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Il 2 dicembre verrà inaugurato ufficialmente l’ultimo maxi-progetto energetico frutto del partenariato russo-cinese: “Potere della Siberia“. Si tratta di un gasdotto lungo 4mila chilometri con una capacità di trasporto di 61 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, dei quali oltre la metà – 38 miliardi – saranno destinati al mercato cinese.

Il gasdotto segna l’entrata dell’asse russo-cinese in una nuova fase di profonda collaborazione e crea le premesse ideali per il riequilibramento dei rapporti fra le due potenze, fino ad oggi sbilanciati in favore di Pechino. La Russia, infatti, si appresta ad essere molto di più di un partner strategico, perché sta diventando rapidamente un granaio insostituibile dal quale dipenderà la crescita cinese nei prossimi decenni.

Il gasdotto

Il gasdotto è la principale manifestazione concreta dello storico accordo siglato nel maggio 2014 fra Gazprom e China National Petroleum Corporation (Cnpc) per il rifornimento del mercato cinese con gas russo lungo un arco di 30 anni. Il gasdotto ha superato le prove di collaudo svoltesi a fine ottobre ed il 1 dicembre, il giorno prima dell’inaugurazione ufficiale, dovrebbe entrare in funzionamento.

L’intero progetto è costato quasi 19 miliardi di dollari, 12 spesi per la costruzione e 6,7 investiti nei giacimenti di gas, ma è previsto che produca un ritorno economico senza precedenti nel mercato energetico che, se propriamente sfruttato, potrebbe cambiare profondamente la Russia. Pechino, infatti, acquisterà 400 miliardi di dollari di gas per 30 anni, ma la tratta orientale di Potere della Siberia, la Sakhalin-Khabarovsk-Vladivostok, potrebbe rivelarsi utile per i trasferimenti di gas naturale liquefatto a Tokyo, un altro mercato sul quale Mosca vorrebbe aumentare significativamente la propria presenza approfittando della prossimità geografica.

I pro e i contro

L’entrata in funzione del gasdotto renderà le esportazioni di gas russo dipendenti dalla domanda cinese come mai nella storia, ma è vero anche il contrario: la Cina diventerà ostaggio del Potere della Siberia. L’interdipendenza crescente fra i due sistemi nazionali renderà ogni scontro egemonico antieconomico, parafrasando Norman Angell, alimentando un circolo virtuoso capace di generare un gigantesco spazio di coesistenza e co-prosperità per entrambi i paesi, i cui effetti potrebbero propagarsi nelle aree geopolitiche più esposte alla loro influenza: Asia centrale, Estremo oriente, subcontinente indiano.

Il piano di Mosca è chiaro e definito: diventare il principale rifornitore di gas di Pechino, che è il primo consumatore al mondo di tale risorsa,  soddisfando oltre il 25% del suo fabbisogno annuale entro il 2035, e la costruzione di Potere della Siberia si inquadra nel contesto di questo disegno strategico.

Se i rapporti con Pechino dovessero deteriorarsi, però, l’impatto negativo sarebbe immediato e traumatico, anche alla luce della simultanea riduzione delle esportazioni di gas in Occidente, causata sia dall’agenda per la sicurezza energetica dell’Unione Europea che dall’inondamento del mercato comunitario di gas naturale liquefatto statunitense. La Russia sembra consapevole di questo scenario, perciò sta già vagliando la possibilità di estendere “Potere della Siberia” dotandolo di altre due direttrici: Asia centrale e Giappone.

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