Il blocco di Kaliningrad continua a essere un tema nevralgico del già compromesso rapporto tra Russia e Occidente. L’exclave russa tra Polonia e Lituania, avamposto di Mosca sul Baltico, è sottoposta dal 18 giugno a un blocco di circa metà delle merci attraverso la Lituania che ha provocato l’ira del Cremlino. Il governo lituano ha spiegato che si tratta dell’applicazione della normativa europea sulle sanzioni imposte alla Federazione Russa per l’attacco all’Ucraina. Ma il rischio di un’escalation militare, con un piano russo per evitare di lasciare la regione in balia dell’embargo, non è uno scenario da ritenere del tutto irrealizzabile. Ed è per questo che nei giorni scorsi, come ha spiegato Reuters, da Bruxelles sono arrivati segnali di una trattativa con la Lituania (e con l’aiuto della Germania) per evitare che il blocco diventi insostenibile, risucchiando la regione in un nuovo conflitto.

Da Kaliningrad e Mosca sono arrivati in queste ore segnali molto chiari. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, durante la sua ultima conferenza stampa ha spiegato che il governo russo confida “nel buon senso” pur preparandosi anche “allo scenario peggiore”. La porta del dialogo è aperta, dicono, ma, come ha riferito il governatore dell’oblast, Anton Alikhanov, c’è la possibilità di una “risposta estrema” economica. “Vediamo chi è più forte. Qualcosa mi dice che saremo più forti noi. Ma non vorrei proprio partecipare a questa competizione” ha continuato Alikhanov. L’intenzione dunque è quello di arrivare a un compromesso in queste ore per scongiurare scelte drastiche.

Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che si è pronunciato la scorsa settimana sul blocco di Kaliningrad parlando di “una crisi a tutti gli effetti” e di una “minaccia per il nostro Paese” per cui potrebbe arrivare una “risposta principalmente nell’area economica”. L’ex presidente aveva anche minacciato la Lituania di “staccare l’ossigeno” come ritorsione per quanto accade sull’embargo parziale delle merci alla regione sul Baltico. Il presidente della commissione Affari internazionali della Duma, Leonid Slutsky, aveva parlato di possibile distacco della fornitura elettrica. Nelle ore successive all’annuncio del blocco parziale del traffico mercantile, si era parlato di un sganciamento della Russia dal sistema Brell, quello che lega Mosca alle reti elettriche degli Stati baltici. E importanti erano apparse anche le parole di Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza e uno dei “falchi” più potenti della cerchia del potere russo, che aveva promesso subito dopo il blocco delle risposte con “un pesante impatto negativo sulla popolazione lituana”.

I contatti tra le parti proseguono, ma Mosca sembra intenzionata ad alzare il tiro per raggiungere il prima possibile un compromesso sullo sblocco del traffico mercantile. Un indizio è giunto in queste ore anche dallo stesso governatore Alikhanov, che ha dichiarato al quotidiano russo Vedomosti di avere presentato al governo e al Cremlino una bozza di proposte per rispondere a questo blocco con “provvedimenti di vario carattere”. Nessuna indicazione specifica sul contenuto del documento, ma Alikhanov ha parlato di sviluppi “molto critici per la Lituania”. L’ipotesi più probabile è dunque che Mosca voglia concentrarsi intanto su Vilnius, ritenuta come il vero governo ostile, restringendo non solo il campo della ritorsione, ma anche di eventuali contromisure europee.

Tuttavia, è impossibile per il momento assicurare che eventuali decisioni prese al Cremlino non abbiano ripercussioni sul resto del Vecchio Continente e in particolare sull’Unione europea. E non è detto che in caso di mantenimento del blocco la Russia non estenda le misure anche su altri fronti. Tutto dipenderà di negoziati di queste ore tra Mosca, Bruxelles, Vilnius e Berlino. I Paesi baltici, quindi non solo Lituania, ma anche Estonia e Lettonia, potrebbero essere le prime vittime di una misura più ampia, come appunto confermato dalla minaccia di Medvedev. Ma a molti osservatori e strateghi preoccupa anche la concomitanza di questa crisi di Kaliningrad con il blocco per manutenzione del gasdotto Nord Stream, quello che lega i giacimenti russi alla Germania. Dall’11 al 21 luglio entrambe le linee del gasdotto saranno chiuse per lavori già programmati. In tanti credono però che Putin possa optare per un blocco più lungo al solo scopo di costringere Berlino, e quindi l’Europa, a trattare con Mosca. Anche per evitare che su Kaliningrad si possa arrivare al punto di non ritorno.

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