Sono le responsabili dell’espandersi del cosiddetto “populismo”, della caduta della Clinton negli Stati Uniti, della Brexit e della paura degli europeisti convinti per la vittorie di Hofer, Wilders e Le Pen, le periferie, oggi, sono il bacino naturale del consenso populista, ma perché? Perché sembra si sia tornati alla dialettica urbanesimo/anti-urbanesimo? Il Rust Belt che cambia colore e da blue democratico convinto diviene rosso repubblicano in favore di Trump è il simbolo più evidente di questo fenomeno, l’esagono rosso francese, l’estrema periferia di confine che nei sondaggi appare convintamente appannaggio della Le Pen, luogo tradizionalmente composto da operai, sarà la questione di cui, forse, cominceremo a parlare tra qualche settimana.Quando si parla di populismo, spesso a vanvera, si tiene relativamente conto dell’unico fattore che si presenta con cadenza regolare in tutti gli appuntamenti elettorali: la linea di demarcazione netta tra le scelte operate dalle grandi città globalizzate ed inserite all’interno dei processi dell’economia finanziaria e tutte le realtà tenute fuori e non per forza geograficamente isolate, semplicemente escluse dal villaggio globale delle metropoli contemporanee.Tutti i populismi, del resto, dall’espressione dell’alt-right statunitense a Podemos in Spagna, dal Front National al qualunquismo grillino, dall’Ukip di Farage al Left-wing populism in salsa sudamericana, contestano lo status quo, dando seguito a quella teorizzazione sulle fratture sociali di Stein Rokkan e Seymour Lipset tornata evidentemente d’attualità.Il comportamento politico contemporaneo, insomma, non può essere spiegato, così come diviene inspiegabile il populismo, se non si analizzano in modalità certosina tutte le recenti turnale elettorali.In Gran Bretagna, ad esempio, dove le periferie di Londra, storicamente bacino labourista, votano per la Brexit e per Farage, dove i settori sociali industriali ed extraurbani pagano lo scotto della crisi e scelgono di uscire dall’Ue e di votare populista. “Che imputano all’Europa – ‘centrata’ sulla Germania – la propria crescente perifericità. E vorrebbero isolarsi di più. Se non possono più essere centro, meglio non diventare periferia. Europea. Scozia e Irlanda del Nord, invece, hanno votato no alla Brexit. Perché si sentono periferia di Londra “, scrive Ilvo Diamanti magistralmente in questo articolo.Come il Michigan, il Wisconsin, l’Ohio e la Pennsylvania, periferie del sogno americano, luoghi dove la globalizzazione ha cambiato la grammatica del mercato del lavoro e la scuola dell’obbligo per un contratto che non sia a termine non basta più.La globalizzazione, già. Non si capiscono le fratture sociali ed il successo del populismo se non si legge tra le righe della rivoluzione economica ed esistenziale più dirompente che l’umanità abbia mai dovuto affrontare. In Francia, poi, dove il trend dell’operaizzazione del voto lepenista verrà con ogni probabilità confermato nell’imminente confronto presidenziale, dimostrando ancora una volta come la classe media abbia abbandonato del tutto il riferimento socialdemocratico nelle sue preferenze elettorali.Come nel caso olandese, dove Wilders non ha sfondato nonostante il sostegno delle periferie, ma il partito di riferimento dei progressisti è sceso da percentuali che superavano il 30% ad un magrissimo 4%. Le periferie, i luoghi di conflitto economico-sociale, dove la globalizzazione non arriva, dove l’esigenza di comunicare in più lingue seguendo il vangelo del multitasking non c’è, dove i processi di liberalizzazione economica pesano di più e dove il problema dell’immigrazione c’è nella misura in cui alcune condizioni lavorative vengono accettate in modo più morbido da chi arriva piuttosto che da chi c’è già.Le banlieue francesi, poi, quelle che secondo Sebastiano Caputo servirono al gauchismo per allargare il consenso, ma che poi si sono tramutate in una sorta di incubazione delle tensioni sociali, oggi del tutto debordate ed emerse dal vaso dell’apparenza: “Sul piano elettorale il partito socialista ebbe il suo nuovo elettorato, gli stranieri naturalizzati, tuttavia su quello sociale, queste organizzazioni non hanno fatto altro che mettere gli immigrati di seconda generazione contro i locali, alimentando il razzismo anti-francese ed il razzismo tout court, e facendo fallire il modello d’integrazione assimilativo. Accanto alle strumentalizzazioni politiche, le banlieue sono diventate negli anni successivi dei non-luoghi insicuri, sovraffollati, degradanti, impoveriti. Dei veri e propri ghetti, dove persino le forze dell’ordine non possono avere accesso.”Le banlieue non votano più Partito socialista, anzi, sono protagoniste di un paradosso per cui gli arabi di seconda e terza generazione, francesi a tutti gli effetti e preoccupati per il quantitativo numerico dei nuovi flussi migratori, votano compattamente Front National.L’occidente, del resto, è completamente cambiato da qualche anno a questa parte anche dal punto di vista della stratificazione dei cittadini: dal 2006, per la prima volta nella storia dell’umanità, coloro che abitano in città hanno superato per numero quelli che abitano nelle campagne. La megalopoli è la nuova frontiera dell’urbanizzazione, basti pensare a Città del Messico ed a Shanghai per accorgersi, poi, che il fenomeno non interessa solo il vecchio continente, anzi. I cittadini delle periferie guardano i leader mondiali dalle televisioni senza avere spesso la possibilità concreta di recarsi almeno una volta nella vita nei luoghi dove abitano i potenti del mondo, dove i processi economici globali vengono studiati e gestiti. La perifericità, dunque, non è solo una condizione geografica, ma di possibilità, di accesso alle sfere culturali, sanitarie, politiche e sociali del mondo globale. Dentro questa frattura, passando per le strade sofferenti lasciate dalla grammatica della globalizzazione, si è infilato quello che tanti, spesso genericamente, chiamano “populismo”. Ecco perchè, prescindendo dal singolo episodio elettorale, dare per morto un fenomeno che potrebbe durare almeno tanto quanto il risanamento di queste fratture, è tanto stupido quanto approssimativo. L’Olanda, insomma, non può far tirare un respiro di sollievo proprio a nessuno.





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