari.

Le due tasse che regolano i programmi sanitari sono così composte. L’imposta Medicare del 2,9% si applica a tutti i redditi, mentre l’imposta sugli “alti redditi” dello 0,9% creata dall’Obamacare si applica a tutti i redditi da salario superiori a $ 200.000 per un individuo o $ 250.000 per una famiglia. Trasformando quindi una grossa fetta degli incassi delle attività in profitti di una S-corp, l’intera tassazione risulta ridimensionata.

Obama voleva limitare le S-Corp

Il meccanismo negli anni è stato ribattezzato “scappatoia Gingrich-Edwards”, dal nome di due politici, il primo repubblicano e il secondo democratico, che usavano una tecnica simile. Negli ultimi anni il mondo fiscale americano ha discusso molto sulle S-Corp. Molti fiscalisti sostegno che soprattutto in quelle realtà con pochi soci servirebbe un certo equilibrio tra il salario e i dividendi dei profitti.

Secondo l’Irs (Internal Revenue Service), l’agenzia federale Usa che si occupa della riscossione dei tributi, la scappatoia Gingrich-Edwards deve essere controbilanciata dalla cosiddetta “reasonable compensation”, compensazione ragionevole, cioè un’equa distribuzione tra dividendi, spari ed eventuali spese, dividendo idealmente in profitti in tre parti. Come a dire che ai 13,5 milioni di profitti delle due aziende dei Biden dovevano corrispondere a salari molto più alti e quindi tasse più alte.

Al momento il punto più che fiscale è politico dato che negli anni Biden si è sempre schierato contro i vasti privilegi del famoso 1% ricco d’America. E in caso di elezione promette anche un allargamento dell’Obamacare.

Altro aspetto fondamentale è che nell’ultimo anno di presidenza Barack Obama aveva provato a frenare questi meccanismi fiscali, introducendo un prelievo fiscale del 3,8% col quale finanziare il Medicare Hospital Insurance Trust Fund, il fondo che gestisce il programma Medicare. Il pacchetto che conteneva la norma non passò mai al Congresso è rimase lettera morta.

Nei giorni di indignazione per i leaks del Times la posizione di Biden rimane sullo sfondo. Eppure gran parte dei politici più in vista del partito dell’asinello non hanno mai approfittato delle S-Corp. Lo stesso Obama, l’ex segretaria di Stato Hillary Clinton, ma anche gli sfidanti alle primarie Elizabeth Warren e Bernie Sanders hanno sempre dichiarato i loro redditi da libri e discorsi attraverso i moduli per il lavoro autonomo. Ci si aspetterebbe qualche voce contro soprattutto dell’area più liberal dello schieramento dem, ma per il momento i mugugni non vengono espressi pubblicamente.